Amarcord: Pistoiese e Treviso, e quelle uniche ma storiche apparizioni in serie A
Associare le città di Pistoia e Treviso al calcio è già complicato per due città che hanno nel sangue la pallacanestro e pure con discreti risultati. Il mondo del pallone si è però fatto strada in entrambi i comuni, e Pistoiese e Treviso hanno ottenuto le loro gratificazioni in svariate e redditizie stagioni in serie B. Ci sono stati due campionati, però, il 1980-81 in Toscana e il 2005-2006 in Veneto, in cui le due città hanno scritto una breve ma storica pagina di vita anche in serie A.
E’ il primo giugno del 1980 quando la Pistoiese pareggia contro il Lecce e conquista la prima insperata promozione in serie A grazie alla sapiente gestione del presidente Marcello Melani che aveva promesso la serie A ribadendo il concetto nonostante gli scherni di una città che non aveva mai creduto alle parole del patron. In panchina c’è il tecnico Riccomini, in campo il compianto Mario Frustalupi, cervello della squadra ed ex campione d’Italia con la Lazio nel 1974. In estate l’allenatore Riccomini viene sostituito da Lido Vieri, mentre la riapertura delle frontiere porta a Pistoia il leggendario centravanti brasiliano Luis Silvio Danuello, divenuto negli anni il simbolo dei bidoni stranieri sbarcati in Italia fra gli anni ottanta e novanta; in più in squadra c’è un Marcello Lippi a fine carriera e due calciatori esperti come Andrea Agostinelli e il già citato Frustalupi. L’esordio in serie A della Pistoiese è al Comunale di Torino contro i granata che vincono 1-0 il 14 settembre del 1980, mentre una settimana più tardi arrivano il primo storico gol e il primo storico punto degli arancioni in serie A: 1-1 casalingo contro l’Udinese, la rete toscana la segna un giovane Paolo Benedetti che diverrà qualche anno più tardi capitano e anima del Lecce. La stagione per la Pistoiese va avanti con alti e bassi, Luis Silvio dopo poche partite è stato fatto accomodare in panchina viste le sue imbarazzanti prestazioni e viene ingaggiato l’esperto attaccante Vito Chimenti, zio di Antonio che sarà un discreto portiere nei decenni successivi.
Alla dodicesima giornata la squadra toscana vince 3-1 a Catanzaro ed arriva addirittura al sesto posto in classifica; l’Italia guarda con curiosità e simpatia questa squadra in maglia arancione che si è affacciata alla serie A con coraggio e spregiudicatezza nonostante un organico poco competitivo. Il 18 gennaio del 1981, una settimana dopo la vittoria di Catanzaro, la Pistoiese va a giocare il derby toscano in casa della Fiorentina che è una delle candidate ai primi posti della classifica e che a fine stagione giungerà quinta. In molti pronosticano una goleada dei gigliati, invece la Pistoiese sfodera una prestazione maiuscola, corre, respinge gli attacchi dei viola, riparte veloce in contropiede e va in vantaggio con Rognoni. La Fiorentina riorganizza le idee e pochi minuti più tardi segna con Antognoni su calcio di rigore. Riscossa della Fiorentina? Neanche per sogno perchè la Pistoiese non si fa intimidire e prima dell’intervallo torna avanti grazie a Badiani. Nonostante la Fiorentina le provi tutte, il risultato non cambierà più e la Pistoiese espugnerà l’Artemio Franchi fra lo sbigottimento dello stadio, dei tifosi viola e di quegli scommettitori del Totocalcio che azzeccano il colpaccio degli arancioni e portano a casa un gruzzolo non indifferente. Ma la vittoria di Firenze sarà l’ultima in campionato per una Pistoiese che esaurisce troppo presto energie e possibilità di restare in serie A; il presidente, a seguito dell’ennesima sconfitta, esonera Vieri e chiama in panchina Edmondo Fabbri, ma l’ex ct accetta solo a condizione di fare il direttore tecnico con Vieri ancora in panchina.
