Provaci ancora, Barack
di Giulio D’Alessandro
“Four more years!”, questo è stato il grido del 50,5% degli americani che ha concesso altri quattro anni di fiducia al presidente Barack Obama. Dopo un’estenuante campagna elettorale che ha visto, tra le altre cose, anche il passaggio del catastrofico uragano Sandy, il partito del Presidente è riuscito a portarsi a casa 332 grandi elettori. Il rivale repubblicano si è dovuto accontentare di soli 206 grandi elettori a fronte del 47,9% dei consensi.
Come previsto è stata fondamentale la conquista degli stati strategici, come l’Ohio e la Florida, una volta dipinti di blu, per Obama la corsa verso la Casa Bianca è stata tutta in discesa. Romney ha accusato bene il colpo e, appena sicuro della sconfitta, dal palco di Boston si è congratulato con lo sfidante e gli ha augurato di “aver successo guidando il paese”. Dal canto suo, il democratico ha subito teso una mano verso lo sconfitto dichiarando di voler incontrarlo al più presto per improntare un programma di governo condiviso.
Durante il discorso della vittoria, Obama ha più volte ribadito il suo voler essere presidente di un’America, vista come una grande famiglia, senza distinzione tra stati rossi e stati blu, che se cade ci si deve rialzare insieme. Quest’apertura ai repubblicani è dovuta anche alla loro maggioranza nella Camera dei Rappresentanti, tappa obbligata per le iniziative governative. Obama sa che per riuscire a governare non può prescindere da un dialogo con gli avversari, ma ancor di più di saper scegliere un team esecutivo di primo ordine.
A meno di una settimana dalle elezioni già iniziano le scelte decisive. In un clima reso incandescente dalle dimissioni del direttore della CIA, Petreus, dovute alla scoperta della sua relazione extraconiugale con l’ufficiale, nonché sua biografa personale, Paula Broadwell, il Presidente dovrà formare un nuovo governo, pronto a far vedere quel “meglio che ancora deve venire”, proclamato dal palco di Chicago la magica notte delle elezioni. Due fidatissimi del Presidente: la Clinton, ministro degli esteri, e Geitnher, segretario del Tesoro, hanno già annunciato che non intenderanno continuare a ricoprire i loro incarichi anche nel mandato che inizierà a gennaio.
Il secondo mandato di un presidente è solitamente il più sereno, libero dall’ansia elettorale e di poter svolgere il suo lavoro con più ampio respiro. Obama ha il compito di far rialzare l’America in campo economico, di mantenere le promesse fatte alle decisive minoranze che lo hanno votato, di lasciare un mondo più pulito e verde di quello che ha trovato. Sono i punti della campagna elettorale del 2008 che l’ex governatore dell’Illinois credeva possibili. “Yes we can!”. Dopo quattro anni la parola d’ordine è cambiata ma la sostanza è la stessa, possiamo farcela, ma dobbiamo guardare avanti, “forward”, sperando di non distogliere troppo lo sguardo e dalla strada da seguire.