Sindrome di Phelan-McDermid. L’intervista alla biologa ricercatrice Dott.ssa Maria Clara Bonaglia
di Lucia Varasano
Dopo il racconto di Stella e la storia della sua piccola Uma, affetta da sindrome di Phelan-McDermid, abbiamo deciso di contattare la Dott.ssa Maria Clara Bonaglia, Biologa e fondatrice (assieme a Vera Tamantini) dell’Associazione A.I.SPHEM, nonché Responsabile dell’ Unità di Ricerca, Coordinatrice diagnostica del Laboratorio di Citogenetica presso l’ Istituto Scientifico E. Medea, Bosisio Parini di Lecco, e Docente a contratto in Genetica Medica, Facoltà Medicina, Università Milano.
Abbiamo parlato della nascita dell’associazione, delle scoperte del team di ricercatori italiani, dei nuovi metodi di analisi del genoma (che superano l’approccio tradizionalistico dell’analisi del cariotipo) del Protocollo clinico sulla Sindrome, della sperimentazione con le staminali.
–Dott.ssa Maria Clara Bonaglia, quando e come è nata l’Associazione A.I.SPHEM?
Gli studi scientifici sulla Sindrome di Phelan-McDermid svolti in questi anni presso l’Istituto E. Medea hanno promosso un contatto diretto tra ricercatori di laboratorio e famiglie italiane colpite dalla sindrome. Da ciò è scaturita una rete di contatti tra famiglie che si è concretizzata con la nascita dell’l’Associazione Italiana per la Sindrome di Phelan-McDermid ONLUS (AISPHEM ONLUS). Nel maggio 2012, in seguito all’incontro con Vera Tamantini (ora Presidente di AISPHEM) e Michele Ragni, genitori della piccola Veronica, colpita da questa patologia, è stata costituita legalmente l’Associazione, da tempo auspicata da molte famiglie italiane.
-Quanti sono i casi finora accertati in Italia e a livello internazionale di individui affetti da sindrome di Phelan-McDermid e perché è così difficile da diagnosticare?
A oggi, sono stati identificati relativamente pochi casi di Sindrome di Phelan-McDermid, nella letteratura scientifica ne sono riportati oltre 150, secondo i dati raccolti dalla Fondazione Americana per la Sindrome di Phelan-McDermid, nel mondo ne sono noti più di 600, mentre in Italia ne sono stati sicuramente diagnosticati più di 50. La reale frequenza della sindrome è perciò ancora sconosciuta. Questa condizione è verosimilmente sottodiagnosticata perché difficilmente identificabile alla sola osservazione clinica, dal momento che i principali sintomi che si manifestano nella prima infanzia (tono muscolare, diminuito, ritardo dello sviluppo motorio e cognitivo, assenza del linguaggio) sono sovrapponibili a quelli di altre sindromi genetiche note. A questo aspetto si aggiunge la difficoltà di identificare mediante un test genetico la mancanza della porzione terminale di un cromosoma 22 (delezione 22q13) che può avere dimensioni molto variabili. In alcuni affetti, la delezione 22q13 può essere molto piccola, quindi non identificabile all’analisi del cariotipo tradizionale. Questo, fino a pochissimi anni fa, ha costituito un ostacolo nel rilevare a una prima indagine genetica la delezione 22q13. Tuttavia, grazie ai progressi tecnologici di questi ultimi anni, sono stati sviluppati nuovi metodi di analisi del genoma, che consentono di identificare anomalie del DNA con estrema precisione e maggiore facilità rispetto a quanto era possibile in precedenza. Uno di questi metodi si chiama array-CGH (ibridazione comparativa del genoma basata su array) e oggi rappresenta il test genetico appropriato per diagnosticare la Sindrome di Phelan-McDermid.
-L’Istituto Scientifico E. Medea di Bosisio Parini (Lecco) è l’unico centro in Italia che si occupa di studiare i casi dei bambini affetti dalla sindrome e come svolge la sua attività? Esiste un Protocollo clinico sulla Sindrome di Phelan-McDermid?
