Tagli alla sanità, cosa accadrebbe nelle Asl?
Spending review, spending review, spending review. E’ il leit motiv che accompagna ormai qualsiasi settore pubblico ed in particolare quando si parla di sanità e qualsiasi documento o atto di programmazione non può scampare agli obiettivi di efficientamento e riorganizzazione anche se ormai per gli italiani questo anglicismo ha un’unica lettura o traduzione che dir si voglia: tagli orizzontali per far rientrare prepotentemente entro i ranghi una spesa fuori controllo che ha prodotto, di fatto, un sistema sanitario non più universalistico ed egualitario solo sulla carta. In queste ultime due settimane però si è forse raggiunto l’apice. Le dichiarazioni del premier Renzi disposto al tutto per tutto pur di trovare le coperture per la finanziaria 2015 (stiamo parlando di 20 miliardi) hanno di fatto messo in discussione il Patto per la Salute sottoscritto dalle regioni con grandi difficoltà qualche mese fa, paventando un taglio del 3% del FSN. Dopo l’immancabile putiferio che si è sollevato, il ministro Lorenzin ha ovviamente allontanato lo spauracchio di un taglio da 3 miliardi promettendo dalla spending review in sanità 900 milioni di risparmi e atterrando qualche giorno dopo a proporre una riduzione di 40 milioni del budget di un miliardo assegnato al suo dicastero. Considerazioni politiche a parte ciò che emerge da tutto questo susseguirsi di dichiarazioni, frenate, conti, proposte e annunci è un semplice quesito: quanto incidono concretamente sui servizi, sul personale, sulla gestione quotidiana dell’acquisto di beni e servizi le manovre o i tagli in una azienda sanitaria locale? Tanto verrebbe da dire, a ciascuno di noi, per esperienze vissute sulla propria pelle in ospedali e Pronti Soccorso. Ma ovviamente il problema ha più di una sfaccettatura rispetto al primo impatto che il cittadino qualunque può avere “entrando in contatto” con la sanità pubblica da solo lato dei servizi offerti. Per approfondire e cercare di capirne di più siamo andati a cercare chi questi conti, nel senso letterale del termine, ha a che fare tutti i giorni. Siamo andati alla Asl Roma A, l’azienda sanitaria locale del centro storico della Capitale, con una popolazione di oltre 500mila abitanti, bilancio in attivo nell’ultimo triennio, un ospedale monospecialistico, due presidi territoriali e vocazione marcatamente territoriale dei servizi. Un’azienda che negli ultimi anni, dopo la chiusura nel 2009 dell’ospedale San Giacomo (quello in via del Corso) e della riconversione del Nuovo Regina Margherita, ha saputo reinventarsi più volte, concentrando le proprie attività sui distretti e nei presidi altamente specializzati, recuperando oltre 100 milioni in un triennio, 36 milioni di attivo realizzati nel 2012 ed un tendenziale 2013 che confermerà il trend avviato. Facciamo qualche domanda al Direttore Amministrativo della Asl Roma A Alessandro Moretti.
Direttore la Asl Roma A ha i conti in ordine e di questi tempi significa andare in controtendenza. Come si fa ad avere i conti in ordine e allo stesso tempo offrire ottimi servizi se non addirittura migliorarli. Siete più bravi rispetto agli altri?
Questi dati dimostrano che invertire la rotta è possibile. Abbiamo recuperato milioni di euro da varie voci di bilancio quali gli affitti, trasferendo attività e servizi in stabili di nostra proprietà o ad esempio rinegoziando i contratti di beni e servizi tagliando i costi del 15%. Abbiamo lavorato su voci importanti quali la “protesica” senza tagliare sul fabbisogno ma sullo spreco della macchina organizzativa. Così facendo abbiamo recuperato il 7,5% dei costi il primo anno (750mila euro) e ad oggi stimiamo che questa spesa sia ancora limabile di circa il 5%, (circa mezzo milione di euro). Tutte risorse che sono state reinvestite e investiremo nell’offerta di servizi al cittadino.
Direttore, da parte abbiamo i governatori delle Regioni più virtuose in sanità che minacciano uno sciopero fiscale, dall’altra il Ministro Lorenzin assicura conti alla mano che dalla sanità non potranno uscire più di 1,5 miliardi di euro di risparmi altrimenti i Lea sono a rischio. La Asl Roma A è l’azienda sanitaria locale del centro della capitale con un offerta di servizi sul territorio molto cospicua. Qual è la situazione e cosa accadrebbe con questi ulteriori tagli?
Innanzitutto dobbiamo aspettare di capire la reale entità dei tagli per entrare concretamente nel merito. Ragionando per astratto se dovessero essere quelli apparsi sulla stampa metterebbero in oggettiva difficoltà l’offerta di salute ai cittadini. Il problema più concreto è che un ulteriore pesante taglio in mancanza di un progetto articolato di riorganizzazione della sanità nel suo insieme porterebbe solo a disservizi per i cittadini: solo ripensando al modello organizzativo territorio/ospedale si potrà dar vita ad un efficientamento del SSN.
