Acqua Bene Comune, intervista a Paolo Carsetti: “Referendum disatteso”
di Vincenza Nacucchi
Si torna a manifestare in piazza a Roma. Il 26 novembre, in corteo da Piazza della Repubblica fino alla Bocca della Verità, i comitati per l’acqua pubblica hanno chiesto che venga rispettata la volontà di quei 27 milioni di cittadini che lo scorso giugno hanno votato contro la privatizzazione dell’acqua. Nonostante una vittoria così chiara, ad oggi la legge di iniziativa popolare per la ri-pubblicizzazione dell’acqua non ha ancora trovato nessuna attuazione.
Abbiamo chiesto a Paolo Carsetti, uno degli attivisti del movimento referendario “Acqua Bene Comune”, di raccontarci gli obiettivi della manifestazione e le iniziative che il movimento sta portando avanti affinché venga rispettata la volontà popolare.
Dopo una lunga e partecipata campagna referendaria di nuovo in piazza insieme al popolo dell’acqua. Perchè questa mobilitazione?
Con la manifestazione abbiamo chiesto il rispetto dell’esito del referendum del 12 e 13 giugno scorso, perché a partire da quella data le istituzioni preposte all’attuazione non hanno dato seguito al mandato della volontà popolare così chiaramente espresso. Si è ribadito il fatto che su acqua e referendum non si torna indietro. Partirà, in tutta Italia, una campagna che noi abbiamo definito di “Obbedienza civile” per l’attuazione del secondo quesito referendario che ha chiesto e ottenuto l’eliminazione dei profitti dalla tariffa dell’acqua. Chiederemo ai cittadini di attuare in prima persona una riduzione delle tariffe, come è stato definito con il referendum.
Quali altre iniziative vi vedranno coinvolti prossimamente?
Il 10 e l’11 di dicembre saremo a Napoli per lanciare insieme ad altre organizzazioni e movimenti la rete per l’acqua pubblica a livello europeo. Siamo coscienti che a partire da questa estate il rischio che non venga rispettato l’esito referendario arriverà proprio dalla Banca Centrale Europea. L’attacco più forte è già pervenuto dalla lettera firmata da Draghi e da Trichet in cui si chiedeva al Governo italiano di privatizzare i servizi pubblici locali, nonostante i referendum appena svolti. Saremo anche al Forum Mondiale dell’acqua di Marsiglia di marzo 2012 per contrastare le grandi multinazionali che stanno promuovendo, come fanno ogni tre anni, una gestione privatistica di questo bene comune che non ci trova assolutamente d’accordo. Quindi iniziative sia di carattere nazionale e territoriale sia a livello europeo.
È ormai palese che finora l’esito referendario non è stato rispettato. Cosa vi aspettate dal neo Governo Monti?Chiediamo un Governo più rispettoso dei principi democratici e che rispetti l’esito referendario perché in quella occasione 27 milioni di italiani e italiane hanno deciso che l’acqua è un bene comune fuori dalle logiche di mercato. Dopo l’insediamento di Monti al Governo, abbiamo chiesto un incontro con il nuovo Premier per ribadire che venga rispettato quel risultato elettorale ma anche la straordinaria partecipazione che c’è stata nella costruzione della campagna referendaria, una partecipazione che parla di democrazia che si costruisce dal basso.
La partecipazione al momento della raccolta firme e poi durante il referendum, si è replicata anche in piazza?
Si è vista anche in piazza nonostante un contesto molto diverso e anche più complicato perché veniamo da una manifestazione come quella che c’è stata il 15 ottobre che ha reso molto difficile scendere in piazza e appropriarsi degli spazi pubblici. Ma oggi abbiamo anche dimostrato che il movimento per l’acqua è in grado di poter costruire mobilitazioni che hanno rivendicazioni molto determinate e molto forti, ma con modalità assolutamente pacifiche, partecipate e allegre.
Uno degli slogan della manifestazione è “Si scrive acqua, si legge democrazia”. Quindi concludendo possiamo dire che siete riusciti a rivendicare questo connubio?R
Assolutamente. Se per democrazia si intende proprio la partecipazione e la mobilitazione dal basso, il popolo dell’acqua è riuscito ancora una volta a coinvolgere tante persone per chiedere che vengano rispettati i nostri diritti.