L’Istituto Scientifico “Eugenio Medea”, con sede in Lombardia a Bosisio Parini (LC), che è parte dell’associazione “La Nostra Famiglia”, è ufficialmente riconosciuto come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) dal 1985. E’ oggi l’unico IRCCS italiano riconosciuto per la ricerca e la riabilitazione nello specifico ambito dell’età evolutiva. Nel 1998 sono stati riconosciuti i Poli Scientifici Regionali di Conegliano – Pieve di Soligo (TV) in Veneto, Ostuni (BR) in Puglia, S. Vito al Tagliamento (PN) e Pasian di Prato (UD) in Friuli Venezia Giulia. Si caratterizza per la più ampia casistica in Italia nell’ambito dell’età evolutiva; per la rete dei centri regionali, che fungono da vero e proprio “Osservatorio nazionale” nel campo delle disabilità infantili; per l’ampiezza del campo d’azione, che va dalla genetica agli aspetti sociali della riabilitazione; per l’approccio multidisciplinare. La vasta rete dei centri de “La Nostra Famiglia” consente di compiere ricerche significative sotto il profilo qualitativo e quantitativo perché le dimensioni dell’utenza sono rilevanti (annualmente l’Associazione ha in carico oltre 20.000 pazienti), le strutture dell’IRCCS godono di una sufficiente uniformità operativa sotto il profilo gestionale e organizzativo e si avvalgono di linee guida e protocolli clinici comuni per il trattamento delle patologie di riferimento.
La politica dell’Istituto rispecchia il suo compito istituzionale: promuovere una ricerca biomedica e sanitaria strettamente collegata alla clinica e primariamente finalizzata alla verifica e al miglioramento della riabilitazione. In questo contesto l’Istituto E. Medea, sostenendo e adeguando i laboratori di ricerca con tecnologie di analisi del DNA di nuova generazione, ha consentito ai propri ricercatori di proseguire gli studi sulla Sindrome di Phelan-McDermid iniziati alla fine degli anni novanta, quando per la prima volta fu scoperta la diretta associazione tra la Sindrome di Phelan-McDermid e il gene SHANK3 (Bonaglia et al, AJHG 2001), come confermato successivamente in numerosi lavori scientifici. Questa attività di ricerca, affiancata a quella clinica, ha consentito di valutare nel tempo un numero crescente di pazienti mediante un approccio multidisciplinare che sta portando a delineare un protocollo clinico specifico di gestione dei pazienti con Sindrome di Phelan-McDermid.
-Come si sta muovendo la ricerca?
I pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di Sindrome di Phelan-McDermid sono per la maggior parte bambini. Per questo motivo, a tutt’oggi non si conoscono l’evoluzione clinica e la storia naturale della sindrome. Sono inoltre poco chiare le cause dell’estrema variabilità dei sintomi clinici, solo parzialmente imputabili alle diverse dimensioni della porzione di cromosoma 22 deleto nei diversi pazienti. Il team di ricerca Italiano, composto dai ricercatori dell’Istituto Medea (Dott.ssa Maria Clara Bonaglia e Dott. Roberto Giorda) e della Genetica Medica dell’Università di Pavia (Prof.ssa Orsetta Zuffardi) con il loro più recente contributo scientifico (Bonaglia et al, PloS Genet 2011) hanno concorso in modo decisivo alla comprensione dei meccanismi molecolari alla base della delezione 22q13, con conseguenti benefici in termini di diagnosi e consulenza alle famiglie. Inoltre è stata descritta per la prima volta la storia clinica di tre pazienti di oltre quarant’anni, i quali avevano ricevuto la diagnosi di Sindrome di Phelan-McDermid in età adulta (Bonaglia et al, Plos Genet 2011). Questi dati sono di estrema importanza perché, insieme a pochissimi altri riportati nella letteratura scientifica, pongono le basi per studi volti a capire l’evoluzione della sindrome.
A tal proposito, il team italiano sta studiando una cinquantina di pazienti, cercando di dettagliare finemente le correlazioni genotipo-fenotipo attraverso valutazioni cliniche nel tempo (follow-up) sistematiche e omogenee che comprendano tutti gli aspetti neurologici e psichiatrici della malattia. Lo studio genetico mediante tecnologie di nuova generazione potrà, inoltre, aiutarci a capire quali fattori genetici contribuiscano alla variabilità clinica dei pazienti. Tale approccio scientifico consentirà nel tempo di chiarire e migliorare la prognosi nei soggetti affetti da Sindrome di Phelan-McDermid e di individuare precocemente i possibili interventi di tipo medico-riabilitativo tesi a migliorare la salute di bambini, adolescenti e giovani adulti affetti dalla malattia.
