Agnese Borsellino, quella passeggiata con Paolo sul lungomare di Carini
di Vincenzo Arena
Agnese e Paolo, mani strette e occhi negli occhi. Passi lenti sul lungomare di Carini. Ad un giorno dalle bombe di via D’Amelio. Ho letto della scomparsa di Agnese Borsellino e mi è saltata agli occhi proprio quest’immagine. Lei stessa aveva raccontato recentemente di quella passeggiata del 18 luglio 1992 in cui il giudice le avrebbe confidato che presto, prestissimo sarebbe stato ammazzato, ma non dalla mafia. “Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere”.
Agnese Borsellino avrebbe dovuto testimoniare al processo sulla trattativa Stato-Mafia, ma la malattia l’ha portata via prima che potesse raccontare in aula le confidenze del marito. Una donna d’altri tempi, una madre esemplare, una moglie discreta ma determinata. Ha tenuto viva la memoria di Paolo, sempre, senza retorica e ha smascherato più di una volta le ipocrisie della politica e delle istituzioni che su Via D’Amelio e sulle stragi hanno evitato per troppo tempo di far luce.
Voglio ricordare Agnese Borsellino come baluardo dell’antimafia gentile, priva di fronzoli e di opportuismi. Mi ritorna alla mente con fragore un altro racconto di Agnese. Il giugno 1992, le mura della sua casa a Palermo, le serrande chiuse per non essere visti, le parole del giudice: c’è “un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello Stato”. Quel colloquio non è più un’ipotesi ma va delineandosi a vent’anni di distanza come una certezza. A quella notizia, Agnese racconta che il marito reagì con un dolore quasi fisico: “quando glielo avevano detto era stato tanto male da aver avuto conati di vomito”.
Una reazione che dovrebbe assalire ogni cittadino perbene, ancora oggi. Oggi che la mafia, le mafie si son fatte sistema più di prima, oggi che i partiti a destra e a sinistra nella migliore delle ipotesi non disdegnano i voti delle cosorterie criminali e nella peggiore, ma non rara, eleggono “profumatissimi” esponenti in odore di cosca.
Ricordo Agnese oggi, esempio di indignazione costante e di integrità morale. La ricordo mano nella mano con Paolo, sul lungomare di Carini, li vedo già lì, lontano, sparire insieme nell’orizzonte assolato di un pomeriggio siciliano.
Addio, Agnese.
Ora potrai stringere di nuovo quella mano che ti ha abbandonato troppo presto per colpa di una cancerosa corruzione di cui è impregnata la nostra Nazione.
Addio a quella donna che, con dignità, ha sopportato il vuoto che il suo Paolo ha lasciato, condiviso solo con i figli che hanno perso troppo presto il loro affettuoso papà.
Mi stringo a voi per manifestare quel dolore che è stato anche nostro, è stato di tutte quelle persone che hanno amato la figura di Paolo Borsellino, dell’amico di sempre Giovanni Falcone, di tutte quelle persone che, nel tentativo di rendere questa Nazione vivibile e serena, hanno perso vita e serenità.
Ma un giorno ne usciremo, sono sicura, e quel giorno sarà il trionfo di Paolo e Giovanni, di Francesca e Agnese, e sarà il trionfo dell’onestà che si accontenta del poco per vivere e che con poco è felice.
Noi siamo il popolo che non ha bisogno di abbuffarsi per essere felice, noi siamo quelli che faticano tutti i giorni perché l’onestà è faticosa ma ci fa dormire sereni.
Siamo quel popolo che non ha bisogno di cocaina per stare su, che, con un buon caffè, riesce a lavorare tutta la giornata e a combattere contro tanti pusillanimi che hanno contribuito, con l’ignoranza, a sprofondare nel baratro in cui la Nazione oggi resta.
Addio, Agnese.
Anzi, arrivederci. Un bacio a tutti quelli che hai ritrovato.
Angela