Leader si nasce, colti si diventa
Emiliana De Santis
Obama si è laureato in Legge, Cameron in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia, Li Keqiang in Economia e Commercio. Sembrano tutti molti preparati i principali leader mondiali, almeno sotto il profilo scolastico. Perché leader si nasce ma un certo tipo di istruzione aiuta a tirare fuori, se non il carisma, quantomeno la competenza.
Cosa abbiano studiato i principali capi di Stato e di Governo se lo è chiesto la rete, che ha elaborato una mappa in cui ogni colore rappresenta un diverso campo di studi: la maggioranza va al rosa che rappresenta Economia – Dilma Rousseff per il Brasile, Enrique Pena Nieto per il Messico, Stephen Harper, Fredrik Reinfeld e Abdullah Gul rispettivamente per Canada, Svezia e Turchia – e al giallo che identifica Legge – Christina Kirkner in Argentina e Vladimir Putin in Russia – ma non mancano gli outsider come il premier dello Sri Lanka, D. M. Jayaratne, che ha conseguito una laurea in Discipline delle Arti e il primo ministro polacco Donald Tusk che ha studiato Storia all’Università di Danzica. L’Italia su questa carta è di colore marrone, il colore delle Scienze Politiche. Il nostro Premier infatti ha conseguito una laurea in Scienze Politiche con indirizzo internazionale all’Università di Pisa.
Tuttavia in Italia, quella del presidente del Consiglio, è più che altro un’eccezione. Nel Bel Paese infatti, la facoltà che consente ai giovani di uscire e di trovare un lavoro in tempi celeri e con un buono stipendio è Medicina, oltre che Ingegneria, Giurisprudenza ed Economia. I laureati in queste discipline trovano interessanti opportunità lavorative perché escono nella maggior parte dei casi con una mente ben fatta – come sottolinea Edgar Morin, filosofo e sociologo francese teorico del pensiero complesso – flessibile e interdisciplinare, oltre che con una visione multi-prospettica e internazionale dei problemi. Oggi si prediligono le intelligenze multiple, creative, preparate e capaci di riconfigurarsi tatticamente in base alle necessità che di volta in volta sopraggiungono.
Siamo quindi proprio sicuri che una buona laurea sia identificativa di un buon leader? Le qualità che gli sono richieste non necessariamente si imparano in ateneo e attengono soprattutto alla creatività, alla capacità di ascolto e comprensione così come l’affidabilità, la credibilità, la coerenza e l’iniziativa. Secondo Max Weber, economista, sociologo e filosofo e storico tedesco, ciò che caratterizza una leadership carismatica rispetto ad una razionale (e quindi dettata unicamente dall’universalità delle regole piuttosto che dalla personalità del capo) è la presenza di un potere legittimato sulla base delle eccezionali qualità personali di un capo o la dimostrazione di straordinario acume e successo, che ispirano lealtà ed obbedienza tra i seguaci. Il terzo millennio è per sua natura e per il tipo di evoluzione storico-sociale, il secolo dell’autorità razionale in cui tuttavia da un lato di disgregano i pilastri entro cui le norme sono nate, dall’altro torna prepotente la figura del leader carismatico che non agisce fuori dalle regole ma è in grado di interpretarle, comunicarle e diffonderle.
Come diceva Steve Jobs, di sicuro un leader anche se non politico, in fin dei conti ciò che conta è “ [..] avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.