Terzo settore, il valore economico e sociale del volontariato
Il lavoro volontario, inteso come l’insieme di attività gratuite a beneficio di altri o della comunità, può essere misurato con indicatori e standard internazionali, al pari del lavoro retribuito. A dimostrare l’utilità dei risultati, in termini di comparabilità, è l’indagine condotta da Istat, CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) e Fondazione Volontariato e Partecipazione nel 2013 e riproposta il 2 dicembre in occasione del convegno “Il valore economico e sociale del lavoro volontario” organizzato dall’Istituto Nazionale di Statistica.
L’attualità della ricerca, è stata sottolineata dal sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Luigi Bobba, nei giorni alla Camera dei deputati è approdata la “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” e alla vigilia della Giornata internazionale del Volontariato, temi su cui si è soffermato anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, dichiarando che “sul Terzo settore si misura la credibilità della politica”.
Fin dall’Indagine Multiscopo sulle famiglie del 1993, l’Istat ha indagato le attività volontarie, inserendo quesiti sull’associazionismo e la partecipazione sociale, nel Censimento non profit del 2011 e nel 2013 con il report “Attività gratuite a beneficio di altri”, prima rilevazione sul lavoro volontario armonizzata agli standard internazionali del Manuale sulla misurazione del lavoro volontario pubblicato dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro). Grazie al progetto MESV (Misurazione del valore Economico e Sociale del lavoro Volontario), è stato possibile stabilire quanto il volontariato incida sull’economia, aprendo un confronto fra rappresentanti della società civile, ricercatori e decisori pubblici, come ha sottolineato il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva.
Il profilo dei volontari in Italia – Gli italiani che dedicano tempo agli altri sono 6,63 milioni, il 12,6% della popolazione: 4,14 milioni di cittadini svolgono la loro attività in un’ organizzazione o in un gruppo e 3 milioni si impegnano in maniera non organizzata. A livello territoriale, nel nord-est si registra il tasso di volontariato totale più elevato (16%). Dall’indagine emerge una forte relazione tra volontari, grado di istruzione e situazione economica: gli studenti sono i più impegnati nel volontariato (9,5%), gli occupati sono i più attivi (9,1%), i laureati primi in classifica per titolo di studio (13,6%).
Tra i volontari organizzati, prevale chi è mosso da finalità religiose (32,1%), seguiti dai professionisti dell’assistenza (26,8%) e da chi opera in attività ricreative e culturali (13,5%). Più della metà di chi fa volontariato individuale presta aiuto informale tra persone conosciute (55,1%) e per il 18,6% il lavoro sconfina nel volontariato. Marco Musella docente dell’Università Federico II di Napoli, ha messo in evidenza, come anche in tempo di crisi, il volontariato faciliti l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, favorendo, inoltre, l’incremento di competenze trasversali sempre più richieste in ambito professionale.
Motivazioni e ricadute personali – Spendere gratuitamente il proprio tempo per gli altri incide sul benessere soggettivo. Infatti, rispetto al resto della popolazione, i volontari organizzati hanno più fiducia negli altri (35,6% vs. 20,9%) e nelle istituzioni (24,46% vs. 20,8%), sono più soddisfatti della propria vita (46,8% vs. 35%) e più ottimisti verso il futuro (30,3% vs. 24%). Passando alle motivazioni, quasi la metà dei volontari (49,7%) è spinta dall’impegno a far fronte a bisogni non soddisfatti e opera a favore della comunità e dell’ambiente. Il 51,6% dei volontari ha allargato le proprie reti sociali, il 51,3% ha sviluppato una coscienza civica e politica e il 49,6% si sente meglio con se stesso, un senso di benessere riscontrato soprattutto nei volontari in campo religioso.
Passando dai dati alle esperienze, il presidente del CSVnet, Stefano Tabò, ha sottolineato l’importanza dei corpi intermedi per la tenuta della democrazia, che generano fiducia contro l’apatia civica. Un’analisi condivisa anche da Pietro Barbieri, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, che ha ribadito l’importanza di dare al lavoro volontario un valore economico. “Una sfida in un’ottica di sostenibilità”, ha rimarcato Saverio Gazzelloni dell’Istat, affinché “il volontariato possa essere considerato un capitale – umano, sociale ed economico – da garantire e preservare per le generazioni future”.
(di Elena Angiargiu)
Fonte immagine: www.gioventu.org