Fonte Nuova, in scena la Passione di Cristo. Intervista al regista Paolo Malavasi

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di Elena Angiargiu

Per il 15° anno, a Fonte Nuova, in provincia di Roma, si rinnova l’appuntamento con la Rappresentazione Vivente della “Passione e Morte di Gesù”, manifestazione religiosa organizzata dalla Pro Loco con il Patrocinio di Comune, Provincia e Regione.

Nel giorno della Domenica delle Palme, gli abitanti hanno rivissuto gli ultimi momenti della vita di Gesù, grazie ad una performance teatrale che unisce religione e cultura popolare, inserendosi appieno tra i riti della Settimana Santa più conosciuti e apprezzati della Sabina romana.

Paolo Malavasi, regista della Rappresentazione, ci racconta gli aspetti organizzativi che caratterizzano il “dietro le quinte” dell’evento.

Cosa l’ha spinta verso la regia di questo evento? Come ci si prepara a mettere in scena una Rappresentazione Sacra così complessa e particolarmente sentita dalla comunità?

È stato il mio collaboratore più stretto, Angelo Costantini, a spingermi verso la regia. È il mio secondo anno da regista, prima ho partecipato come attore interpretando per dieci anni Ponzio Pilato. Si tratta di un lavoro complicatissimo, che richiede un grande investimento in termini di energie e di tempo. Organizzato dalla Pro Loco, è stato realizzato grazie alla stretta collaborazione tra chi si occupa di scenografia, recitazione, maestranze e costumi. In una Rappresentazione come questa, ciò che più conta è la fase di preparazione, soprattutto da un punto di vista umano, perché è una grandissima opportunità di crescita personale e di conoscenza delle proprie possibilità. Proprio perché credo nell’importanza del lavoro di gruppo, il mio obiettivo è quello di rimettere in comunicazione Parrocchia, Comune, cittadini e Pro Loco, non solo per quest’occasione, ma anche per la realizzazione di eventuali altri eventi.

Al di là dell’attenzione ai testi evangelici, la Rappresentazione presenta forme espressive e narrative originali. Quali sono state le novità dell’edizione di quest’anno?

È una Rappresentazione assolutamente originale, che cerca di unire “tradizionale” e “moderno”, per quanto legata al fatto storico. L’anno scorso ho fortemente voluto cambiare la location, per dare un segnale diverso, non tanto sotto il profilo artistico, quanto dal punto di vista del coinvolgimento, riportando la manifestazione al centro del paese. E quest’anno ho voluto coinvolgere soprattutto i giovani, con alcune scene che li hanno visti direttamente protagonisti, nell’incontro con Gesù prima della Passione e subito dopo la Risurrezione.

Rispetto allo scorso anno, sono state introdotte alcune novità: la scena di Lazzaro, con la Risurrezione, intesa come profonda rivisitazione della propria vita, tema principale di quest’edizione. Altro tema importante è quello della parabola della vite e dei tralci, scelto per il cinquantesimo anniversario della Parrocchia di Gesù Maestro.

Ci sono dei piccoli particolari all’interno del Vangelo, che passano spesso inosservati, ma danno invece molti spunti di riflessione. Come l’ingresso di Gesù a Gerusalemme con l’asino, animale umile ma nobile. Poi la figura di Erode, che ho immaginato in modo diverso, come personaggio asciutto e distaccato, lontano dalla solita “caricatura”, nella scena del processo. Innovativa anche la scelta delle musiche. Ne è un esempio la chitarra elettrica che supporta la camminata del servo del Sinedrio, a scandire il passaggio tra la scena di Lazzaro e quella del Sinedrio.

A proposito della costruzione delle scenografie, come sono state concepite?

Dal punto di vista tecnico, abbiamo fatto tutto “in casa” con i materiali e le risorse a disposizione. L’impegno è stato notevole anche perché è stato necessario ricostruire le scenografie utilizzate l’anno scorso, andate distrutte a causa del maltempo.

Le scene erano racchiuse in un piccolo spazio, nonostante la location fosse grandissima. Dato che intendo il teatro come una tela, l’idea di fondo era quella di creare piccoli palchi, il più possibile naturali e scene diverse, una dietro l’altra, per suscitare emozioni differenti all’insegna della semplicità. È sufficiente, ad esempio, una luce di taglio rosso nel momento del tradimento di Giuda per suscitare una determinata emozione.

Quali suggerimenti ha dato agli attori per interpretare al meglio i personaggi evangelici?

Agli attori ho detto: “Fate un viaggio in treno guardando dal finestrino”. Infatti, come un treno che percorre il binario, occorre attenersi a certe regole tecniche, che ho cercato loro di insegnare, e seguire una certa direzione, ossia rivivere la situazione calandosi nell’epoca e nel personaggio. Quando noto che una persona si sta emozionando, allora comprendo che è pronta per mettersi in gioco, entrare in scena. Agli attori, tutti non professionisti, suggerisco inoltre di continuare a recitare sempre, anche al buio. Così si aiuta il pubblico a partecipare, dato che questo non è uno spettacolo, ma i cittadini stessi sono attori e protagonisti. Per riuscire a trasmettere delle emozioni ci si deve immedesimare completamente nella parte. È un po’ quello che è successo ai 12 Apostoli, a ciascuno dei quali ho voluto dare un nome, che si sono effettivamente identificati con il personaggio che interpretavano.

Hanno partecipato un centinaio di persone e ci tengo a sottolineare la presenza dei ragazzi. La loro partecipazione rappresenta un’opportunità di crescita per tutti. Chi non ha accettato – e i “no” sono stati tanti – ha comunque avuto modo di riflettere su una proposta diversa, discutendone con gli amici e dedicando del tempo a valutare questa possibilità.

Qual è il momento della Rappresentazione che più l’ha emozionata?

Non c’è stata una scena in particolare, anche se ciò che più mi emoziona è la partecipazione di un giovane, a prescindere dalla storia che sta raccontando. L’emozione non è unica e ho cercato di crearne diverse, intendendo la Rappresentazione come un’occasione, sia per i credenti ma soprattutto per i non credenti, per scoprire o riscoprire le emozioni che riesce ad offrire il racconto della Passione di Gesù.

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