Arti marziali per disabili. Intervista a Matteo Ardit: judo per ipovedenti e non vedenti
di Federica Carbonin
Matteo Ardit, quarantadue anni, ipovedente sin dalla nascita a causa della malattia degenerativa della retinite pigmentosa, è centralinista a Mestre. L’ho conosciuto un anno fa in occasione di una dimostrazione di judo e oggi sono qui ad intervistarlo.
Forse perché definito arte marziale, il judo è poco popolare fra i non vedenti. Hai mai incontrato difficoltà a causa del tuo residuo visivo?
Ho oltre venticinque anni d’esperienza in questo sport, sono convinto sia il più adatto a chi ha difficoltà visive perché si è sempre a contatto con l’avversario. si integra tranquillamente al judo normodotati: possiamo combattere tutti insieme, nessuno si deve adeguare all’altro e non si ha bisogno di alcun tipo di ausilio particolare. È vero che questa disciplina richiede molta precisione, perciò chi non vede o vede poco è svantaggiato, ma è uno svantaggio che si supera. quando il mio maestro spiegava una nuova mossa prendeva sempre me come avversario, così, mentre faceva vedere agli altri, io avevo l’opportunità di sentire direttamente e capire il nuovo esercizio.
Tu dici che non ci sono ausili particolari, ma io ho letto che si usano tatami con segnali sonori o tattili, ne hai mai sentito parlare?
Anni fa sono stati sperimentati tatami che internamente avevano serpentine riscaldate che dovevano consentire il direzionamento a chi aveva problemi di vista. Oggi non ci sono più perché ci si è resi conto che l’atleta non percepiva i segnali mentre combatteva.
Venticinque anni sono molti, come ti sei avvicinato a questo sport?
Ti racconto brevemente la mia storia. Quando frequentavo il Configliacchi, l’istituto per non vedenti di Padova, ho conosciuto Walter Monti, una persona fantastica che mi ha fatto tornare la voglia di vivere. Diventato cieco da poco, non aveva smesso di fare ciò che lo appassionava, il judo appunto. È stato il primo judoka italiano a partecipare alle paralimpiadi dove a Seul nel 1988 ha conquistato la medaglia d’argento. Ho vissuto in prima persona quel traguardo meraviglioso, è lì che il judo ha iniziato ad appassionarmi. Se oggi ho raggiunto importanti traguardi devo ringraziare Walter.
Matteo è cintura nera e affianca i maestri della nazionale non vedenti…
In Italia la Federazione non permette a chi ha problemi di vista di avere il diploma di insegnante perchè in teoria non siamo in grado di soccorrere le persone se si fanno male. I miei ragazzi però mi fanno sentire maestro al pari degli altri.
Bene! Per arrivare così in alto hai dovuto vincere diverse competizioni. È stato tutto semplice sin dall’inizio?
Le difficoltà si trovano nello sport come nella vita, la cosa importante è avere il coraggio di affrontarle nel modo giusto senza mai mollare! le prime volte quando andavo nelle palestre dove non mi conoscevano la gente mi guardava in modo strano perché si rendeva conto che avevo qualche disabilità. Ci si resta male, ma ho saputo reagire dimostrando che questa è una disciplina che chi ha problemi di vista può praticare senza alcun ostacolo. L’unica facilitazione per noi in gara è partire con le prese già effettuate.
Quando si è formata la nazionale judo non vedenti? Ogni quanto tempo vi riunite?
E’ nata nel 1988 subito dopo l’argento di Monti. Oggi la nazionale conta una decina di judoca che provengono da tutta la Penisola. Durante l’anno ognuno si allena nella propria palestra, ci riuniamo ogni tre mesi per combattere insieme. Teodori Valerio, non vedente, di Orbetello, e Cannizzaro Simone, ipovedente, di Brescia, le nostre nuove promesse: entrambi sedici anni e un bagaglio tecnico importante, saranno protagonisti per le qualificazioni delle paralimpiadi di Rio.
Prima di salutarci chiedo a Matteo di spiegarmi l’importanza che le gare hanno nel judo.
Partecipare ai trofei è fondamentale per un judoca perché si confronta con tanti avversari. Si riesce a capire in quale situazione fisica ci si trova perchè la gara è diversa dall’allenamento che si fa ogni giorno in palestra con i propri compagni. Tema caro a qualsiasi disabile è l’integrazione, per questo da molti anni noi gareggiamo con le persone normodotate. È proprio per questo che in quanto nazionale judo non vedenti parteciperemo al Trofeo che il 21 e il 22 giugno si disputerà a Roma, nella palestra Miriade, sita nel quartiere della Romanina. È ufficialmente il Campionato Italiano non vedenti di judo ed è soprattutto momento di integrazione tra disabilità e normodotati.
Sogno di ogni atleta disabile è andare alle paralimpiadi…
Risultato che si ottiene con sacrifici e duro allenamento. Solo gareggiando l’atleta acquisisce sicurezza ed esperienza necessarie per affrontare le competizioni internazionali più importanti.”