– Quali sono i rapporti dei ricercatori con l’Istituto Superiore di Sanità e con la rete nazionale Malattie Rare?
L’Istituto Scientifico Eugenio Medea nel 2006 ha ottenuto il riconoscimento di Centro Regionale per le Malattie Rare. Negli anni successivi sono stati ottenuti diversi finanziamenti dall’ Istituto Superiore di Sanità nell’ambito di bandi per progetti di ricerca su malattie neurologiche e neuropsichiatriche rare, ad esempio la #ceroidolipofuscinosi, e forme ereditarie di atassie e agenesia del corpo calloso.
-Ci sono cure farmacologiche e si può valutare la sperimentazione delle staminali nei casi di Phelan- Mc Dermid?
Sappiamo che sono in corso trial farmacologici pilota sia negli USA che in Olanda, ma è ancora prematuro pronunciarsi sulla loro efficacia. Tuttavia quelli in atto in pazienti con Sindrome dell’X-fragile (un’altra malattia genetica del neurosviluppo) sono incoraggianti. Sappiamo che non potremo sostituire il pezzo mancante del cromosoma 22q13 ma, come per l’X-fragile, attraverso la ricerca scientifica possiamo sperare di individuare un farmaco che attenui l’effetto negativo della insufficienza della proteina SHANK3 causata dalla delezione 22q13. Per quanto riguarda le cellule staminali, certamente esse non potranno essere usate direttamente per scopi terapeutici nella Sindrome di Phelan-McDermid; ma la possibilità di trasformare cellule della cute dei singoli pazienti in cellule neuronali potrebbe permettere di chiarire quali alterazioni funzionali siano presenti nei neuroni di bambini affetti dalla delezione di SHANK3 e di testare in vitro farmaci che ne possano migliorare tali funzioni.
– Come si può aiutare la ricerca?
Un grosso impulso alla ricerca sulla Sindrome di Phelan-McDermid potrà derivare dal sostegno reciproco di ricercatori e famiglie. In questo ambito AISPHEM sta contribuendo attivamente ad una migliore organizzazione della ricerca in Italia, riunendo tutte le famiglie italiane colpite dalla sindrome di Phelan-McDermid, con l’obiettivo principale di stabilire l’incidenza della malattia in Italia. AISPHEM inoltre si inserisce in ambito internazionale attraverso un network di Associazioni europee per la Sindrome di Phelan-McDermid che si sono formate recentemente in Spagna, Polonia, Francia e Germania. Le Associazioni europee collaborano a loro volta con la Fondazione americana per la Sindrome di Phelan-McDermid, che vanta un’esperienza ventennale e, insieme alle Associazioni europee, sostiene e promuove la ricerca scientifica. Esempio emblematico è l’istituzione del Registro Internazionale, un importante progetto promosso e finanziato dalla Fondazione Americana per la Sindrome di Phelan-McDermid.
Il Registro Internazionale ha lo scopo di unificare le informazioni cliniche e genetiche provenienti dai singoli individui con la sindrome di Phelan-McDermid in un unico database. Il registro costituisce uno strumento che fornisce informazioni utili non solo alle famiglie e ai clinici, ma rappresenta anche uno strumento importante per aiutare i ricercatori a sviluppare progetti scientifici e accelerare la ricerca traslazionale. Il registro è strutturato in modo tale che possa essere compilato direttamente dalle famiglie ed è ora disponibile in lingua italiana, spagnola, tedesca e francese. Ad oggi, in meno di un anno, si sono registrate 500 famiglie in tutto il mondo e fra queste stanno aumentando anche le famiglie italiane, grazie ad una campagna di informazione che avviene tramite AISPHEM.
Sono la mamma di un bimbo al quale ieri hanno diagnosticato da referto genetico la sindrome si delezione 22q13. Ancora devo realizzare il tutto. Ma ho bisogno di sapere come muovermi. Esami, terapie ecc. Grazie