Pd “cool” e “riformista”, l’idea di Renzi e Veltroni
di Elena Angiargiu
Uniti per un grande partito democratico e riformista. Renzi e Veltroni ritrovano l’intesa dei tempi dell’Ulivo puntando oggi ad un partito “riformista, inclusivo, innovativo”. Cambiamento è la parola d’ordine per il sindaco di Firenze e il primo segretario del Pd, tra i più autorevoli componenti della Direzione Nazionale, insieme al Tempio di Adriano a Roma per la presentazione del libro “L’Italia dei democratici. Cambiare il Pd per cambiare il Paese” di Enrico Morando e Giorgio Tonini, edito da Marsilio. Tra i temi dell’incontro, moderato da Enrico Mentana, le larghe intese, l’identità democratica, passando per il Congresso e le Primarie, fino alla prospettiva futura del partito.
Il Pd dalle correnti all’inclusione – Rievocando la campagna elettorale del 1996, con la condivisione di una comune visione del partito, il discorso al Lingotto, considerato da Renzi “punto di riferimento” insieme al personale ricordo del libro di Veltroni Il sogno spezzato con i discorsi di Bob Kennedy, che ha contribuito ad avvicinarlo alla politica, sembrano lontane le polemiche sulla rottamazione e si compie il passaggio di testimone tra i due, sancito dal sostegno pubblico di Walter Veltroni alla candidatura di Matteo Renzi alla segreteria del partito.
Veltroni ribadisce la necessità di far coincidere candidato premier e segretario, sostenendo che “c’è bisogno di fare del Pd una comunità ambiziosa e inclusiva” e, memore della sua esperienza, suggerisce al collega di mandare messaggi inclusivi senza fare gli stessi errori. Dito puntato contro le correnti, “male profondo” che attraversa il partito che, invece dovrebbe “accogliere energie e culture diverse, l’elettorato esistente e potenziale”, mettendo in campo contenuti e un vero pluralismo.
Poi tocca al sindaco di Firenze fare un mea culpa, riferendosi alle Primarie: “Forse non sono riuscito a spiegare che ciò che serve è cambiare le regole del gioco, non le persone” e coglie l’occasione per esprimere il suo punto di vista sulle correnti, vero punto di debolezza del Pd di Veltroni, sottolineando che “farsi chiamare con il cognome di un altro è una sconfitta per una persona”, convinto che chi vuole fare politica cerca “non correnti, ma tsunami di idee”.
Il Pd e l’idea di cambiamento – Il tema del cambiamento, centrale nell’incontro romano, è anche il fulcro del testo di Morando e Tonini. Come puntualizzano gli autori, per vincere le elezioni serve una proposta credibile che possa conquistare un consenso maggioritario, in accordo con la visione di Veltroni anche sul riformismo “la più difficile delle sfide, non una passeggiata di salute”. Concordi entrambi sulla vocazione maggioritaria e sull’unicità di guida del partito, dai quali deve partire il cambiamento, fin dalla classe dirigente. Proiettato nel futuro è Renzi, che considera il Congresso “l’occasione per portare il cambiamento nel cuore di ciascuno di noi”, riscontrando in esso “l’urgenza più grande che la politica può esprimere oggi”.
Le prospettive del Pd e del centrosinistra – Il futuro del partito parte inevitabilmente da alcune considerazioni sul presente. A partire dalla “collaborazione” tra centrosinistra e centrodestra, per Veltroni dettata dall’emergenza, mentre si deve tornare all’alternanza, intercettando un elettorato più ampio nella consapevolezza che sia tutt’altro che “inamovibile”, come hanno dimostrato le ultime elezioni, perseguendo la vocazione originaria di “riconquistare ad una sinistra europea un elettorato nuovo”.
Nonostante i malumori all’interno del governo Letta, è tempo di pensare al futuro. Ribadita la necessità di una nuova legge elettorale, guardando alle dinamiche interne del partito, dall’Assemblea Nazionale al Congresso, tra polemiche sulla data e scontri sulle regole, resta ricorrente il pensiero del voto. “Se andiamo alle elezioni, vinciamo” – ha ripetuto Renzi incalzato da Mentana sulla sua dichiarazione “asfaltiamo il Pdl”, convinto che Berlusconi preferisca restare al governo “piuttosto che rischiare una crisi al buio”.
Ma a strappare sorrisi e applausi ai presenti è il desiderio di Renzi di un partito “che torni a essere cool”. Nel 2008 votare Pd era appassionante, ha ammesso, a differenza degli ultimi anni, in cui era “da poveretto”. C’è il tempo anche per un’ultima battuta sulle prossime elezioni e il sindaco di Firenze non nasconde, ancora una volta, le proprie aspirazioni: “Bersani diceva ‘non voglio vincere sulle macerie’. Io la prossima volta vorrei vincere, poi le macerie le ricostruiamo e facciamo diventare questo un Paese più serio”.