Amarcord. La Fiorentina di Trapattoni e Batistuta, quando a Firenze si parlò di scudetto
Batisuta e Trapattoni più emozionanti della Galleria degli Uffizi? Non una bestemmia per i fiorentini tifosi della Fiorentina che legano a questi due nomi una delle pagine più belle e romantiche della recente storia viola. Non ha vinto nulla quella squadra, non ha nemmeno lottato contro l’odiata Juventus o contro gli agguerriti rivali regionali, i vari Pisa, Livorno e Siena. Eppure quel campionato 98-99 a Firenze lo ricordano come storico e coinvolgente, anche se a conti fatti quella favola è durata in pratica lo spazio di un autunno.
Nell’estate del 1998 ci si aspetta un rinnovato duello tra Juventus ed Inter in chiave scudetto, dopo la sfida al veleno dell’aprile precedente, Iuliano che frana su Ronaldo, l’arbitro Ceccarini che fa finta di niente, Gigi Simoni che perde le staffe, e il tricolore che finisce a Torino fra un’onda di polemiche che si trascina per tutta l’estate, interrotta solo dai mondiali francesi. Ma per la stagione 1998-99 ci si aspetta moltissimo anche dalla Lazio e dal Parma che hanno speso decine di miliardi, dalla Roma di Zeman e dal nuovo e giovane Milan di Zaccheroni che è reduce dalle due annate peggiori dell’era Berlusconi. Dalla Fiorentina, invece, ci si aspetta al massimo una qualificazione alla Coppa Uefa, nonostante in panchina sia arrivata una vecchia volpe come Giovanni Trapattoni. In campo c’è un portiere in grande ascesa come Francesco Toldo, un centravanti fra i più forti del momento, Gabriel Batistuta, un regista dai piedi sopraffini come Manuel Rui Costa. Per il resto tanti gregari, dal terzino tedesco Jorg Heinrich, al libero Firicano, dal centrocampista Cois all’attaccante ex Empoli Carmine Esposito. Ci sono poi Angelo Di Livio e Moreno Torricelli, due ex odiati juventini che ci mettono poco, grazie a grinta e carattere, a diventare idoli della Fiesole. C’è poi il brasiliano Edmundo, punta brasiliana dotata di grande talento ma pure di un carattere che definire difficile è poco. Non a caso in patria lo chiamano ‘O Animal’.
Le velleità della Fiorentina escono fuori subito e fanno un rumore assordante: prima giornata, 2-0 all’Empoli, seconda giornata, 2-1 a Vicenza, terza giornata, 3-1 a San Siro contro il Milan grazie a tre sberle di Batistuta, quarta giornata, 1-0 all’Udinese con rete proprio dell’animale Edmundo nei minuti di recupero. Dopo 4 giornate la Fiorentina è sola in testa a punteggio pieno, l’Italia si ricorda di Firenze, riscopre il colore viola e la squadra di Trapattoni diventa la prima ad essere nominata nelle trasmissioni sportive della domenica. Non accadeva da anni. Alla quinta giornata arriva il primo stop: a Roma i viola segnano subito con Batistuta (5 gol in altrettante partite), poi resistono, anche se la Roma non fa granchè; fino a ridosso del 90′ quando i giallorossi capovolgono tutto ribaltando il risultato con Alenitchev e Totti: 2-1. Ci si aspetta un calo dalla Fiorentina che invece una settimana più tardi fa un sol boccone della malcapitata Salernitana, travolta al Franchi per 4-0. I viola continuano a veleggiare in testa alla classifica, alternando grandi prestazioni casalinghe dove ottengono 10 vittorie consecutive, a più opache uscite in trasferta, come il 4-2 subìto a Piacenza o lo scialbo 0-0 di Bari. Il Franchi è però come detto una roccaforte: vi cade l’Inter 3-1, l’ottimo Bologna di Mazzone che arriverà sino alle semifinali di Coppa Uefa, e soprattutto la Juventus, sconfitta da un bolide di testa di quel Batistuta che è l’assoluto dominatore della classifica dei marcatori di serie A. La penultima giornata di andata si rivela nerissima per i gigliati che cadono 2-0 per mano della Lazio che ha recuperato gli infortunati Nesta e Vieri e si sta avvicinando a grandi falcate alla testa della classifica. Si arriva così al giro di boa, la Fiorentina ospita il Cagliari e deve vincere per laurearsi campione d’inverno. Non è una partita facile, i viola vanno avanti ma il Cagliari reagisce e si porta addirittura in vantaggio; la reazione dei toscani è impressionante per cattiveria e determinazione: Batistuta fa 3 gol di rabbia, il pubblico impazzisce e comincia ad urlare a squarciagola invocando lo scudetto. La Fiorentina è campione d’inverno, la città è elettrizzata, confida su una squadra umile e compatta, su un centravanti nel pieno dell’esplosività fisica e su un allenatore esperto e navigato che in carriera di scudetti ne ha vinti tanti e in quel momento poco importa se la maggior parte li ha conquistati con lo stemma bianconero cucito sulla giacca.
