Il Principe di Machiavelli, in mostra al Vittoriano un capolavoro lungo 500 anni
di Elena Angiargiu
Grande pensatore politico, funzionario diplomatico e uomo di governo, ma anche e soprattutto scrittore, Machiavelli deve la sua fama a un piccolo libro, Il Principe, scritto nel 1513 e oggi considerata unanimemente tra le opere più importanti della letteratura italiana. A rendergli omaggio, in occasione del cinquecentenario della sua composizione, è la mostra “Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. 1513 – 2013”, promossa dall’Istituto Treccani e da Aspen Institute Italia, con il patrocinio e la collaborazione di MiBAC, Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, allestita presso il Complesso del Vittoriano e visitabile, a ingresso libero, fino al 16 giugno.
Il percorso espositivo – Articolata in sei sezioni (Machiavelli e il suo tempo; L’arte della Guerra; Il Principe; Machiavelli e i classici; Fortuna e diffusione de Il Principe; Machiavelli e il nostro tempo: usi e abusi), la mostra è, per dirla con le parole dei curatori Alessandro Campi e Marco Pizzo, “un viaggio nel tempo e nello spazio” che, dall’epoca rinascimentale ai giorni nostri, ripercorre la Congiura dei Pazzi, la morte di Lorenzo il Magnifico, il rogo di Savonarola e l’avvento Repubblica fiorentina di Pier Soderini, fino ad arrivare alla restaurazione medicea. Vicende che ispirarono opere come Dell’Arte della Guerra, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e soprattutto Il Principe, di cui sono esposti i diciannove codici manoscritti e le prime copie a stampa di Firenze e Roma risalenti al 1532.
Il Principe: ieri e oggi – La principale sezione della mostra è dedicata all’opera più rappresentativa di Machiavelli, Il Principe, annunciato dall’esilio all’amico diplomatico Francesco Vettori nella lettera del 10 dicembre 1513, nella quale l’autore dichiara l’intento del De principatibus, incentrato sulle guerre di conquista del principe o sul consolidamento del potere nel caso di un “principe nuovo”, un “opuscolo” per divulgare la «cognizione delle azioni delli uomini grandi, imparata con una lunga esperienzia delle cose moderne et una continua lezione delle antique» in cui emerge, come riconoscono i posteri, l’autonomia della politica dalla morale e dalla religione.
Un ricco repertorio di documenti e volumi, saggi e schede, medaglie, sculture, mobili, reliquie, incunaboli e manoscritti antichi, dipinti e quadri dei personaggi dell’epoca, tra i quali lo stesso Machiavelli e Cesare Borgia, detto il Valentino, individuato come principe ideale, testimoniano l’attualità e la fortuna del Principe. In mostra numerose collezioni a stampa (raccolta privata di Luigi Firpo), edizioni in tutte le lingue (dal latino all’inglese, dal catalano al giapponese), che ne fanno l’opera italiana più tradotta al mondo insieme al Pinocchio di Collodi, copie possedute da uomini di potere di ogni tempo (da Benedetto Croce a Gramsci fino alle prefazioni di Mussolini, Craxi e Berlusconi), tracce del suo pensiero nella cultura popolare (videogiochi, fumetti, cartoline, francobolli, giochi da tavola) o nella lingua comune, come l’uso dell’aggettivo “machiavellico”, divenuto sinonimo di mentalità spregiudicata.
Il principe: un’opera “aperta” – Tra i libri proibiti dalla Congregazione dell’Indice, come testimonia il documento del 1559 proveniente dall’Archivio storico del Sant’Uffizio, criticato e stimato nel corso dei secoli, Il Principe, a cinquecento anni dalla sua originaria stesura, è ancora capace di offrire una molteplicità di interpretazioni che appassiona intellettuali e gente comune.
Le diverse chiavi di lettura che gli sono state attribuite cercano di far luce sulle intenzioni che spinsero l’autore a scriverlo. Per alcuni – si legge nei pannelli espositivi della mostra – un’opera per ingraziarsi i Medici, quindi si tratterebbe di uno scritto d’occasione e strumentale, improntato ad un radicale cinismo; secondo altri, un’opera frutto delle sue conoscenze e delle sue esperienze politiche, nel segno di un radicale pessimismo storico ed esistenziale e di un lucido realismo. Altri ancora la considerano la sua risposta teorica, riassunta nella formula istituzionale del “principato civile”, al problema di come sia possibile arrestare il declino di una politica corrotta e divisa in fazioni. Alterne interpretazioni di uno scritto radicalmente innovativo per i lettori di ieri e di oggi.