Il premier Renzi è convinto che si possa fare di più e che nella sanità si annidano sprechi ed inefficienze. Tra le tante soluzioni prospettati oltre ai costi standard ci sono le centrali uniche per gli acquisti, insomma per farla breve gare centralizzare e controllate. Quanto sono efficaci in termini di razionalizzazione e risparmio strumenti di questo tipo ?
Le centrali d’ acquisto sono una bella idea sulla carta ma hanno un terribile nemico, lo Stato! Se consideriamo che tra procedure burocratiche aggiudicazione e ricorsi passano circa 30 mesi in media, direi che abbiamo un bel problema in casa sotto al tappeto. Mi viene in mente un vecchio adagio cinese: “per cambiare, per diventare un’altra cosa dobbiamo prima sapere cosa siamo”.
Tornando agli sprechi sicuramente c’è da fare e da lavorare ancora tanto ma credo che la cosa più importante osservandoci in questa congettura è che non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo finale: la priorità sono i servizi al cittadino.
Il nostro sistema sanitario è stato concepito come universalistico e all’inizio ovviamente ha privilegiato l’efficacia muovendosi in un sistema paese completamente diverso. Con il tempo, come avviene in una qualsiasi azienda o organizzazione complessa che si evolve si sarebbe dovuta perseguire l’efficienza gestionale; ma questo tipo di percorso nel nostro paese non è stato fatto per tutta una serie di motivi che descriverli sarebbe un’operazione lunga e infruttuosa che non cambierebbe la realtà. Di sicuro quello che posso dire è che non è certo un taglio orizzontale e generalizzato a consentirci di recuperare anni di cattiva gestione: dobbiamo imparare a dare profondità alle cose se vogliamo davvero cambiarle.
Tra le voci di bilancio più pensanti c’è sicuramente la spesa farmaceutica ospedaliera. L’Aifa con l’ultimo rapporto lancia un allarme rosso. Nel primi sei mesi del 2014 si è registrato lo sforamento del 4,77% del tetto programmato (3,5% del Fsn). Un disavanzo di ben 7447,7 mln che, da solo, raggiunge quasi l’intera quota di 765 mln registratasi nell’intero 2013. Direttore come dicevamo poco fa la Asl Roma A è un’azienda sanitaria molto particolare “vocata” all’assistenza territoriale: i farmaci ospedalieri sono una voce importante anche del vostro bilancio? E’ aumentata così tanto la spesa anche da voi?
Nel nostro caso, essendo appunto un’azienda prevalentemente territoriale la farmaceutica ospedaliera non rappresenta una voce rilevante. Il dato è comunque un ottimo spunto di riflessione e va detto nel Lazio qualcosa sul fronte della spesa farmaceutica ospedaliera si sta facendo. Negli ultimi cinque anni si e’ investito molto nella distribuzione per conto, la nostra Asl è capofila per Roma e provincia e abbiamo ottenuti buoni risultati nella diminuzione della spesa in farmaceutica convenzionata. Certo c’è ancora molto da fare soprattutto sul versante delle prescrizioni e del controllo dei grandi prescrittori ma anche qui va detto che non si possono vincere le guerre arretrando sempre: qualche battaglia si ma alla fine si rischia di soccombere, un sistema che vuole essere virtuoso e compiuto deve investire nei controlli oltre che operare tagli mirati alla spesa, solo facendo questo si potrà porre rimedio a tante distorsioni del sistema.
Se la spesa farmaceutica aumenta dall’altra dati rassicuranti provengono dall’ultimo rapporto annuale basato sulle Sdo pubblicato dal ministero della Salute sul proprio sito: ricoveri in calo del 4% in Italia nel 2013 e per la prima volta da molti anni sotto quota 10 milioni. Spesa in discesa, da 29,6 a 29,1 miliardi di euro e più appropriatezza. Cosa c’è dietro questo dato?
C’e’ appunto quello che dicevamo prima, una riorganizzazione del sistema in grado di dividere la gestione del cronico da quella dell’acuto con indubbio beneficio per i conti pubblici. Il problema e’ che ancora questo trend di riorganizzazione e miglioramento è a macchia di leopardo, lasciato alle intuizioni di qualche manager avveduto o di qualche regione più virtuosa: quello che manca e’ un quadro di insieme in grado di far marciare tutto il sistema alla stessa velocità. Dobbiamo iniziare a far virare la nave nel suo insieme, questo e’ un paese che ha bisogno di cambiare direzione e non di continuare ad essere sospinto faticosamente in salita, ma credo che il governo di questo ne sia consapevole e abbia messo le nuove coordinate di viaggio tra le sue priorità assolute.
(di Matteo Marinaro)