Egitto, Morsi parla alla Nazione: “Sono il presidente di tutti gli egiziani”

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di Alessandra Vitullo

Le immagini di quella piazza Tahrir straripante di persone hanno sorpreso ancora una volta i nostri i occhi occidentali. Immagini che resteranno impresse nella storia, nella memoria di una nazione e di una generazione di uomini e donne: l’Egitto ha finalmente eletto democraticamente il suo primo Presidente islamico.

Dopo il timore che l’esercito potesse frenare il processo democratico, a seguito dello scioglimento del Parlamento avvenuto nelle scorse settimane, le prime elezioni libere del Paese hanno visto vincere uno dei leader del movimento dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi, che ha battuto uno degli uomini del vecchio regime di Mubarak, Ahmed Shafiq, il candidato del Consiglio superiore delle forze armate (CSFA).

Dopo la caduta del Rais, l’esercito si era trasformato nel nemico più temuto da tutti gli attori che hanno partecipato alle manifestazioni del 2011; alla fine di più sessant’anni di governi militari, il pericolo che il potere piombasse nuovamente nelle mani dell’esercito era uno spettro che prendeva sempre più consistenza man mano che il periodo di transizione guidato dalle forze armate continuava a prorogarsi. Finalmente, la scorsa settimana, la vittoria di Mohamed Morsi è stata riconosciuta ufficialmente, anche dall’esercito e gli egiziani possono tirare un sospiro di sollievo.

Il discorso del nuovo Presidente davanti ad una piazza stracolma, come accadde quel 25 gennaio di un anno fa, si riempie di simboli: l’onore ai martiri della rivoluzione, il potere in nome di Allah e della volontà del popolo, Morsi mostra il suo petto senza la protezione del giubbotto antiproiettili.

L’atmosfera si infittisce, la piazza diventa più silenziosa e attenta, quando il Presidente parla del ruolo che svolgerà l’esercito nella nuova democrazia egiziana: ministero degli Interni? della Difesa? Comunque l’esercito continuerà a proteggere il popolo egiziano, ma, assicura Morsi, non sarà mai più legato al potere esecutivo o legislativo. Ma con le recenti modifiche apportate alla Carta costituzionale, prima delle elezioni presidenziali, l’esercito è riuscito a ridurre di molto i poteri che sarebbero dovuti spettare al futuro presidente; insomma, se e quanto la protezione dell’esercito non si trasformerà in interferenza sarà solo l’evolversi e lo stabilirsi dei futuri equilibri politici a dircelo.

Mentre l’Egitto si preoccupa che l’esercito non faccia marcire i frutti di una rivoluzione, qui, in Europa, ci spaventano un po’ parole come islamico, islamista, che accompagno il nuovo Presidente. Ma senza bandiere bruciate e con donne esultanti senza velo, forse per l’Egitto si sta aprendo una nuova era, dove Islam e democrazia insieme possono creare un nuovo modello di Stato, senza che l’Occidente esporti alcun kit di democrazia prêt-à-porter.

 

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