L’amicizia secondo Sepúlveda
Una grafica naïf incornicia per la prima volta in un’edizione speciale le tre favole di Luis Sepúlveda: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico e Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza. Il volume si intitola “Trilogia dell’amicizia” (Ugo Guanda Editore, 2014, 336 pagine) ed è corredato da piacevoli illustrazioni a firma di Simona Mulazzani. Le storie sono ambientate nelle città di Amburgo, Monaco di Baviera e infine nel prato di un qualsiasi altro posto sulla Terra. Narrano le vicende di amici diversi tra loro, ma che hanno trovato nella diversità una fonte di ricchezza. Complice l’irreale realtà della fantasia, accade che un gatto covi un uovo di gabbiano o diventi amico di un topo, mentre una lumaca ribelle di nome e di fatto intraprenda un’impresa degna del più coraggioso degli animali. Sono, questi, animali antropomorfi che fungono da esempio per gli uomini, così che il lettore, messa da parte l’apparente leggerezza che contraddistingue queste piacevoli favole, possa ricavarne un messaggio più profondo. La morale, appunto, che getta il cuore del lettore oltre lo steccato dei ragionamenti per ricordargli che nell’amicizia le differenze si chiamano complementarietà, lezione di vita per quanti si accontentano della via più semplice: amare chi si assomiglia.
Qual è il rapporto tra animali e uomini? Ambivalente. Da un lato, i protagonisti delle prime due storie sono dei gatti, l’uno di nome Zorba e l’altro Mix, legati ai loro proprietari da un sincero e reciproco legame affettivo. Le mura domestiche sono il luogo dove viene a instaurarsi tra il felino e l’essere umano una relazione di cura vicendevole e mutuo rispetto. “I veri amici condividono anche il silenzio”, si legge. Dall’altro lato, tuttavia, nel complesso gli uomini sono descritti come esseri che recano danni sia inconsapevolmente, come nell’episodio dell’amico di famiglia che per poco non scopre l’uovo di gabbiano devotamente accudito da Zorba, sia consapevolmente, ed è il caso della chiazza di petrolio in mare che determina la morte della gabbiana Kengah. Sono sempre gli uomini, intenti a costruire nuove abitazioni e ad asfaltare il prato, a mettere a repentaglio la vita dei piccoli abitanti dell’appezzamento verde, al punto da costringerli alla fuga guidati dalla lumaca Ribelle. Nonostante ciò, è pur sempre un uomo, precisamente un poeta, l’unico in grado di aiutare Zorba a mantenere la promessa fatta a Kengah, la gabbiana morente: insegnare alla gabbianella Fortunata, sua figlia, a volare. “Forse non sa volare con ali d’uccello, ma ad ascoltarlo ho sempre pensato che voli con le parole”, dice dell’uomo il gatto, che più tardi aggiungerà: “Vola solo chi osa farlo”. Come il poeta ama le parole ed ha il coraggio di usarle per esprimere i suoi sentimenti, così Fortunata, in una notte di pioggia fitta, trova il coraggio di spiegare le ali e spiccare il volo per realizzare ciò che ha nel cuore: dare compimento alla sua natura di volatile, per quanto l’amicizia con i felini le abbia fatto desiderare, in passato, di essere come loro.
“I veri amici condividono il meglio che hanno”, scrive Sepúlveda, e così piangono di gioia quando l’altro ha successo, si completano a vicenda, dimenticano le offese ricevute, decidono di ripartire da zero. Sanno che il volo è una scelta personale, ma all’occorrenza hanno il coraggio di volare insieme.
(di Laura Guadalupi)