La vittoria di Shinzo Abe: l’avvento di un nuovo Giappone
I manga, il sushi, Haruki Murakami: potrebbero essere tre elementi che sublimano l’idea di Giappone nella quotidianità occidentale. Disastri naturali e invenzioni tecnologiche d’avanguardia: le principali motivazioni per le quali lo ritroviamo protagonista dei notiziari nostrani. Ovviamente il Giappone è molto di più, ma racchiude ancora una cultura lontana e sconosciuta che lo rende impenetrabile all’assimilazione da parte dell’ovest del mondo, se non attraverso singole estrapolazioni che divengono parte della moda e del costume e creano assuefazione popolare a pratiche in passato sconosciute. Molto probabilmente è per questo che la notizia della conferma di Abe alla guida del governo giapponese non ha suscitato la curiosità dei più. Eppure stiamo parlando della terza economia del mondo in termini di PIL nominale e la quarta in termini di potere d’acquisto e dell’unico Stato asiatico membro del G7 e del G8.
“Sole” e “origine”. Questi i caratteri (日本 ) che compongono Nihon, ovvero Giappone. La “Terra del Sole nascente” posta a Est della Cina, deve a tale posizione geografica la sua etimologia grazie proprio al popolo cinese. È una monarchia parlamentare ma invece di un re ha un imperatore (“sovrano celeste”), l’unico al mondo a potersi fregiare di questo titolo. L’attuale sovrano è Akihito, salito al trono del crisantemo nel 1989 (appellativo del trono imperiale). Il potere legislativo è affidato alla Dieta composta dalla Camera dei rappresentanti (camera bassa) e dalla Camera dei consiglieri (camera alta), la carica imperiale ha un valore espressamente simbolico come stabilito dalla costituzione del 1946.
Politica interna. Attualmente i principali partiti giapponesi sono il Partito Liberal Democratico (LPD o Jimintō) di tendenza conservatrice e il Partito Democratico, di orientamento socialdemocratico e progressista. I conservatori sono stati alla guida del Giappone dal 1955 al 2009, accumulando più di cinquant’anni di egemonia incontrastata salvo che per il biennio 1994-’96. Nel 2009 il Jimintō subisce una cocente sconfitta, regalando la leadership agli avversari.
Ma gli interventi poco efficaci contro la crisi finanziaria, il superamento economico della Cina, l’incapacità nel mantenere un esecutivo stabile e l’inadeguatezza nella gestione del disastro nucleare di Fukushima, portano i democratici a perdere 10 milioni di voti e alle elezioni anticipate del 2012 il centro-destra torna al potere con un esecutivo guidato da Shinzo Abe, già Primo Ministro dal 2006 al 2007. Gli accadimenti politici giapponesi non si differenziano da quelle occidentali per la sinergica connessione con le vicende economiche del Paese.
Economia giapponese, crisi e riprese. La prima espansione economica del Giappone avviene nella seconda metà del XIX quando vengono adottati i principi anglosassoni del libero mercato. Il vero miracolo economico si verifica al termine della II Guerra Mondiale. Il PIL cresce in media del 10% negli anni Sessanta, del 5% negli anni Settanta e del 4% negli anni Ottanta.
In questo periodo l’economia nipponica domina i maggiori settori dell’industria, raggiungendo l’eccellenza nella sezione tecnologica, il Giappone appare agli Usa e al mondo come una potente macchina da guerra. Basti pensare che la vendita di un appartamento di 40 mq a Tokyo nel 1989 avrebbe fruttato i soldi necessari per acquistare un intero palazzo a New York.
Ma con l’arrivo del nuovo decennio la crescita rallenta drasticamente e rossi picchi ascendenti dei grafici di sviluppo iniziano a sciogliersi e a tracciare ripide rette verso il basso, creando delle profonde “V” speculari. Siamo negli anni Novanta e in Giappone scoppia la bolla speculativa. Il prezzo della corsa speculativa di un intero secolo è una lunga decade di fermo, il cosiddetto “decennio perduto”.
