Province: scontro Monti-UPI su abolizione
di Sabrina Ferri
Province sì. Province no. Un tira e molla che, negli ultimi mesi, sembrerebbe aver fatto della sorte di questi enti una vera e propria telenovela. C’è chi le attacca, chi vorrebbe vederle sparire, chi le ritiene inutili e superflue rispetto a Comuni e Regioni. Ma c’è anche chi le difende e che con tutte le forze possibili cerca ancora di salvare il salvabile, aggrappandosi tenacemente ad una Costituzione che non vuole essere rinnegata.
Tuttavia l’epilogo di questa storia, iniziata con il famigerato decreto 201/2011, è tutt’altro che chiaro. Stando al decreto le Province diventerebbero dei semplici organi di raccordo delle attività dei Comuni che ne fanno parte in alcune materie ad esse demandate da leggi statali o regionali. Il Consiglio provinciale andrebbe, inoltre, a cambiare profondamente la sua natura, trasformandosi in assemblea di secondo grado, e rimarrebbe, assieme al presidente della Provincia, l’unico organo delle nuove Province. Le funzioni provinciali andrebbero, infine, a trasferirsi in seno a Comuni e Regioni ed il processo dovrebbe concludersi entro il prossimo 31 dicembre.
Ma alla mannaia che grava pesantemente su questi enti si contrappone l’UPI (Unione Province d’Italia) che, al grido di “No all’Italia senza le Province“, mette in gioco una contro-proposta che potrebbe rovesciare, in qualche modo, l’esito di questa riforma. Una proposta volta in primo luogo a conseguire importanti risparmi da destinare al rilancio degli investimenti e che vorrebbe portare in tempi brevi alla concreta nascita delle città metropolitane, al riordino delle Province coerentemente con i principi della Costituzione, e ad una razionalizzazione degli Uffici periferici dello Stato , nonché all’eliminazione degli enti strumentali intermedi.
Prima di tutto, però, occorre proprio ribadire la centralità della Costituzione, legge fondamentale, “madre” di questi soggetti istituzionali oggi ritenuti fonte di spreco. A tal proposito Province e Regioni avrebbero recentemente richiesto ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale per far dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni contenute nell’art. 23, commi 14 – 21, del decreto legge 201/2011 che andrebbero a violare i principi costituzionali di autonomia e democrazia e che sarebbero in contrasto con la forma di stato prevista dal titolo V, parte II, della Costituzione.
Resta, intanto, incerto il futuro dei tanti dipendenti provinciali e degli idonei di concorsi non ancora assunti dall’ente. Purtroppo, spiega Andrea Giordano, componente del Comitato Idonei del Concorso alla Provincia di Roma per Operatori nei Centri di Formazione, «se il decreto Monti si attuasse pienamente i dipendenti della Provincia diventerebbero dipendenti della Regione o dei Comuni, con tutti i problemi relativi, non solo di spostamenti ma anche di costi, che si verrebbero a creare. Inoltre – prosegue Giordano – per quanto riguarda le nuove assunzioni il blocco del turn over per il 2012 è ancora fermo al 20%. Quindi se nel 2011 i pensionamenti sono stati pari a 100 la Provincia può fare assunzioni solo per circa 20 persone. Questo è il problema più serio che non ha permesso a moltissimi idonei di essere assunti già nel 2011. C’ è il grandissimo rischio che le graduatorie scorrano molto lentamente e che non saranno assunti tutti gli idonei rimasti in graduatoria».
Nel frattempo Andrea, insieme a tanti altri come lui, continua a battersi e a sperare, sperare di non essere costretti a veder morire definitivamente quegli enti espressione di un decentramento amministrativo significativo, sperare di non veder sfaldarsi il sogno di poter accedere ad un posto di lavoro “guadagnato”. Così si spera, si combatte, e con la speranza stretta in un pugno, si va avanti. Se le province saranno totalmente e indiscutibilmente abolite? Un match ancora tutto da giocare.