Berlusconi assolto, una boccata d’ossigeno per l’antiberlusconismo
Che sollievo. È arrivata la sentenza della Corte di Appello di Milano sul processo Ruby. È arrivata un’assoluzione per Berlusconi, una tregua per lui, il suo partito, la sua gente e per quella fetta piuttosto ampia del Paese che del Cavaliere non può proprio fare a meno. Se esiste un’eredità deleteria lasciata all’Italia dal berlusconismo, più dei falchi, più della cultura televisiva del Biscione, più della personalizzazione della politica, più del malgoverno (forse), quella è l’antiberlusconismo.
Per mesi i feticisti del No Cav hanno vagato senza meta, insoddisfatti dello scenario che li circondava, persino del carro pentastellato sul quale sono saltati dopo l’arretramento politico, mediatico ed elettorale dell’ex premier. Fino a venerdì, fino alla sentenza d’appello del processo Ruby. L’assoluzione, ancor più di un’ipotetica condanna, ha restituito loro il sorriso e la visibilità persa di recente. I click e le condivisioni sui social, dove basta gridare allo scandalo o mettere alla prova il proprio humour sul bunga bunga per autocollocarsi tra i giusti, sono schizzati alle stelle come ai tempi d’oro dei governi Berlusconi. Gli ultras delle toghe, quelli che nello scontro tra politica e magistratura – da molti disconosciuto ma, purtroppo, esistente – non perdevano tempo a sacrificare il garantismo di cui noi italiani dovremmo essere insegnanti in nome del monoteismo della questione morale, sono rimasti esterrefatti. Ma come, i giudici assolvono Berlusconi? Il bunga bunga non è prostituzione minorile? La chiamata in questura non è concussione? È assurdo.
A venire in soccorso di chi voleva rimanere tra i giusti senza addentrarsi nei meandri della dottrina e del codice penale ci ha pensato Marco Travaglio. Ve lo ricordate Travaglio? Quello a cui Berlusconi aveva pulito la sedia e che senza Berlusconi era finito a sciorinare consigli al M5S seguito da pochi fedelissimi seguaci. Ospite di Mentana a Bersaglio Mobile ha dato del somaro e dell’ignorante a Giuliano Ferrara dopo aver spiegato che «non si può comprendere questa sentenza senza ricordare che la normativa per il reato di concussione è stata modificata da Pd e Pdl con il voto della legge Severino che prevede sia provato anche un indebito vantaggio per il concusso». Ferrara, giurista tanto quanto il collega del Fatto, ha risposto a suo modo, urlando e sbraitando. Travaglio e la sua redazione sostengono quindi la tesi del salvataggio a tavolino tramite lo “spacchettamento” del reato di concussione orchestrato dalle larghe intese con la legge anticorruzione del 2012.
Decisamente più chiaro e dettagliato è stato l’approfondimento del giurista Carlo Federico Grosso pubblicato sabato sulle pagine de La Stampa. L’ordinario di diritto penale ha spiegato che in primo grado Berlusconi «era stato condannato per concussione perché avrebbe “costretto” un funzionario di polizia a consegnare Ruby ad una persona alla quale essa, minorenne, non avrebbe potuto essere consegnata, e per prostituzione minorile perché avrebbe avuto consapevolmente rapporti sessuali con una minorenne. La Corte di Appello ieri ha assolto l’imputato dalla prima imputazione “perché il fatto non sussiste”, dalla seconda imputazione “perché il fatto non costituisce reato”. […] La concussione “non sussiste”, è stato decretato. Ciò significa che secondo i giudici l’intervento di Berlusconi, nella famosa serata nella quale egli si è messo in contatto con la Questura di Milano, inviando la fida Minetti a recuperare la ragazza trattenuta in un ufficio di polizia, non ha avuto alcuna valenza “costrittiva” (violenza o minaccia), come esige invece l’art. 317 c.p. che prevede il delitto di concussione (riconosciuto esistente dal giudice di primo grado). La Corte, esclusa la “costrizione”, avrebbe potuto comunque riconoscere l’esistenza di una “induzione indebita” rilevante ai sensi del nuovo art. 319 quater c.p. (si tratta del reato previsto dalla c.d. riforma Severino, nel quale è stata fatta confluire l’originaria concussione per induzione, che con riferimento alla posizione dell’induttore – salva la pena minore – è assolutamente identico alla fattispecie originaria di concussione per induzione, e risultava pertanto, in astratto, sicuramente applicabile nel caso di specie)».
Pertanto, l’impianto accusatorio della Procura Generale di Milano è crollato non perché sono cambiate le regole a partita in corso, ma perché i pm – e non è certo la prima volta – possono sbagliare, anche quando si tratta di Berlusconi. La buona notizia per i professionisti dell’antiberlusconismo è che ci sarà il ricorso in Cassazione, poi il Ruby ter, poi il caso escort di Bari, poi il processo sulla compravendita dei senatori, poi la continuazione del lodo Mondadori. Insomma, ci sarà ancora da lavorare.