Un viaggio nella storia del tennis: gli Internazionali d’Italia
di Lorenzo Centioni
E’ la notte di natale del 1946, una nave dalla Tunisia viaggia verso Marsiglia in fuga dalla guerra. Tutti cercano di mettersi in salvo e la guerra non aveva fatto distinzioni sociali, anche i nobili Shirinsky erano a bordo di quella nave e fuggivano. Da quella nave scende un ragazzo di 13 anni e giunge a Roma, questo ragazzo non parla una parola di italiano, infatti i bambini romani lo chiamano «Er Francia». Quel ragazzo diverrà il più grande tennista italiano di sempre, vincendo due volte il Roland Garros e due volte gli Internazionali d’Italia. Al Foro Italico sotto l’ombra dei marmi, sta un campo rosso che porta il suo nome: Nicola (Shirinsky) Pietrangeli.
La sua prima finale agli Internazionali, il conte Nic, la vince nel 1957 contro il connazionale Giuseppe Merlo entrambi fondo campisti dal colpo preciso e potente, ma Nic ha qualcosa in più. Gianni Clerici ci racconta del Pietrangeli sedicenne che si divideva tra la racchetta e i calci al pallone, un sedicenne capace di giocare senza i punti di riferimento del campo, un ragazzino sempre giocondo e irrefrenabile, che crede che le righe del campo non siano limiti, ma un disegno, un giocherello da strada. Il conte Nic era irrefrenabile come il suo rovescio. Nel 1961 gli Internazionali si giocano a Torino in occasione della celebrazione del centenario dell’Unità d’Italia. In finale il baldanzoso Nic incontra il giovanissimo Rod Laver e vince in rimonta contro il più grande tennista di tutti tempi. Rod «Razzo» Laver fu l’unico tennista nella storia a vincere due grandi slam consecutivamente, l’inglesino dal capello rosso aveva 12 fratelli tutti tennisti e per la legge dei grandi numeri uno bravino lo sarebbe diventato, bravino o magari il più grande di tutti i tempi.
Nel 1969 Jimi Hendrix suona il manifesto della musica rock con un leggendario riff di chitarra. Gli anni 70′ sono gli anni delle rock star anche sul campo da tennis. Giocatori dal capello lungo e stile di gioco arrembante e la nostra star per eccellenza era Adriano Panatta, uno che ballava il valzer sul campo e con la racchetta dilettava il pubblico con sinfonie di colpi. Poi c’era Guilermo Vilas, il poeta del tennis, contro il quale Panatta vinse a Roma nel 1976. Due anni più tardi Panatta raggiunge nuovamente la finale, ma questa volta ad attenderlo c’era Bjon Borg, lo svedese che faceva impazzire le ragazze di tutto il mondo, il ragazzo dalla chioma dorata che cambiò il tennis, portando gli sponsor sul campo e il campo davanti la telecamera. Panatta perse quella finale al quinto set, giocando un match grandioso. L’azzurro era imprevedibile sul campo, variava continuamente il suo gioco colorando il match con palle corte, passanti e coraggiose corse a rete, ma Borg era il numero 1 e vinse per la seconda volta gli Internazionali d’Italia.
Negli anni 80′ e 90′ i principi del foro italico furono i tennisti sud americani e statunitensi: Vilas, Clerc, Gomez (2 volte), Mancini, Courier (2 volte), Pete Sampras e Guga Kuerten. Ma anche gli europei, soprattutto alla fine degli anni ’80 si sono difesi bene, merito di Noah, Lendl e Wilander, poi negli anni ’90 con i 3 successi di Thomas Muster.
Veniamo poi ai giorni nostri, giorni in cui Roma ha eletto a furor di popolo il suo Re, il Re della terra: Rafa Nadal. Sette volte campione degli Internazionali d’Italia, primo titolo vinto nel 2005 contro Coria, il Maiorchino si aggiudicò il torneo dopo 5 ore di partita massacranti. Un anno dopo Nadal si riconfermò campione dopo aver battuto in finale il numero 1 del tennis Roger Federer, annullando due match point in favore dello svizzero e vincendo quella che è una delle finali più belle di sempre. I due si sono ritrovati nella finale degli Internazionali l’anno scorso, dove nuovamente lo spagnolo si è imposto sullo svizzero, ma che purtroppo non ha ricordato la magia del 2006. Ovviamente il Foro è state anche terra di conquista per Novak Djokovic che si è imposto nel 2008 e nel 2011.
Non resta che gustarci i 71esimi Internazionali d’Italia… che lo spettacolo abbia inizio.
Foto di Mediapolitika