Società di rating e Triple A
di Francesco Galati
E’ di questi giorni la notizia che, la nota società di rating Moody’s, ha declassato i titoli di stato del Regno Unito, questa notizia giunge al termine di una serie di tagli dei rating cominciati nel settembre dell’anno scorso; difatti la scure del declassamento ha già ampliamente intaccato i rating italiani e francesi.
Quello delle società che svolgono attività di rating è sempre stato un tema molto controverso per chi opera nel settore finanziario, difatti tali società sono spesso soggette a critiche data la natura privata della struttura societaria, che se da un lato è chiamata a svolgere un lavoro molto delicato, ossia dare un giudizio sulla credibilità di determinate società (o paesi), che però ottengono tali valutazioni pagandole.
Non è difficile perciò immaginare l’evidente situazione di conflitto d’interesse che può venirsi a creare a seguito di queste valutazioni; difatti malgrado tali società svolgano un lavoro che dovrebbe riguardare interessi privati, in realtà tali rating sono poi spesso utilizzati (e malamente pubblicizzati), come standard per le valutazioni di società e paesi anche dagli investitori istituzionali.
Gli scandali che hanno coinvolto tali società sono molti, uno su tutti quello del grande crack Lehman Brothers; infatti fino a pochissimo tempo prima del fallimento il titolo era classificato come tripla a (rating che rappresenta la massima solidità).
Anche Mario Draghi, presidente della BCE ha recentemente espresso il suo dissenso riguardo l’utilizzo di tali ratings, le molteplici situazioni di collusione tra società di rating e società che richiedevano le valutazioni, le numerose cause legali che coinvolgono amministratori di queste società e non da ultimo l’incredibile possibilità che, nel tempo, queste società hanno maturato nel poter cambiare anche l’opinione pubblica e quella dei grandi fondi d’investimento nei confronti di altre realtà finanziare e non solo, ha portato più volte gli operatori del settore, soprattutto dal lato istituzionale a screditare in parte queste valutazioni.
Il tema è certamente molto caldo, anche perché in momenti di congiuntura economica, spesso, tali società hanno forse in alcuni casi non troppo onestamente, affibbiato, soprattutto a sistemi paese, dei rating negativi, che possono portare ad un ulteriore perdita di fiducia da parte degli investitori e certamente degli abitanti dei paesi stessi che si trovano più restii ad investire in titoli di stato.
L’unica soluzione possibile riguarda una regolamentazione molto più severa per ciò che riguarda gli stilemi dei rating, e certamente l’istituzione di un organo di controllo, super partes, che si faccia carico di sanzionare eventuali comportamenti scorretti o potenzialmente collusori.