Vi presento il mondo di “Cloud Atlas”
[youtube tGDa7RcyxRg]
di Lucia Varasano
Narrare sei storie diverse calate in epoche altrettanto diverse e lontane tra loro, potrebbe all’inizio disorientare lo spettatore, che si trova inesorabilmente nella difficoltà di operare le dovute interconnessioni. Se dovesse apparirvi uno sforzo sovrumano, pensate alla fatica trasudata dai registi, i fratelli Lana e Andy Wachowski (autori della trilogia di Matrix) e Tom Tykwer, e la ricorderete come una passeggiata in riva al mare. Sembrerebbe un gran pasticcio se non fosse un film fantascientifico e se non ci fossero, un cast poliedrico d’eccezione (ogni attore interpreta dai tre ai sei ruoli), costumi curati nel minimo dettaglio, sceneggiatura e un montaggio sapiente, tutti ingredienti che rendono i mondi ben sganciati e visibili perfettamente anche all’occhio meno recettivo. Eppure, anche registrando problemi di attenzione, vi consiglio di allungarvi nelle sale a dare prova che un gran risveglio è possibile davanti alla miriade di effetti grafici messi in campo, la profondità dei messaggi e l’ironia di alcune storie che potrebbero farvi scompisciare dal ridere. Storie che rendono il film accattivante e pieno di colpi di scena, nonostante “Cloud Atlas” richieda in effetti un pubblico attento per quasi tre ore di pellicola -niente in confronto alle mille pagine dell’omonimo romanzo “L’atlante delle nuvole” di David Mitchell, da cui è tratto.
ISTRUZIONI PER L’USO. Abbandonate ogni luce di raziocinio, ogni idea secondo cui esista un ordine naturale delle cose, partite piuttosto dalla concezione secondo cui il mondo e la realtà siano un inutile artificio, in cui “tutti i confini sono convinzioni in attesa di essere superati”. Bene, adesso siete pronti a farvi guidare dall’atlante delle nuvole. Fatevi condurre dall’immaginazione, senza la presunzione di sbrogliare l’intera matassa ma cercando piuttosto di elevare anche i gesti quotidiani a concetti universali.
PAROLA D’ORDINE, LIBERTA’. Unico ammonimento: “solo coloro che ne sono privati hanno il minimo sentore di ciò che è realmente”. Coloro che ne sono privati come Timothy Cavendish (Jim Broadbent), fortunato editore di un libro-spazzatura “Sandwich di pugni” che finisce in un ospizio per poi scapparne a gambe levate con la gang dal curioso estro senile dell’Aurora House. La storia più divertente del film. Privati della libertà come Autua (David Gyasi), omone di colore che riesce a liberarsi della condizione di schiavo aiutato da un rampollo dell’alta società conservatrice inglese, Adam Ewing (Jim Sturgess), impegnato fino a quel momento e per conto del suocero nella tratta. Discriminazioni razziali, che lasciano il posto alle discriminazioni omofobe e prendono vita nella storia di Robert Frobisher (Ben Whishaw), talentuoso musicista bisessuale, che dovrà scontrarsi con il compositore Vyvyan Ayris (Jim Broadbent) che vuole impossessarsi dei diritti del suo sestetto “Atlante delle nuvole”.
E’ UNA DONNA IL PERSONAGGIO PIU’ EMBLEMATICO. Sonmi~451 (Bae Doo-na), un clone creato per soddisfare le esigenze del consumismo, lavora a chiappe scoperte in un fast food della catena coreana “Papa Song” tipo un moderno McDonald’s (a cui potremmo associarlo per via degli arredi, rigorosamente giallo-rossi. Sarà un caso?). Tutti artifici di donna che lavorano come cameriere per 19 ore al giorno e per un periodo di 12 anni, dopo cui, soddisfatto il contratto di lavoro, dovrebbero teoricamente tornare in libertà. Vengono invece appese per i piedi e messe in fila come carne da macello per produrre lo stesso sapone di cui si sono nutrite ignare per anni. Se siete accese femministe e pure precarie (una costante dei giorni nostri) la manomorta del cliente e lo spruzzo della maionese sulla schiena della cameriera saranno un po’ difficili da digerire, come l’anello alla gola che potrebbe far zampillare la carotide in qualsiasi momento sotto il click del padrone e ad ogni atto di ribellione.
Tuttavia Sonmi~451 scopre la verità del suo malaugurato destino e fugge aiutata dall’Unione dei Ribelli e sapendo di andare incontro a morte certa, diventa un’icona moderna denunciando il sistema capitalistico, l’alienazione prodotta dal lavoro e l’eccessiva produzione di carne.
LA SETE DELLA VERITA’. Destini che s’intrecciano forgiati da una stella, porteranno a riflettere sulla creazione, sulle azioni e le coincidenze, in cui ogni incontro stabilisce una nuova direzione e sull’essenza dell’uomo che non ha morte. Avrete sete anche voi, tra una storia e l’altra, di conoscere la verità anche a costo della morte (tranquilli sulla poltrona sarete al sicuro) e sentirvi responsabili del cambiamento del mondo, come la giornalista Luisa Rey (Halle Berry) che pubblicherà un’inchiesta sulle lobby del petrolio e che farà riflettere sul futuro del sistema energetico. Sonmi~451 invece, trasmetterà nei secoli i suoi messaggi di pace, rivelati poi agli abitanti della post apocalisse, ma questa è un’altra storia, la più noiosa della pellicola.
COSA NON CI è PIACIUTO. Sulla Grande Isola di Hawaii, ricaduta come tutta la terra in uno stato primitivo, protagonista è il vecchio Zachry (Tom Hanks), primitivo ok, capisco la regressione ma non c’era bisogno di creare una lingua totalmente disarticolata e a metà tra quella della tribù Zulù (senza offese per i Zulù) e la sdolcinatezza del vicino Flanders dei Simpson. Potrebbe essere stato un problema del doppiaggio italiano?
Visioneremo l’originale e vi faremo sapere. Intanto correte nelle sale, ne varrà davvero la pena.
A parte che un uno spoiler alert avrebbe fatto comodo, ho apprezzato la quasi completa narrazione di alcune trame del film.
“Potrebbe essere stato un problema del doppiaggio italiano?” ahi ahi, fino all’ultimo ho sperato ad un accenno alla lingua straniante(quella della versione originale, cioè quella in cui è stato concepito il film) usata nella linea temporale di Zachry – Tom Hanks. Pazienza.
Scusate il mio delenda carthago: fate un piccolo sforzo e non guardate i film doppiati.