Puglia, processo alla mafia murgiana. Ad aprile sei imputati a giudizio con rito abbreviato
di Vincenzo Arena
Mafia e cime di rape. Dal 1998 la Direzione Investgativa Antimafia denuncia semestralmente (Vedi: Relazioni semestrali della DIA-Ministero dell’Interno) il proliferare di numerosi clan mafiosi in provincia di Bari dediti al traffico di stupefacenti, alle estorsioni, a rapine e al mercato dell’usura. Per comprendere più facilmente le dinamiche che muovono la criminalità organizzata in terra di Bari e in tutta la Puglia, basta leggere un estratto della relazione della DIA del primo semestre 2004:
La mappa delle organizzazioni criminali rimane ancorata ad una costante mutazione, frutto di rapporti, quasi sempre conflittuali fra nuove e vecchie cosche, nonchè al continuo ricambio della leadership, ai frequenti accordi fra fazioni a volte avverse e ai contrasti per l’acquisizione di supremazia in uno o più settori di interesse criminale (p. 41, Relazione DIA – 1° Semestre 2004, attività svolta e risultati conseguiti)
Più clan che depredano il territorio, quindi, che infettando il tessuto imprenditoriale ed economico e che cercano costantemente riferimenti politici, perchè – si sa – solo grazie alla connivenza e al silenzio della politica certe consorterie criminali possono crescere ed espandersi.
E’ questo il contesto, per dirla con Sciascia, ormai decennale in cui si inserisce anche il procedimento della DDA di Bari su presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria ad Altamura. Abbiamo già accennato la scorsa settimana, con riferimento alla storia del testimone di giustizia Francesco Dipalo a questo procedimento. Francesco, con il fratello Alessio (giornalista antimafia a Radio Regio), si è costituito parte civile nel processo contro il sodalizio criminale della “mafia murgiana”: 15 gli imputati coinvolti a vario titolo. Avevamo promesso ai nostri lettori di seguire la vicenda con puntualità, fornendone per quanto possibile alcuni particolari e così stiamo provando a fare, anche accedendo ad altre fonti giornalistiche del territorio. Ringraziamo pertanto in anticipo i colleghi della Gazzetta del Mezzogiorno e di AltamuraLive di cui riprenderemo alcuni recenti stralci di notizia.
Il 15 gennaio nel corso dell’udienza preliminare svoltasi davanti al Giudice per le Udienze Preliminari del Tribunale di Bari Gianluca Anglana, avrebbero chiesto il rito abbreviato sei imputati fra cui il comandante all’epoca dei fatti della stazione dei carabinieri di Altamura Nicola Logiudice e un altro carabiniere in servizio presso la stessa stazione, il maresciallo Massimo Carotenuto. “Ai due – riferisce la Gazzetta del Mezzoggiorno – sono contestati i reati di favoreggiamento personale e false dichiarazioni, per non aver segnalato che il defunto boss [della zona, ndr] Bartolo Dambrosio non ottemperava all’obbligo di firma cui era sottoposto nel 2007″. “Hanno chiesto l’abbreviato – continua sempre la Gazzetta – anche l’avvocato e politico altamurano Vincenzo Siani e l’ex assessore comunale Vito Zaccaria. A Siani e Zaccaria la Dda contesta di aver agevolato la presunta organizzazione criminale che avrebbe avuto una sponda negli ambienti politico-amministrativi della città. Rito alternativo anche per gli imputati Vincenzo Laterza e Domenico Cicirelli”. I sei in questione verranno processati a partire dal prossimo 16 aprile con rito abbreviato, appunto. Nell’udienza del 15, solo la Provincia di Bari si è costituita parte civile, a differenza del Comune di Altamura e della Regione Puglia.
Il Gup, leggiamo sempre dalla Gazzetta, si è riservato inoltre di decidere sul rinvio a giudizio degli altri nove imputati “accusati a vario titolo di associazione mafiosa, lesioni personali, violenza privata, estorsione, usura, detenzione e porto di armi da guerra con relative munizioni e sostanze esplodenti, simulazione di reato, favoreggiamento personale e frode processuale”. Tra questi – ricorda AltamuraLive – “Mario Dambrosio, fratello del boss Bartolo Dambrosio (ucciso in un agguato il 6 settembre 2010); l’imprenditore altamurano Mario Clemente; Giuseppe Bruno, accusato dell’omicidio di Biagio Genco in concorso con Bartolo Dambrosio”.
L’altamurano Domenico Cicirelli, di cui abbiamo riferito più su, aspetterà invece in carcere il processo del 16 aprile. Pochi ne hanno dato notizia. Noi riprendiamo la notizia da AltamuraLive e dalla pagina facebook di Francesco Dipalo, uno dei testimoni chiave del processo. Francesco il 5 febbraio scriveva:
E’ stata emessa la prima sentenza della Cassazione con la quale è stata confermata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa ad uno degli imputati del processo sulla mafia murgiana. L’individuo è stato tradotto in carcere, e la stampa ha occultato la notizia. Vergogna! La disinformazione incrementa le mafie. Il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni locali incrementano le mafie e condannano all’isolamento chi si schiera con la giustizia. Vergogna!
Noi non vogliamo dover vergognarci e come meritoriamente hanno fatto i colleghi di AltamuraLive rilanciamo e approfondiamo la vicenda. Cicirelli, prima sotto custodia cautelare, poi scarcerato in seguito ad un ricorso al Tribunale del riesame – riferisce AltamuraLive il 7 febbraio – “è stato associato presso la casa circondariale di Bari in seguito all’opposizione della Dda alla Cassazione”. Al Cicirelli sono contestati in particolare reati di associazione mafiosa, lesioni personali, violenza privata ai danni del giornalista locale Alessio Dipalo, estorsione, usura e favoreggiamento. La figura di Cicirelli sembra essere centrale nel procedimento in quanto “secondo l’accusa – scriveva la Gazzetta del Mezzogiorno già a settembre 2012 – partecipava all’attività dell’associazione operando alle dipendenze di Dambrosio Bartolomeo, con compiti di collegamento tra il sodalizio (…) e l’apparato politico”. Un sodalizio con a capo Bartolo Damborsio, boss ucciso pare in agguato di clan rivali nel 2010. Il boss e i suoi luogotenenti, come riportato nella richiesta dell’Antimafia di misure cautelari per gli imputati e come rilanciato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, sarebbero stati per anni «riveriti, ossequiati e favoriti, sia dai semplici cittadini che da appartenenti a poteri pubblici ed economici del territorio». Le indagini, così come accennavamo la scorsa settimana, sono state coordinate dai pm Desirè Digeronimo e Francesco Bretone e da Roberto Pennisi della Dna.
Dovrebbe correggere il tiro per una questione di correttezza.
In verità la prima testata ad occuparsi della vicenda è stata Altamuralife e non Altamuralive come da lei riportato.
Saluti
Salve Michele. Non abbiamo affermato nell’articolo che AltamuraLive è stata “la prima testata ad occuparsi della vicenda”, ma semplicemente abbiamo rilanciato alcuni stralci di notizie dei colleghi della Gazzetta e di AltamuraLive. Ci spiace non aver intercettato i vostri pezzi sulla vicenda e vi assicuriamo che visiteremo la vostra testata e rilanceremo le vostre notizie sull’argomento. Anzi, proprio in un’ottica di piena collaborazione nell’approfondimento di queste notizie, vi chiederemmo di segnalarci qualsiasi novità sulla vicenda. Noi faremo altrettanto. Con stima. Vincenzo Arena