Governo Monti, l’Italia cambia faccia tra polemiche e consensi.
di Chiara Baldi
Mercoledì scorso Silvio Berlusconi si è dimesso da Presidente del Consiglio per lasciare il posto al nuovo governo guidato dal professore e senatore Mario Monti. Un governo il cui esecutivo è composto esclusivamente da tecnici perché, come ha tenuto a precisare il nuovo Premier, «la blindatura di un governo dipende dalla sua capacità di agire incisivamente e di spiegare ai cittadini e al Parlamento la portata della sua azione». Secondo Monti, infatti, escludere i politici dal nuovo governo «agevolerà anziché ostacolare il radicamento, perché toglierà un motivo di imbarazzo». Una frase importantissima, che sottolinea ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, la fiducia del Paese (e del resto del mondo) nei confronti della politica italiana, dimostratasi ampiamente incapace di gestire una situazione così delicata come quella della crisi economico-finanziaria.
CRITICHE AL NUOVO GOVERNO – Eppure, nonostante la poca credibilità della nostra politica, molte sono state le critiche al nuovo esecutivo. Commentando il governo tecnico, c’è stato addirittura chi ha parlato di «scelta antidemocratica», sostenendo che un governo non eletto dal popolo ma scelto dalle istituzioni fosse un «attacco alla democrazia». Le cose non stanno esattamente così. Come recita la Costituzione Italiana, nel momento in cui il Presidente del Consiglio Berlusconi si è dimesso, è entrato in gioco il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha svolto un ruolo fondamentale nel risolvere la situazione. Infatti, come prevede la nostra carta costituzionale, Napolitano avrebbe potuto sciogliere le camere ed andare alle elezioni (e non era la scelta consigliata, visto il caos che regna nella politica italiana) oppure quello che ha fatto, e cioè nominare un nuovo presidente del consiglio che insieme ai ministri da lui scelti affrontasse la fiducia delle camere. La scelta di Napolitano è così ricaduta su Mario Monti, figura a cui lo stesso Capo dello Stato ha cercato di rafforzare la legittimità costituzionale nominandolo senatore a vita ed evitando in questo modo critiche ancora più aspre.
DONNE AL GOVERNO – Ciò che questo esecutivo dovrà maggiormente combattere è la critica di essere «il governo delle banche» perché alcuni ministri (tra cui lo stesso Monti che ha assunto ad interim il ministero dell’Economia e Corrado Passera neo ministro di Sviluppo Economico, Infrastrutture e Trasporti) hanno avuto rapporti di lavoro con banche (o li hanno tutt’ora). Molto bene è stata invece accolta la nomina di ben tre donne in ministeri fondamentali: Elsa Fornero al Lavoro e alle Politiche sociali con delega alle Pari Opportunità, Anna Maria Cancellieri all’Interno e Paola Severino alla Giustizia. Un segno importante, che premia soprattutto la competenza e il merito delle donne, da sempre ai margini della politica.
LA DURATA – Altro punto che ha suscitato forti polemiche è quello della durata di questo governo: chi lo vorrebbe solo per qualche mese, chi invece si augura che Monti si presenti anche alle prossime elezioni. Per ora, è certo che il governo tecnico resterà in Parlamento fino alla fine della legislatura (cioè fino al 2013), poi si vedrà. In questo tempo non solo noi italiani avremo il compito di salvare il Paese dal default, ma anche quello di formare una nuova classe politica più credibile e più competente nella gestione della “cosa pubblica”. Questi saranno mesi fondamentali per i nostri politici perché prima che accaparrarsi voti dovranno riacquistare la fiducia degli italiani. Una fiducia che proprio con il governo di tecnici e professori voluto dal senatore Monti sembra essere ricomparsa nel vocabolario italiano.
Fonte foto:
http://www.flickr.com/photos/friendsofeurope/6244928468/