Previsioni per l’anno 2013: finanza e Tobin tax
di Francesco Galati
Discostandosi dalla scelta tedesca di rinviare l’ingresso della Tobin tax al 2016, e non curanti degli scarsi risultati (in termini di gettito) che si stanno evidenziando in Francia, l’Italia introdurrà tra marzo e luglio la tanto discussa Tobin tax.
Originariamente teorizzata dal premio nobel americano James Tobin, come tassa sugli scambi in valuta per evitare fenomeni di speculazione sulla stessa; a livello europeo invece si sta introducendo questa tassa in una rinnovata accezione ossia sugli scambi azionari e sui derivati.
Tralasciando gli aspetti puramente tecnici che Tobin teorizzò, ponendo l’aliquota sulla tassa allo 0,1% ci si potrebbe aspettare un gettito superiore ai 170 miliardi di dollari qualora la tassa fosse applicata a livello mondiale, in realtà quello che si sta osservando, è solamente una corsa, soprattutto da parte dei grossi investitori, ad alcuni particolari tipi di derivati che permetterebbero di attenuare o aggirare completamente le nuove regole d’imposizione.
Nello specifico, per quello che è il mercato italiano, e quindi l’effetto diretto su Borsa S.p.a., non sembra – finanziariamente parlando – una manovra scevra da contraddizioni; probabilmente come spesso accade chi ne andrà a sostenere il peso saranno i piccoli investitori, gli investitori istituzionali e i cosiddetti cassettisti.
Dalle stime effettuate sui bilanci delle prime banche europee, risulta chiaro come la maggior parte dei derivati in portafoglio siano di natura speculativa, anche se i grandi gruppi italiani sembrano meno attirati dalle sirene della speculazione tramite derivati.
Il rischio dell’introduzione della Tobin Tax risiede principalmente in tre rischi tra loro collegati:
1) Rischio d’illiquidità all’interno del mercato nazionale, dovuto al fatto che escludendo dalla tassa gli scambi estero su estero, gli investitori potrebbero spostare i loro affari in paesi detassati
2) Un secondo rischio di arbitraggio a livello di aliquote qualora la tassa non venga recepita in un consistente numero di paesi e con aliquote molto simili o preferibilmente uguali
3) Rischio di incremento della speculazione anziché la creazione di un effetto di attenuazione della stessa, per i motivi sopracitati.
Spetterà al prossimo governo valutare più accuratamente quali possano essere gli effetti in termini finanziari e non derivanti dall’introduzione di questa tassa (anacronistica e non fedele all’originale) che a fronte di un gettito atteso incerto, finché non sarà chiaro quali paesi l’adotteranno e con quali aliquote, potrebbe rivelarsi un boomerang a livello anche economico.