Charlie Hebdo, come farsi pubblicità sfruttando i fondamentalismi
di Pierfrancesco Demilito
Quanti di voi la scorsa settimana conoscevano il settimanale satirico francese Charlie Hebdo? Immaginiamo molto pochi, ma certamente in molti lo avranno sentito nominare in questi ultimi giorni. E già, perché il giornale d’oltralpe sulla scia del clamore scatenato da “Innocence of Muslims”, il film che racconta la vita di Maometto in una sorta di grottesco porno soft, ha deciso di pubblicare alcune vignette che ironizzano sul Profeta dell’Islam.
Una decisione discutibile, arrivata a poche ore dall’uccisione dell’ambasciatore USA a Tripoli nella rivolta antiamericana scoppiata nel Maghreb. Perché, tralasciando i numerosi dubbi sorti intorno alla produzione del film “Innocence of Muslims”, la decisione del settimanale francese appare come una clamorosa ricerca di visibilità. Una lotta a chi vende di più combattuta in spregio ai rischi e alle conseguenze che sorgono in seguito ad alcune scelte. E, infatti, la pubblicazione di queste vignette ha costretto il governo di Parigi a chiudere le scuole francesi e le ambasciate in venti paesi islamici.
Certo, le violenze scoppiate nel Maghreb e proseguite nei paesi asiatici sono da condannare così come qualunque estremismo religioso, ma nascondersi dietro la libertà di stampa è troppo semplice. “Innocence of Muslims” è un film oggettivamente offensivo, oltre che brutto, e le vignette del “Charlie Hebdo” appaiono decisamente fuori luogo.
In questi in giorni le apparizioni televisive di Stephane Charbonnier, direttore del settimanale satirico, sono aumentate in modo esponenziale, i network di tutto il mondo hanno parlato del suo giornale e il boom di vendite è certamente da annali, ma tutto questo è giusto? E’ giusto alimentare fondamentalismi in nome della libertà di stampa?
Il Ministro degli esteri italiano, Giulio Terzi, in proposito ha le idee molto chiare. “Ci sono – ha detto il Ministro – dei sensazionalismi irresponsabili da parte di chi utilizza spesso a proprio vantaggio personale, anche nel mondo occidentale, queste grandi sensibilità che devono essere rispettate”.
Parole molto dure contro il giornale satirico sono arrivate anche dal Primo Ministro francese Jean-Marc Ayraul, e dal suo Ministro degli esteri, Laurent Fabius.
Ma le critiche non sembrano preoccupare il direttore Charbonnier, in ansia solo per la vendita delle ristampe. Le 75mila copie che “Charlie Hebdo” stampa ogni settimana, a fronte di una diffusione di 48mila copie, sono terminate in due ore e ciò ha costretto il settimanale a stampare altre 75mila copie, ma il vero obiettivo è raggiungere le 200mila copie vendute. Considerato che ogni copia di “Charlie Hebdo” costa 2,50 euro, gli introiti di questa campagna combattuta in nome della libertà di stampa frutteranno un bel gruzzoletto.
[…] soprattutto vuol dire che, a differenza della Francia del Charlie Hebdo (il quale ha pagato a caro prezzo la svolta nazionale), rimaniamo ben incardinati nell’asse […]