Negli anni Duemila il potere politico e la Banca centrale hanno lavorato al fine di spingere la ripresa dell’economia attraverso stimoli fiscali e la riduzione dei tassi d’interesse ai minimi storici, ciononostante rimangono inalterate le politiche commerciali, considerate come il morso che tiene a freno una nuova accelerazione dello sviluppo. Tuttavia si registra una lieve ripresa a inizio del Terzo Millennio seppur accompagnata da un imponente debito pubblico. Ma un’altra bolla speculativa, stavolta quella statunitense del 2008, trascinano l’economia nipponica in recessione, con un rapporto debito/PIL che nel 2013 arriva al 219%, la percentuale più alta del mondo.
Dopo sei anni dalla crisi Made in Usa, nel rapporto economico di gennaio, il governo giapponese parla di “fase di ripresa moderata” grazie ad Abenomics, ma è solo un abbaglio: alla fine dell’estate il PIL registra una performance decisamente deludente e lo Stato nipponico torna in “recessione tecnica”.
Abenomics. Il Premier Abe di nuovo al potere dal 2012, per ovviare a questo stato di stagnazione economica ha messo un campo una politica macroeconomica ribattezzata Abenomics, che si fonda su tre principi fondamentali: una politica fiscale elastica, una strategia di crescita che vede il pubblico stimolare gli investimenti privati e una politica monetaria audace. Nella fattispecie si è optato per una strategia di svalutazione dello Yen, grazie al supporto della Banca Centrale Giapponese, con l’obiettivo di deprezzare le merci prodotte in area nipponica rispetto a quelle dei concorrenti internazionali, con il fine unico di conquistare a breve una ripresa economica.
Shinzo Abe. In seguito alle pessime notizie portate dall’inizio dell’autunno, Abe scioglie la Camera bassa il 21 novembre scorso, convocando le elezioni anticipate che si sono svolte lo scorso 14 dicembre. L’opinione pubblica mondiale ha letto questa mossa di Abe come un tentativo di confermare ed espandere il proprio indice di consensi in vista dei prossimi anni, in cui dovranno avvenire essenziali e delicate riforme economiche. Se così fosse, lo vedremo presto. I risultati dei seggi della seconda domenica di questo dicembre 2014 hanno confermato Abe alla guida del Giappone.
Staremo a vedere se il proseguimento dell’esecutivo di Shinzo Abe porterà altre revisioni anche in altri campi: il Premier durante l’estate ha infatti annunciato di interpretare nuovamente l’articolo 9 della Costituzione giapponese . La nona disposizione vieta al Giappone il mantenimento di un corpo di forze armate e ogni eventuale coinvolgimento in conflitti armati. Con la creazione del Jieitai, la forza armata di auto-difesa del Paese coinvolta anche in alcune missioni di pace in diverse aree del mondo, l’articolo 9 è stato nel corso degli anni, per così dire, aggirato. Ora Abe sembra rincarare la dose avviando il processo che porterà all’abolizione del secondo comma dell’art. 9 in modo da permettere ad esempio la partecipazione del Jieitai alla difesa militare di un paese alleato sotto attacco. Tutto ciò provocherebbe un notevole sovvertimento della cultura giapponese stratificata negli ultimi sessant’anni, che ha visto Tokyo come unico protagonista a livello internazionale a rinunciare completamente alla guerra. Inoltre il governo dell’LPD ha in previsione la riattivazione delle centrali nucleari, messe a riposo dopo i catastrofici avvenimenti di Fukushima.
Le ultime elezioni giapponesi hanno confermato lo strapotere di Abe ma hanno segnato anche un’affluenza decisamente bassa alle urne. La potenza incontrastata di Abe Shinzo e i suoi progetti lontani dal pacifismo con il quale è stata stesa la costituzione del 1946 potrebbero nei prossimi anni, far mutare profondamente le sembianze che il Giappone ha assunto dalla seconda metà del ‘900 a oggi.
Alcuni diritti riservati a m-louis
(Azzurra Petrungaro)