Popolo viola: senza il nemico scema la protesta
di Emiliana De Santis
«Movimento di attivismo politico italiano, nato dall’auto-convocazione tramite il social network Facebook, per iniziativa di un gruppo di blogger». Questa è la definizione che Wikipedia dà del Popolo Viola. E, come tutte le definizioni, finisce per essere una serie di parole che si avvitano su se stesse, chiarendo poco o nulla della natura del progetto. A questo punto della storia, infatti, pare proprio che di progetti non ce ne siano più e che la scomparsa – politica – del nemico, abbia avviato il parallelo declino del movimento. A marzo 2010 la fan page di Facebook segnava 236.000 “mi piace”, con un ritmo di affiliazione pari a 30 persone ogni 5 minuti. Ad oggi quel numero è pari a 445.254, due anni dopo e un governo tecnico nel mezzo. A parte alcune vere ed autentiche passioni, su cui gli italiani sono pronti a sacrificarsi sull’altare della buona decenza, sembra che tutto il resto sia quasi sempre destinato a un fulgore momentaneo, vissuto sull’onda dei primi entusiasmi e quindi morente di fronte alla quotidianità che tanto ci è cara. Ed è per questo che, a parte la fiammata della “Santa bICI”, pedalata romana con annessa richiesta al Vaticano di pagare l’Ici, il Popolo Viola ha smarrito la bussola di fronte all’uscita di scena del nemico numero uno. O forse, più semplicemente, il popolo No Tav gli ha rubato la scena.
Durante il primo No B.Day, del dicembre 2009, la senatrice democratica Franca Chiaromonte aveva preso le distanze dalla manifestazione, con l’argomento che non tutti i mali di un Paese possono essere ascritti a un solo uomo. Di questo si può discutere, tutto dipende dalla considerazione che agli uomini si attribuisce nel ciclo storico. È come chiedersi, con i dovuti distinguo, se il nazismo poteva esistere anche senza Hitler o se l’India sarebbe diventata indipendente anche senza Gandhi. Alcune persone, in virtù di una loro positiva o negativa specialità, fungono da catalizzatore di eventi che, pur stando sopra di loro, sono in esse sintetizzati ed esemplificati. E si portano quindi l’onore e l’onere di rappresentare il bene o il male assoluto. In Italia lo constatiamo a piene mani oggi che quell’uomo ha fatto un passo indietro mentre il sistema sociale, culturale e politico da lui creato gli sopravvive con gravi conseguenze.
Certo non si può dire che il Popolo Viola sia tenero con il successore di Berlusconi, quel Mario Monti che si pensava avrebbe dovuto riscuoterne le lodi. Ma nulla in confronto ai bei tempi delle prime pagine e delle riuscite adunate di piazza. La necessità di alcuni provvedimenti, resa ancor più presente dall’austerità dei discorsi, ha affievolito la volontà di plateale contestazione poiché sembra che protestando si metta in discussione l’amore per il proprio Paese e il manifestante è messo alla gogna come colui che vuole a tutti i costi la rovina della nazione. Quel popolo è nato perché c’era qualcuno che in forma distorta ne riassumeva l’antitesi. Ora che lo specchio delle brame non mostra il più bello del reame, il movimento andrebbe riorganizzato per essere attivo sempre e non solo in funzione di una contestazione ad personam.
Diceva Benigni: «Silvio, non te ne andare dall’Italia, sennò come facciamo noi comici a lavorare?».
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