Qualcuno sta fregando Beppe Grillo. I suoi parlamentari potrebbero avvertirlo
di Pierfrancesco Demilito
Qualche settimana fa, grazie a una “imperdibile” intervista pubblicata dal settimanale Oggi, abbiamo scoperto che Silvio Berlusconi pagava i fagiolini 80 euro al chilo. Una spesa esorbitante che, fortunatamente per il Cavaliere, grazie all’arrivo di Francesca Pascale a palazzo Grazioli è stata prontamente tagliata.
“In molti hanno approfittato di lui” ha spiegato la Pascale commentando la scelta di fare un po’ di pulizia intorno a Berlusconi. Ma Silvio non è l’unico protagonista della politica italiana a diventare vittima di un raggiro. Dunque, certi che ormai i conti di Berlusconi verranno vistati dalla più oculata Pascale, spostiamo le nostre preoccupazioni su Beppe Grillo. Già, perché evidentemente qualcuno sta fregando il comico genovese e quel qualcuno è un avvocato, o qualcuno che si spaccia per tale.
Tutto ha inizio lo scorso 24 ottobre a Trento quando Grillo, in un comizio, ha denunciato come inappropriato l’incontro voluto da Napolitano con i capigruppo della maggioranza, con l’obiettivo di sollecitare un accordo sulla riforma elettorale. La cosa ha mandato su tutte le furie il comico genovese che dal palco ha urlato “Abbiamo dato mandato al nostro avvocato e chiederemo l’impeachment per Giorgio Napolitano”. Affermazione accolta da un’ondata di giubilo nella piazza.
Certo, non sarà come comprare un chilo di fagiolini ad 80 euro, ma pagare un avvocato per un qualcosa che evidentemente non può fare non è certo da tipi svegli. Come non è da illuminati accogliere con esultanza i vaneggiamenti di un comico.
Grillo al momento, in realtà, non è né carne né pesce: non è più semplicemente un saltimbanco ma di sicuro non è neanche un politico, o perlomeno un buon politico, un bravo maestro. Da un buon politico, infatti, ci attenderemmo perlomeno una discreta conoscenza del libro sacro della res publica, ovvero la Costituzione. Nella nostra carta costituzionale, infatti, l’impeachment non esiste.
Esiste, invece, la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica. In caso di alto tradimento o attentato alla Costituzione, l’articolo 90 prevede che il Capo dello Stato “è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”. Gli avvocati dunque non servono a un bel nulla. La procedura è semplice: prima si riuniscono le Giunte di Camera e Senato, poi eventualmente le Camere in seduta comune (che devono decidere con una maggioranza dei due terzi) e poi l’ultima parola spetta alla Corte Costituzionale in composizione integrata. Forse sarebbe meglio che i parlamentari a “cinque stelle” ricordino al loro leader la procedura, almeno loro la Costituzione dovrebbero conoscerla.
Scherzi a parte, dunque, o Grillo conosce la legge e fa volontariamente disinformazione, approssimazione, caos, oppure pretende di guidare il Paese non sapendo assolutamente nulla delle norme che regolano la democrazia in Italia, magari facendosi fregare da qualche avvocato. Delle due, l’una. In ogni caso ci sentiremmo più tranquilli se sapessimo che Grillo è concentrato nell’acquisto dei fagiolini piuttosto che nella scelta della direzione che deve prendere la politica nazionale che, a quanto pare, non è pane per i suoi denti.