Like Father Like Son – Una parabola morale sul rapporto padre-figlio

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di Annalisa Gambino

I film più prestigiosi e attesi del Festival di Cannes 2013 arrivano a Roma per un evento esclusivo che mette in campo il meglio dei film in concorso. Al Greenwich il 18 giugno, è stato proiettato in anteprima nazionale, Like father, like son.

Scritto e diretto da Kore-Eda Hirokazu, il film affronta il tema della famiglia adottando il punto di vista del genitore. Il protagonista è Ryota Nonomiya, uomo di successo, affermato nel lavoro alle prese con il difficile ruolo di padre. Suo figlio Keita è un bambino adorabile, dolce e sensibile dallo sguardo profondo e maturo nonostante l’età. Il piccolo suona il piano e, tutte le sue attività sono volte a compiacere il padre fin troppo severo ed esigente. A rompere l’equilibrio della famiglia Nonomiya la notizia spiazzante di uno scambio di neonati avvenuto sei anni prima e l’incontro con l’altra coppia chiamata in causa: la famiglia Saikis.

Kore-Eda racconta l’arco di questa storia seguendo cronologicamente i fatti scansionati mese per mese -da novembre, fino ad agosto, mese in cui il film si conclude seguendo la doppia linea narrativa delle due famiglie.

Non è la prima volta che il regista nipponico affronta il tema della famiglia e dei bambini. Da ricordare a questo proposito Nobody Knows (2004), un dramma sull’abbandono di un gruppo di fratelli costretti a sopravvivere senza la madre.

Se in un primo momento, Like Father, Like Son ruota intorno ai bambini scambiati, diventa presto evidente che Kore-eda ha realizzato questo racconto sul contrasto tra due nuclei familiari opposti: uno benestante urbanizzato, diligente, tecnologico e formato da tre persone; l’altro della periferia, modesto, allegro, e formato da cinque individui. Diverse realtà e diverso l’atteggiamento e il rapporto con i figli.

Rispetto al Figlio dell’altra di Lorraine Levy, sullo scambio tra un palestinese e un israeliano, è diversa la riflessione sul contesto. Levy intesse la vicenda nella macro-cornice della guerra e del conflitto senza fine, mentre Kore-Eda è più concentrato su piccole differenze sociali e quanto queste influiscono sull’educazione dei figli.

Il punto focale attorno cui ragiona la morale del film è come i genitori proiettano i propri valori e le proprie esigenze sui loro figli e di quanto sia inutile e insensato questo atteggiamento. Like Father, Like Son suggerisce in modo velato e commovente che nessuna struttura familiare è perfetta.

Attraverso il tormento del protagonista, il regista mette in scena ulteriori riflessioni su cosa voglia dire esattamente essere padre, se è una questione biologica o se dipende dalla quantità di tempo dedicato al figlio a renderlo tale.

Sulla scia di autori come il coreano Kim Ki-Duk e la cinese Ann Hui, Kore-Eda racconta con toni pacati e sguardo rarefatto i sentimenti e la leggerezza delle emozioni. Si esce dal cinema estasiati dalle immagini formalmente pulite. Lo stile di regia sobrio, privo di eccessi, la musica eterea e la recitazione naturale quasi spontanea degli attori assicurano un senso di pace interiore tipica di un certo tipo di cinema orientale.

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