Tutti contro Genny ‘a carogna, così è troppo facile
«Un anarchico privo delle più elementari capacità comunicative che usa solo la violenza come mezzo». No, non stiamo parlando di Beppe Grillo. Un uomo che «ha agito, quale capobranco cui gli altri attribuiscono, per istinto primitivo, carisma e superiorità di posizione, in perfido e attivo disconoscimento sia della sensibilità civile sia dell’autorità della legge». Sbagliato, non si tratta neanche di Silvio Berlusconi. Il soggetto descritto con queste dure e sprezzanti parole è Genny ‘a carogna, il nemico numero uno dello Stato dallo scorso 3 maggio. Ci scuseranno grillini e forzisti per l’audace quanto provocatorio parallelismo, ma se esiste in Italia qualcuno che può considerarsi oggetto di accanimento mediatico e persecuzione giudiziaria, più che Grillo e il Cavaliere, quello è Gennaro De Tommaso.
L’ultrà napoletano è stato arrestato dagli agenti della Digos per resistenza a pubblico ufficiale e per le violenze avvenute all’esterno dello stadio Olimpico in occasione della finale di Tim Cup. I reati contestatigli si aggiungono alle violazioni che già gli sono valse un Daspo di 5 anni riguardanti la legge sullo scavalcamento e invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive e le norme su striscioni o cartelli incitanti la violenza o recanti ingiurie o minacce, in relazione alla maglietta con la scritta «Speziale libero». Da lunedì scorso Genny ‘a carogna è ai domiciliari e, a giudicare dalle parole utilizzate dal gip di Roma nelle motivazioni del provvedimento che ha portato all’arresto, la brava gente del nostro Paese può dormire sonni tranquilli. Per le strade e negli stadi per un po’ non ci sarà più quell’«anarchico», quel «capobranco» con quel «perfido» atteggiamento di «negazione dell’autorità». Se esistesse uno strumento di misurazione della violenza verbale il gip di Roma sarebbe un teppista in preda al suo «istinto primitivo».
Dalle motivazioni dell’arresto scopriamo anche che «non ci fu trattativa con la polizia. De Tommaso ha avuto un comportamento di negazione dell’autorità tanto che chiese di parlare solo con il capitano del Napoli». Quindi, gli uomini con l’aspetto di agenti della Digos con cui il capo ultrà napoletano confabulò a lungo seduto a cavalcioni sulla balaustra della curva sud non erano agenti di polizia. Oppure, in caso contrario, la conversazione non ha assunto i contorni della trattativa. Ma allora, di cosa stiamo parlando? Il fiato e l’inchiostro spesi per l’indegna trattativa Stato-ultrà si sono rivelati sprecati? E soprattutto, quali sono le vere motivazioni trovate in mesi di indagini dalla Digos romana e partenopea per colpire un uomo diventato simbolo dell’eversione contro lo Stato?
A spiegarci come sono andate le cose ci pensa la Questura di Roma che tramite il proprio profilo facebook ha diffuso un video che dovrebbe evidenziare come De Tommaso abbia «di fatto coordinato ogni iniziativa, evidenziando la sua indiscussa leadership e, quindi, una altrettanto evidente responsabilità negli episodi illeciti che si sono concretizzati in quella circostanza». Il video è stato ben presto ripreso dai media nazionali come “Il video che incastra Genny ‘a carogna”, gli stessi media che hanno occupato i desolanti spazi estivi con la notizia del ritiro della patente del tifoso napoletano.
A ben vedere, però, le immagini mostrano – tra la nebbia dei fumogeni e i caschi degli agenti di polizia – pochi secondi di tensione e qualche volto coperto. De Tommaso viene ripreso solo mentre guida un gruppo di tifosi coordinandone i cori. Sia chiaro, non è nostra intenzione discutere o smentire le indagini effettuate, sarebbe quantomeno presuntuoso. Né facciamo fatica ad immaginare il capo ultrà napoletano mentre partecipa ai disordini. Ma ci paiono evidenti l’accanimento mediatico e la battaglia condotta dallo Stato nei confronti di un uomo che, manco a dirlo, in una disputa ad armi impari, è sconfitto in partenza.
(di Fabio Grandinetti)