Anime nere, il realismo “sporco” di Francesco Munzi
Ispirato all’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco del 2008, il film di Munzi, in concorso a Venezia 71°, presenta un agghiacciante affresco dell’ndrangheta e dei suoi rapporti tra Milano e il paesino di Africo sulle vette dell’Aspromonte.
Anime nere assume la forma della tragedia greca per raccontare la storia di una famiglia i cui rapporti sono dilaniati nel profondo.
La famiglia è composta da tre fratelli, tre diverse “anime” che condividono lo stesso destino.
Luigi, il più giovane, è un trafficante internazionale di droga, Rocco ricicla il denaro sporco di Luigi e fa l’imprenditore a Milano e Luciano, il maggiore, vive ad Africo, si occupa del bestiame e rifiuta i loschi affari dei fratelli.
La molla che fa precipitare l’azione e che riporta Luigi e Rocco nel paesello natio è Leo, il figlio turbolento e scapestrato di Luciano che, al contrario del padre, scalpita per mettersi in affari con lo zio Luigi.
A causa di una serie di sgarbi e litigi tra i clan più potenti di Africo, Luigi, Rocco e Luciano diventano attanti di una faida inter-familiare che avrà esiti disastrosi.
Anime nere risente dell’influenza documentarista, i paesaggi dell’Aspromonte evocano un richiamo ancestrale a un tempo e a vendette di un passato nero che riemerge sempre di più, man mano che Rocco e Luigi si avvicinano (anche fisicamente) alla Calabria.
Il paesaggio del film è catturato dalla macchina da presa con estremo realismo e risente di uno stile di regia sporco, crudo che non lascia spazio a nessun tipo di onirismo.
I naturali paragoni con i relativi Garrone, Ciprì.. si limitano soltanto alla materia trattata, quella della delinquenza e in generale dei rapporti con le mafie.
Nel film di Munzi la narrazione è serrata, ogni azione (o sarebbe il caso di dire ogni morte) porta ad un’altra senza stacchi che fanno riprendere fiato allo spettatore.
La linfa di cui si nutre anime nere è quella del tocco autoriale che non rinuncia ai silenzi, alla scelta insistente dei primi piani e alla lavorazione -come si è detto- sul paesaggio che diventa simbolo e presagio di morte e vendetta.
Il viaggio di Luigi e Rocco si presenta, dunque come una lenta e inesorabile discesa negli inferi di una tradizione che non lascia scampo per nessuno.
Anime nere scava, con sguardo aperto e consapevole la cultura dell’ndrangheta e il regista si affida alla veridicità e alla sincerità della storia di Criaco.
Il film -come afferma il regista- combina l’approccio realistico-sociologico del romanzo con un taglio epico, quasi shakespeariano dato che la frattura più drammatica si compie all’interno della famiglia dei protagonisti.
(di Annalisa Gambino)