L’arbitro. Humor e fede calcistica nel segno d’autore
di Annalisa Gambino
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L’esordiente regista Paolo Zucca ha avuto l’onore di aprire la settantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia presentando in anteprima per la giornata degli autori L’ arbitro – una colorata commedia che ha come protagonista la passione per il calcio.
Il lungometraggio è sviluppato dall’omonimo cortometraggio, vincitore nel 2009 del David di Donatello e del Premio Speciale della Giuria a Clermont-Ferrand, e vanta la partecipazione di nomi importanti come Stefano Accorsi, Geppi Cucciari e Francesco Pannofino.
Accorsi veste i panni dell’arbitro Cruciani, soprannominato goliardicamente dai colleghi ”il principe” per le sue esibizioni coreografiche sul campo. La figura di Cruciani, come spiega il regista, allude in qualche modo all’arbitrio supremo che è la provvidenza, o la casualità che domina il mondo facendo da tirante narrativo per le storie che compongono film. Parallelamente alla vicenda dell’arbitro in corsa per dirigere partite della Champions League, il regista orchestra sapientemente le rocambolesche avventure dell’Atletico Pabarile, la squadra più scarsa della terza categoria sarda che viene umiliata come ogni anno dalla rivale Montecrastu. Il film gioca sul modello classico della faida ed esaspera la rivalità tra bande portando alla ribalta un affresco di personaggi volutamente caricaturali come l’allenatore cieco, la bisbetica smemorata, il pastore vendicativo, la tifosa ultraottantenne e l’invincibile goleador Matzutzi arrivato dall’Argentina per risollevare le sorti del Pabarile.
Le storie dell’arbitro e delle squadre sarde sono destinate a scontrarsi e ricongiungersi nella partita finale. Imbrogli e corruzione fanno infatti precipitare Cruciani dalla Champions agli inferi della terza categoria sarda catapultandolo nell’assurda finale giocata dal Pabarile e dal Montecastru. Durante gli ultimi minuti di gioco, quando tutto, tra invasioni di campo, zuffe e offese, è fuori controllo arriva il miracolo. Il pallone in aria colpisce Cruciani che, accidentalmente, senza muovere un muscolo segna a favore del Pabarile diventando l’idolo e la mascotte della squadra.
Da un punto di vista stilistico, L’arbitro utilizza registri e toni diversi. Il film è una commedia leggera intervallata da punte fortemente drammatiche per poi ritornare al comico. Non si tratta tuttavia di un netto alternarsi quanto di una convivenza tra elementi comici e drammatici, addirittura nella stessa inquadratura. Un esempio su tutti è l’immagine della pecora crocifissa che oltre a rappresentare un monito nei confronti dell’arbitro, diventa la sintesi della doppia anima del film: l’alto per la croce e per il divino e il basso per la pecora e l’immagine grottesca che essa scatena.
In particolar modo Zucca racconta la passione di una comunità chiusa e provinciale che trova nelle piccole gioie di una partita di calcio un sentimento di gratificazione senza mai scadere nel trash o nell’infimo. Per quanto riguarda la descrizione surreale dei personaggi della campagna sarda i modelli di appartenenza sono senza dubbio quelli di Ciprì, Crialese e Sorrentino. Mentre per la regia riferimenti sono al genere western: i campi lunghi, come quelli dei fratelli Coen in Non è un Paese per Vecchi, usati per far emergere gli spazi immensi e aridi del luogo in contrasto con i primi piani che sottolineano le espressioni dei volti alludendo alle pellicole di Sergio Leone. Infine l’utilizzo del bianco e nero aumenta la sensazione di astrazione e dona alla pellicola un’aurea atemporale oggettivando la realtà rappresentata, sublimata in epica.