Roma. Esonerato Zeman. Colpevole o parafulmine?

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di Cristiano Checchi

Cronologia di un addio – Era il 5 giugno 2012 quando Zdenek Zeman tornava sulla panchina della Roma. Sabato 2 febbraio 2013 Zeman chiude per la seconda volta l’avventura con la Roma. Nove mesi, tanto è durato lo Zeman atto secondo, nove mesi in cui si è passati dalla stelle alle stalle, non sono mancate le emozioni, si sono attraversate tutte le fasi di una storia d’amore nata comunque sotto una cattiva stella e finita come peggio non poteva, con un sms per la precisione. In nove mesi il popolo romanista ha vissuto su un’altalena, si è fatto prima cullare di nuovo dall’amore per quel vecchio maestro, il portabandiera di tante battaglie contro il polo calcistico del nord, per poi sentirsi stordito e tradito da una continua mancanza di certezze, sconcertato dalla perseveranza mostrata dal tecnico nel continuare imperterrito in convinzioni mai messe in discussione, finendo così schiavo del proprio personaggio, del proprio carattere, quello di un uomo che non fa mai marcia indietro.

Dopo una partenza con qualche incidente di percorso, come il pareggio con il Catania o la sconfitta con il Bologna, intramezzate però dalla Roma vittoriosa a San Siro, si è andati avanti con un continuo passaggio da prove confortanti e cadute rovinose (Juventus e derby). La svolta sembrava essere arrivata nel post derby: vittorie con Torino, Pescara, Siena, Fiorentina, Atalanta in coppa e Milan, unica sconfitta in mezzo alla nebbia di Verona. Poi la partenza per la tourneè, il ritorno in campo a Napoli il 6 gennaio è l’inizio della fine. Sconfitte con Napoli, Catania e Cagliari, pareggi con Inter e Bologna, le uniche due vittorie arrivano in coppa con Fiorentina e Inter. L’andamento quanto mai incostante in campo è andato di pari passo con quello con la dirigenza. In una sola settimana, quella che ha portato alla sfida con il Cagliari, si è passati dal pensare (decidere?) di esonerare Zeman, reo di aver rapporti cancerogeni con parte della squadra, al confermarlo di nuovo dopo due colloqui, inaugurando uno “Zeman 2”. Il boemo di solito aziendalista quasi mai lo si era sentito rivolgere pseudo accuse ai propri dirigenti, come invece fatto in merito alla disciplina nella conferenza prima della trasferta a Bologna, segno che qualcosa aveva smesso di funzionare, sempre se l’aveva mai fatto. Insomma alla fine si è arrivati a una scelta che dal punto di vista tecnico era inevitabile, resta solo la grande amarezza che tutti i romantici del calcio in questi giorni hanno provato nel vedere fallito il tentativo di ritorno nel calcio che conta di Zdenek Zeman.

Colpe da dividere – Con l’esonero del Boemo, a Roma non accadeva dai tempi di Carlos Bianchi, non può certo passare il messaggio che il problema per una seconda stagione fallimentare (anche se c’è ancora la semifinale di coppa Italia da giocare) sia stato solo Zeman. Il tecnico in parte lo è stato, ma non esenti da colpe sono chi l’ha scelto. Baldini e Sabatini sono giunti alla seconda infelice scelta del tecnico, rappresentano una società di fatto assente, salvo che per qualche utile azione di merchandising. Ed è comunque questo uno dei problemi di fondo che la Roma si trova a vivere. Adesso c’è la figura di Italo Zanzi ad essere il rappresentante diretto della proprietà americana, ma nonostante ciò ai microfoni post partite, ad essere praticamente giudice di se stesso troviamo Franco Baldini, nessun presidente o nessun rappresentante.

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