Scuola, dietrofront del Governo sulle 24 ore. Si studia l’alternativa.

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di Emiliana De Santis

È durato lo spazio di due settimane, giusto il tempo perché i docenti – alunni al traino – si organizzassero, con stop delle lezioni, manifestazioni e flash mob che l’articolo 3 comma 42 e seguenti del Disegno di Legge di Stabilità, è già lettera morta. Del passaggio dalle 18 alle 24 ore di docenza settimanale a parità di salario non se ne farà più nulla. I tecnici di Viale Trastevere hanno preso atto e stanno studiando un sistema alternativo per mantenere i saldi invariati secondo quanto disposto dalla spending review.

La contestata norma prevedeva l’aumento di 6 ore dell’orario di lavoro dei professori delle medie e delle superiori a stipendio invariato ma con un numero ufficiale di ferie maggiore, circa 15 giorni in più. Le ore non retribuite sarebbero servite ad eliminare quelle strutturalmente eccedenti le 18 previste dalla normativa attuale e che, allo stato delle cose, sono in parte coperte dai docenti di ruolo che hanno dato il loro assenso – e a cui queste ore in eccesso vengono pagate, per un totale 129 milioni di euro solo nel biennio 2011/2012 – in parte dai supplenti e dai precari. Mentre la crescita del monte ferie era più sulla carta che nella pratica: gli insegnati fanno dai 13 ai 16 giorni di ferie per Natale e Pasqua e dai 78 agli 87 per il periodo estivo. La relazione tecnica al ddl sottolinea come la normativa preveda tuttavia per i docenti 47 giorni di ferie, da cui si ricava che “i giorni di sospensione delle lezioni durante il periodo estivo, nei quali i docenti dovranno assicurare la propria presenza perché non copribili per in capienza di ferie” vanno da 44 a 53 ossia “un tempo sufficiente ad assicurare lo svolgimento degli scrutini, degli esami di Stato, di ogni attività valutativa a anche delle attività preparatorie all’inizio dell’anno scolastico”.

In pratica il Governo ha tentato di affrettare i tempi su una riforma di più lungo periodo e, così facendo, si è trovato davanti un muro insormontabile. A fare schermo sono state le forze politiche della maggioranza, che hanno presentato e approvato un emendamento tripartisan e i sindacati, sebbene le proteste dei docenti abbiano provato a tenere le entrambi a debita distanza. Giusto o sbagliato che sia, e sempre tenuto presente che i tagli e le riforme dovrebbero coinvolgere l’apparato nel suo complesso,  l’art. 3 del ddl stabilità avrebbe portato alle casse dello Stato un risparmio di circa 714 milioni di euro, una cifra superiore rispetto ai 600 richiesti dalla spending review. Il tutto a fronte di una riduzione dei posti disponibili pari 30mila unità, cioè tutte quelle che al momento coprono gli spezzoni d’orario. A voler ben intendere e organizzata nel tempo, una riforma dovrebbe allungare sì l’orario lavorativo, fino a ricomprendere le attività di didattica non frontale che ora non vengono riconosciute ma andrebbe accompagnata da una riforma strutturale, coinvolgendo l’accesso alla professione – su cui il concorso in svolgimento sta miseramente fallendo – la produttività del corpo docente e il miglioramento di infrastrutture e didattica.

Sarà che Bersani ha contato uno per uno i possibili 400mila voti che quella platea conteneva, sarà che il confronto salariale con l’Europa regge ben poco(lo studio OCSE “Education at a Glance” mette in evidenza un adeguamento dello stipendio dei docenti italiani pari al 5,2% nel decennio 2000 – 2010 contro una media OCSE del +22,5%), ma lo stesso ministro della Pubblica Istruzione, Francesco Profumo, ha dovuto mostrarsi cauto e aperto, fino al passo indietro: “L’obiettivo comune è di consegnare all’Italia una scuola migliore, più europea, per studenti ed insegnanti. Per questa ragione ogni suggerimento ed eventuale modifica all’interno dei vincoli di bilancio votati dallo stesso Parlamento, sarà il benvenuto”. Il lavoro dei tecnici, però, si fa sempre più duro. Da un lato i vincoli di bilancio imposti dalla spending review, dall’altro il dovere, anche morale, di rendere la nostra scuola più moderna, efficiente ed internazionale.

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