Alla prima di ritorno la Fiorentina segna 3 gol all’Empoli negli ultimi dieci minuti, poi batte con lo stesso risultato il Vicenza in casa e si appresta alla supersfida del Franchi contro il Milan che con la Lazio sta tallonando i viola minandone il primato. Lo stadio è esaurito quella domenica 7 febbraio del 1999, il pubblico è sicuro di una squadra che in casa ha solo vinto. Ma quel Fiorentina-Milan sarà la fine del sogno, l’inizio della discesa. La partita è spigolosa, Costacurta si becca un giallo dopo neanche un minuto per una brusca randellata sulle caviglie di Edmundo, ma la Fiorentina fa fatica a fare gioco, anzi, è il Milan a prendere il predominio della gara. Nella ripresa il copione non cambia, Boban e Bierhoff hanno sui piedi e sulla testa più volte la chance di portare avanti il Diavolo, ma sbagliano mira. A dieci minuti dalla fine la Fiorentina parte in contropiede, Batistuta scatta palla al piede, poi all’improvviso salta innaturalmente su una gamba e si accascia al suolo sofferente. Esce in barella e in lacrime, lo stadio è gelato. Fiorentina-Milan finisce 0-0, la serie di vittorie casalinghe si interrompe, ma è forse la notizia meno pesante per il popolo viola, in ansia per le condizioni del suo centravanti. Il responso non è buono: stiramento del legamento collaterale del ginocchio, almeno un mese di stop. In più, dato che al peggio non c’è mai fine, scoppia la grana Edmundo che insiste per andarsene una decina di giorni in Brasile, al carnevale di Rio. La società prova a convincerlo a rimanere, soprattutto per la contemporanea e forzata assenza di Batistuta, ma il brasiliano, forte di un accordo precedente con la dirigenza e poco avvezzo al sacrificio, sale sull’aereo per Rio ed allargando uno strappo con Firenze che poco lo ha amato sin dall’inizio. Gli effetti della duplice assenza in attacco sono devastanti per la Fiorentina che nell’ordine perde a Udine, fa 0-0 in casa con la Roma, 1-1 a Salerno, prima di battere a fatica il Parma e di soccombere 4-1 a Venezia in quello che per molti è il capolinea del sogno viola. Carmine Esposito e Anselmo Robbiati fanno quello che possono in attacco, ma spesso è solo un po’ di solletico alle difese avversarie. La mancanza di un uomo d’area si fa sentire eccome, la difesa, già non solidissima e senza un vero leader carismatico, soffre e subisce attacchi e gol a ripetizione. Alcuni ingranaggi che ad inizio stagione funzionavano alla meraviglia si sono inceppati e la macchina sobbalza pericolosamente, mettendo pure a rischio il quarto posto che da quella stagione in poi vale l’accesso ai preliminari di Coppa Campioni.
Batistuta torna in campo e torna a far gol (chiuderà a quota 21 ad una sola rete dal capocannoniere del torneo, l’udinese Amoroso), ma gli servono 2-3 partite per riprendere la forma ottimale. Lo scudetto, intanto, è un discorso fra Lazio e Milan, e alla fine premierà i rossoneri di Zaccheroni. La Fiorentina continua a stentare, perde a Milano contro l’Inter, pareggia in casa col Bari, cade fragorosamente a Bologna, viene sconfitta dalla Juve, riuscendo a riprendersi solo nelle ultime giornate grazie ad una goleada sul Perugia e ad un paio di pareggi che consolidano il terzo posto dei viola, comunque miglior risultato degli ultimi anni. La doppia finale di Coppa Italia contro il Parma, persa solo per differenza reti, è l’emblema della stagione della Fiorentina: bella, sfortunata ed incompleta.
Gli anni duemila, dopo il fallimento di Cecchi Gori e la serie C2 della Florentia Viola, sono ricchi di soddisfazioni con tanta Europa e tanto rinnovato entusiasmo, grazie ai tecnici Prandelli e Montella, grazie alla proprietà dei fratelli Della Valle. Ma gli ultimi a far sognare lo scudetto a Firenze sono stati Trapattoni e Batistuta, l’ultima Fiorentina da primato è stata quella con targa 98-99.
(di Marco Milan)