Come un tuono – Action melò su colpa e castigo
di Annalisa Gambino
L’opera terza dell’emergente Derek Cianfrance –The Place Beyond the Pines, in Italia “Come un tuono”, ha la pretesa di mettere insieme i due attori più in voga del momento: Ryan Gosling e Bradley Cooper. E, per assicurare ai due il giusto spazio, divide il film il due macro episodi, con il rischio di risultare prolisso.
Stuntman di un motorshow itinerante, Luke (Ryan Gosling) scopre che la breve relazione con una cameriera, Romina (Eva Mendes) lo ha reso padre. Per riscattarsi moralmente da una vita precaria e degradante, Luke decide quindi di fermarsi in città e di stare vicino a suo figlio grazie a cui riscopre la purezza dell’infanzia negata. Tuttavia le problematiche si sovrappongono man mano che la storia evolve: Romina si è rifatta una nuova vita, ha un nuovo compagno ed evidentemente delusa non vuole avere niente a che fare con il padre di suo figlio. Due diversi mondi entrano in collisione, Luke non demorde e, per assicurare un avvenire economicamente tranquillo al bambino, si ricicla rapinatore di banche. Dopo diversi colpi andati bene, la fortuna gira e fa imbattere il motociclista in Avery (Bradley Cooper), poliziotto alle prime armi e quindi potenzialmente letale.
Il regista segue un meccanismo drammaturgico particolare che, strizzando l’occhio a Psyco di Hitchcock, fa morire a circa tre quarti del primo atto Ryan Gosling, presentato come il protagonista principale. La scena in cui fuggiasco e poliziotto si scontrano rappresenta un punto di svolta cruciale. A Luke viene opposto in maniera speculare il personaggio di Avery, e la vita di entrambi cambia per sempre. Da questo turning point, Come un tuono muta drasticamente di prospettiva per segue la vicenda del poliziotto. Da una gangster story si passa con disinvoltura a un poliziesco puro con i clichè propri del genere fino a scivolare in un terzo atto che, con un salto temporale di quindici anni, mette davanti agli occhi dello spettatore le storie dei figli di Luke e Avery, Jason e AJ. I destini dei ragazzi, prima amici poi acerrimi rivali si intrecciano e seguono lo stesso fatalflaw dei padri. Il leit motiv dei tre atti è la disgregazione del nucleo familiare. Il centro nevralgico verso cui confluiscono le ansie e le paure di tutti i protagonisti scaturisce dall’abbandono e dall’assenza di una figura guida. I capitoli, pur nelle loro differenze di genere, sono legati da una linea di regia omogenea. Il regista segue un tono di realismo e preferisce al montaggio veloce e serrato un ritmo lento e cadenzato. Le inquadrature soggettive e i lunghi piani sequenza guidano lo spettatore nel dramma esistenziale dei protagonisti.
Nel complesso è da ammirare la scelta coraggiosa del regista che ha deciso di raccontare in modo non banale, e sicuramente più difficile, una storia generazionale. C’è da aggiungere però che la non linearità della trama e i repentini cambi di prospettiva rendono i personaggi carenti di profondità psicologica, con il risultato di sembrare superficiali e monotematici. Come un tuono è un film che va interiorizzato e metabolizzato. Se in un primo tempo, con i suoi 140” la visione risulta stancante, è doveroso riconoscere a Dereck Cianfrance un cinema mai scontato che attinge dal dramma familiare per raccontare l’ America contemporanea.