Fnac, a rischio il lavoro di seicento dipendenti
di Pierfrancesco Demilito
Una notizia rimbalzata dalla Francia ha recentemente seminato il panico tra seicento lavoratori italiani. La notizia di cui stiamo parlando è quella che vorrebbe la chiusura dei cinque megastore (Milano, Roma, Firenze, Torino e Napoli) che la Fnac possiede in Italia. A quanto pare la Ppr, multinazionale francese che detiene il marchio, sarebbe intenzionata a modificare la sua presenza sul mercato mondiale, investendo maggiormente in paesi in via di sviluppo (il Brasile ad esempio) piuttosto che in quelli colpiti dalla crisi. In linea di massima la Ppr, che possiede anche Gucci, Yves Saint Laurent, Brioni, Boucheron, Girard-Perregaux, Puma e Bottega Veneta, sarebbe interessata a investire principalmente sul mercato del lusso e si libererebbe interamente del ramo Fnac, ma gli acquirenti scarseggiano.
La vicenda è stata anche affrontata in Parlamento vista l’interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico presentata dal deputato del Pd Boccuzzi e ha superato i confini nazionali grazie ad una interrogazione presentata alla Commissione europea dall’europarlamentare Sergio Cofferati. Nonostante tutto, le risposte da parte di Fnac continuano a scarseggiare. E così tra i lavoratori italiani le preoccupazioni aumentano e l’azienda non ha fatto nulla per tranquillizzare i suoi dipendenti. In ogni incontro, con i lavoratori, con i sindacati, con le autorità politiche, Fnac non ha mai né smentito né confermato le indiscrezioni che arrivano da oltralpe, ha ammesso la volontà di cercare un compratore e ha rimandato tutto al prossimo 31 dicembre, data in cui si chiuderà la ricerca degli acquirenti.
“Cosa avverrà a quella data, ormai sempre più vicina, è un mistero che l’azienda non ha voluto chiarire”, così ci dice uno dei seicento dipendenti Fnac contattato da Mediapolitika. Si chiama Davide e lavora nello store di Firenze. È uno di quei lavoratori che anima quella che potremmo definire l’ala creativa della protesta, quella che si organizza e ruota intorno ai social network. Davide, infatti, ci spiega che “al momento la protesta si sta organizzando su due canali: quello istituzionale, legato al sindacato, che continua a cercare incontri con l’azienda, ottenendo sempre la stessa risposta, e quello dei dipendenti autorganizzati, riuniti nel comitato “salviamo Fnac”, che si è reso protagonista di alcune performance durante le Fashion night, con l’obiettivo di colpire direttamente la Ppr attraverso il suo marchio più importante, ovvero Gucci.”
In questa storia non viene colpito il lavoro precario ma vengono intaccate le sicurezze di chi credeva di aver ottenuto un contratto a tempo indeterminato. In Fnac, infatti, i dipendenti sono stati tutti inquadrati con contratti stabili e in molti casi anche recenti, gli store di Roma e Firenze, infatti, sono stati aperti nel 2007, solo cinque anni fa. “In ogni caso – spiega Davide – si colpisce il lavoro giovanile, visto che l’età media dei dipendenti non supera i 35 anni. Nello store di Firenze i lavoratori sopra i 35 si contano sulle dita di una mano”.
Ma la cosa che più mi colpisce durante la chiacchierata con Davide è quando mi dice: “la cosa peggiore, nella situazione in cui ci troviamo adesso, è che l’azienda non ci coinvolge, non ci informa sull’andamento della trattativa, non ci spiega cosa sta cercando di fare” Questi lavoratori hanno capito che il futuro dipende dalle decisioni che l’azienda prenderà nei prossimi mesi e non chiedono di sedersi a quel tavolo, non pongono condizioni, a loro basterebbe essere informati. È tempo che Fnac esca dal silenzio e dica chiaramente cosa succederà ai suoi seicento dipendenti.