Stage e tirocini. Le nuove forme del precariato
di Emiliana De Santis
Era l’anno 1997, legge Treu. L’articolo 18 introduceva la regolamentazione di stage e tirocini. A seguito del decreto 142 del 1998, delle due finanziarie del 2011 e della Legge Fornero, questa strana creatura non è più riconducibile a una univoca fattispecie ma a un universo di casi, talvolta di grande successo e tal altra di estremo bizantinismo, potendosi addirittura configurare come l’escamotage per avere forza lavoro a costo zero. Il vespaio sollevato dalla Cgil siciliana e dagli slogan sugli stage truffa, sono solo la punta dell’iceberg di un universo sommerso che in molti non esitano a paragonare al lavoro nero.
Secondo il ministero del Lavoro, uno stage si configura quale “forma contrattuale, per nulla riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato, il cui svolgimento avviene sulla base di una convenzione stipulata tra il soggetto promotore e quello ospitante e nella quale sono riportati obiettivi, modalità di svolgimento (affinché venga assicurato il raccordo con i percorsi formativi svolti presso la struttura di provenienza), il nominativo del tutor e del responsabile dell’azienda, gli estremi identificativi dell’assicurazione INAIL, la durata e il settore aziendale di inserimento”. La circolare n.24 del 2011, successiva alla manovra finanziaria bis, ha chiarito inoltre la differenza tra tirocini formativi e di orientamento – espressamente finalizzati ad agevolare le scelte professionali e la occupabilità dei giovani nella fase di transizione scuola-lavoro e a cui si applica la normativa nazionale, e gli stage di reinserimento dei disoccupati e curriculari, disciplinati dalle leggi regionali e per i quali la finanziaria di agosto 2011 non è applicabile. Lo stageur non può in ogni caso essere considerato lavoratore dipendente poiché non è soggetto al potere direttivo della struttura ospitante che può avvalersi del suo lavoro solo dentro uno schema caratterizzato dalla volontarietà. Il compenso monetario figura inoltre a titolo di rimborso spese forfettario o di borsa lavoro, non costituisce salario e non è obbligatorio. La Riforma Fornero del 2012 prevede invece degli aggiornamenti in questo senso, rendendo il compenso un diritto dello stagista e definendo specifiche linee guida, ma solo per i tirocini formativi e non già per quelli di reinserimento o curriculari.
In pratica un’occasione per crescere e muovere i primi passi nel mondo del lavoro, facendo formazione retribuita e applicando quanto imparato negli anni di scuola superiore od università. Se non fosse che fatta la legge, trovato l’inganno. La crisi sembra essere un’ottima panacea per tutti i mali sociali che ci affliggono perché è più forte, più dura e caparbia di tutto un popolo messo insieme. È transnazionale, anzi globale e quindi pretesto perfetto per ammettere deroghe alla norma. Questo è quanto denunciato a gran voce dalla Cgil siciliana, portavoce consapevole di un sentire diffuso in quasi tutte le Regioni in cui non c’è una normativa ad hoc nel settore e pertanto – di fronte alle lacune del testo – l’interpretazione diventa suscettibile del più fantasioso tra i prosatori. Il tutto è iniziato da un disegno di legge di iniziativa popolare, passato inosservato nonostante le 12mila firme raccolte, ed esacerbato dal recente bando Crui per stage al ministero dell’Economia in cui i 34 fortunati vincitori di borsa di studio avrebbero ricevuto ben 7 euro lordi al giorno per ogni giorno di lavoro. Considerando che la maggior parte dei tirocini non è retribuita e che prima della finanziaria del 2011 questi duravano molto più di sei mesi, andando ben oltre il limite di candidabilità fissato in un anno dal conseguimento del diploma o della laurea, possiamo anche affermare di compiere passi in avanti. Eppure il ddl promosso in Sicilia non è un’aporia ed anzi prende spunto da realtà molto ben funzionanti, come quella della Regione Toscana, dove la regolamentazione del settore garantisce agli stagisti i diritti riconosciuti in tutta l’Unione Europea. Si chiede all’Assemblea Regionale di erogare dei contributi pari a 10mila euro, normalmente richiedibili al Fondo Sociale Ue a fronte della strutturazione di un progetto concreto, di cui 6mila per incentivare le assunzione e i restanti per garantire – ai quasi 50mila stagisti dell’isola – un rimborso spese di almeno 400 euro mensili.
“Il settore privato – dice Andrea Gattuso responsabile delle politiche giovanili della Cgil Sicilia – è quello più esposto agli abusi in quanto spesso gli stage attivati non prevedono una vera e propria formazione ma incarichi senza alcun valore formativo e lo svolgimento di funzioni ripetitive, non integrate in un più ampio percorso di apprendimento delle dinamiche lavorative”. A dire: certe mansioni, pure indispensabili, avrebbero un senso se corredate da un progetto che porta il giovane ad acquisire le capacità, la sveltezza e la praticità con il lavoro che svolge o vorrebbe svolgere ma di per sé non qualificano uno stage né la proliferazione di annunci in negozi di abbigliamento, supermercati o compagnie assicurative in cerca di manodopera senza costi.
La modestia si impara dalle piccole cose ed è indispensabile nella vita. Una vita che tuttavia, se non apre le porte a chi pure questa responsabilità e voglia ce l’ha, rischia di rovinare quanto di buono può nascere dall’umiltà di un percorso che finisce ancor prima di iniziare.