L’istruzione riparte. La scuola no
di Emiliana De Santis
«La politica ha fatto tanto male alla scuola negli ultimi trent’anni. Oggi abbiamo una classe dirigente omologata, invecchiata, che ha studiato negli stessi posti, veste uguale, parla solo italiano. Ci sono poche donne, pochissimi stranieri. Con questa classe dirigente non usciremo dalla crisi». È stato l’intervento più applaudito di Cernobbio quello di Maria Chiara Carrozza, ministro dell’Istruzione. Contemporaneamente il Consiglio dei Ministri dava il via libera al decreto “L’Istruzione riparte” pensato come volano per la scuola e l’università del futuro. Eppure, all’inizio dell’anno scolastico, tutto è sembrato uguale e caotico, lontano da quegli standard internazionali cui il ministro stesso si è appellato nei giorni scorsi.
Ogni scuola ha in media 27 computer ma alcuni studenti non ne hanno mai utilizzato uno. A partire dall’Abruzzo, la regione meno hi-tech e fino alla Puglia che invece detiene il primato in attrezzature e connessione, oltre uno 1 studente su 3 dichiara di non aver mai messo piede nell’aula informatica benché la scuola ne fosse dotata. Su tutto il territorio nazionale, meno di una scuola su dieci è coperta dal wireless e ancor meno dalla banda larga, un problema che riguarda non solo la scuola ma tutte le infrastrutture italiane. Se poi internet, gli e-book e le nuove tecnologie da sole bastassero a colmare un gap di istruzione con radici ben più profonde ed estese, il deficit tecnologico sarebbe il male minore.
Non va molto meglio con la dispersione scolastica. È vero che negli ultimi 3 anni il tasso di abbandono scolastico è sceso di 3 punti percentuali dal 21 al 18 ma la diminuzione riguarda solo alcune aree e ben precise Regioni mentre nel Mezzogiorno il fenomeno continua ad essere preoccupante e più grave che nel resto d’Europa. Il decreto licenziato dal Governo prova a porre un freno al fenomeno stanziando 15 milioni di euro, la maggior parte nel 2014 – e quindi in attesa di verifica di copertura del bilancio – per l’apertura pomeridiana delle scuole e il miglioramento qualitativo e quantitativo della didattica integrativa soprattutto nella scuola primaria.
Ritorna in voga il welfare dello studente grazie a misure che contemplano il libero utilizzo dei libri di testo nelle edizioni precedenti, lo stanziamento di 8 milioni di euro per l’acquisto di testi e e-book da fornire agli studenti delle secondarie in comodato d’uso e ben 100 milioni per aumentare il Fondo per le borse di studio degli studenti universitari a partire dal 2014 e per gli anni successivi. Previsti altri 15 milioni da assegnare ai più meritevoli per la copertura delle spese di trasporto e ristorazione. Le Regioni potranno contratte mutui triennali a tassi agevolati con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti bancari al fine di ristrutturare edifici che cadono a pezzi o costruirne di nuovi. Eppure in tanti sono entrati in classe senza avere una classe, in 35 in aule da 20 o facendo lezione in Aula Magna e palestra come accade in molti istituti della Capitale.
Problema annoso è quindi quello del collegamento tra scuola e lavoro. «Non voglio più che gli studenti italiani arrivino a 25 anni senza aver mai lavorato un solo giorno nella loro vita», ha asserito il ministro dell’Istruzione al Forum Ambrosetti. I ragazzi italiani sono gli ultimi in Europa per quanto riguarda i tassi di occupazione durante il periodo della formazione, anche nel caso in cui si stia seguendo un percorso di formazione professionale. Il mix di cultura, pensiero comune e mancanza di adeguate misure nel settore, ritarda in alcuni casi anche di 3 anni l’ingresso dei giovani nel mercato col risultato di una minore esperienza e di un forte disorientamento. Uno dei maggiori problemi delle aziende italiane è infatti quello di non riuscire a trovare personale adatto alla mansione pur avendo queste bisogno di talune specifiche figure. Il mismatching che ne viene fuori è controproducente e blocca l’uscita dalla crisi. I soldi stanziati dal decreto per il potenziamento dei servizi di orientamento e dell’offerta formativa sono ancora poca cosa se non si accompagneranno presto, si auspica in sede di conversione parlamentare, in misure ad hoc volte al rilancio dell’istruzione tecnica, al rafforzamento dei poli professionali e al potenziamento del contratto di apprendistato.
“Imparare è un’esperienza; tutto il resto è solo informazione.” Diceva Einstein.