Hugo Cabret, sorridere tra realtà e fantasia: è oscar
di Eloisa De Felice
Veramente, un viaggio magico e diverso da tutti gli altri. Così Hugo Cabret, film diretto da Martin Scorsese, si snoda e conduce dolcemente tra realtà, fantasia e immaginazione. In proiezione in questi giorni nelle sale cinematografiche, non solo risulta una interessante pellicola a livello tecnico, in quanto riesce a combinare le più moderne e raffinate tecnologie 3D, in modo anti-moderno, ma soprattutto intende rendere consapevole lo spettatore di una grande verità, che troppo stesso resta celata: tentando di migliorare la tua stessa vita potresti finire per rinnovare e rendere fantastica anche quella degli altri.
È ciò che accade proprio al protagonista: il giovane Hugo, orfano, vive da solo nei meandri di una stazione ferroviaria parigina negli anni ’30. Del padre gli resta solo uno strano automa, rotto. Con ostinazione, ma anche tanto amore per lo scomparso genitore, intende ripararlo a tutti i costi. Una ragazza eccentrica, con la sua ancor più eccentrica chiave a forma di cuore, e suo nonno, un anziano e misterioso gestore di un negozio di giocattoli, finiranno per diventare la sua nuova famiglia. Tutto questo, però, solo dopo che l’automa sarà finalmente riparato e che ricorderà al vecchio chi era e cosa faceva, che la vita è bella, come Benigni insegna, e che non sei utile a nessuno se solo sopravvivi, invece, di vivere appassionatamente.
La passione per la vita, mescolata a quella per il cinema, viene mixata con voli pindarici di fantasia. Come solo il buon cinema sa fare, regalando momenti di alta immedesimazione con la storia e i protagonisti, Hugo Cabret anima nello spettatore un nodo gordiano di gioia pura, quella che si riaccende, con forza, in ciascuno, quando il Pascoliano fanciullino si sente appagato.
Il film, tratto dal libro La straordinaria invenzione Hugo Cabret di Brian Selznick del 2007, è stato presentato in Italia in anteprima alla 6ª edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Il 15 gennaio scorso, in occasione della premiazione dei Golden Globe, ha fatto guadagnare a Martin Scorsese il premio come miglior regista, assolutamente meritato.
Domenica scorsa, poi, alla notte degli oscar 2012, è riuscito ad aggiudicarsi ben 5 statuette, tra le 11 per le quali era in nomination: miglior fotografia (battendo i papabili The Artist e The Tree of Life) poi, ancora, per il montaggio sonoro, per il mixaggio sonoro e, a sorpresa, per gli effetti speciali (mentre ai più era apparsa scontata la vittoria de L’alba del pianeta delle scimmie) Dulcis in fundo? l’Oscar per le scenografie. Con questa statuetta, in quella che è stata la notte del testa a testa fra Hugo Cabret e The Artist, ha vinto anche l’Italia: Dante Ferretti, assieme alla moglie Francesca Lo Schiavo, ricevendo il premio, hanno voluto puntualizzare che lo dedicavano a “Martin (Scorsese, ndr) e all’Italia”. La Lo Schiavo, intervistata da La Stampa, ha, poi, spiegato il perché della sua dedica: “Sono italiana, l’Italia è il Paese nel quale mi sono formata e mi è venuto naturale, una volta sul palco, ringraziare e salutare la mia terra, oltre a Martin Scorsese. La professionalità non ha nazionalità né confini, ma essere cresciuti in un posto pieno di arte e di bello e di cultura, potendo fare studi classici, certo ha aiutato. Ci piacerebbe poter lavorare di più nel nostro Paese, ma al momento non sta succedendo.”
E’ un buon periodo per il cinema, finalmente, dopo periodi di filme deludenti ci si riscatta con cose come questo recensito, e – se posso consigliare – The Artist emozionante nel vero senso della parola) e il toccante (ma esilarante al tempo stesso) Quasi Amici.
Hugo meritava di più. The artist ha vinto per scelte commerciali, nient’altro.