Così accade, ma la retrocessione è ormai inevitabile, i toscani hanno perso entusiasmo e cattiveria, non riescono a restare attaccati al treno salvezza e perdono punti su punti soprattutto nelle battute finali delle partite. All’ultima giornata la Pistoiese perde anche l’inutile ma dignitoso penultimo posto a beneficio del comunque già retrocesso Perugia che era partito però con ben 5 punti di penalizzazione, pesante strascico dello scandalo scommesse dell’estate del 1980. I 9 gol di Vito Chimenti non bastano, la Pistoiese torna in B un anno dopo la storica promozione lasciando una serie A che gli arancioni non vedranno mai più. Le leggende su Luis Silvio diventeranno l’oggetto delle conversazioni nei bar e nei ritrovi cittadini: un giorno il brasiliano gestiva una pizzeria e serviva ai tavoli della stessa, un altro recitava come attore protagonista in alcuni film a luci rosse, un altro ancora vendeva bibite e gelati allo stadio di Pistoia. In realtà il povero attaccante era semplicemente tornato in Brasile dove peraltro non troverà fortune migliori di quelle avute in Italia e chiuderà una mediocre carriera nel 1987. Oggi la Pistoiese è nel girone B della serie C unica, ha trovato nella terza serie la sua dimensione nonostante varie apparizioni in serie B a cavallo fra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila, ma quell’unica storica e sfortunata esperienza in serie A è tutt’ora il ricordo più prestigioso nella città toscana quando si parla di calcio.
Il Treviso della stagione 2004-2005 è una solida realtà della serie B: guidati in panchina da Giuseppe Pillon ed in campo dalla coppia gol Reginaldo-Barreto, i veneti conquistano il quarto posto e l’accesso ai playoff dove vengono battuti nel doppio confronto in semifinale dal più esperto Perugia. Sogno infranto nella città del radicchio, e invece l’estate del 2005 rimescola le carte del torneo cadetto: il Genoa, che ha vinto il campionato, viene relegato all’ultimo posto dopo la scoperta dell’illecito nell’ultima partita stagionale contro il già retrocesso Venezia che sancì la promozione in A dei liguri; il Torino, vincitore dei playoff nella doppia finale contro il Perugia, va incontro ad un crack finanziario che non evita il fallimento dei granata, costretti a ripartire dalla stessa serie B aderendo al Lodo Petrucci; il Perugia, che avrebbe diritto alla serie A come finalista dei playoff, fallisce e riesce ad iscriversi solo alla serie C. L’Empoli, giunto secondo, diventa così primo in classifica, Ascoli e Treviso, semifinaliste degli spareggi, vengono ammesse alla serie A 2005-2006 come ripescate. Per i marchigiani è un ritorno dopo 14 anni di assenza, per i trevigiani è l’esordio assoluto a soli 8 anni dalla prima apparizione in B. Il Treviso si appresta così a disputare il primo campionato di A fra mille difficoltà, prima delle quali l’inadeguatezza dello stadio Omobono Tenni, troppo piccolo ed insicuro per il massimo campionato; i veneti, per le prime giornate, sono così costretti ad emigrare a Padova. Il presidente Setten prova a rinforzare la squadra dopo aver cambiato tecnico affidandosi ad Ezio Rossi, ma gli unici acquisti di spessore sono quelli dei gemelli Antonio ed Emanuele Filippini, e del trequartista brasiliano Pinga che ha giocato nel Torino con prestazioni alterne. I nomi del portiere Handanovic e dell’attaccante Acquafresca sono nel 2005 ancora sconosciuti e non possono essere loro a trascinare i biancocelesti verso la salvezza; così come la punta Dino Fava, autore di caterve di gol in serie B a Trieste ma incapace di ripetersi coi veneti in massima serie. Il 28 agosto 2005 parte la serie A e il Treviso si presenta addirittura a San Siro, ospite dell’Inter di Mancini; la gara non ha storia, i nerazzurri passeggiano sull’inesperienza trevigiana con una tripletta di Adriano che fissa il risultato finale sul 3-0. Pazienza, si dicono i tifosi, a Milano si può perdere; ma il Treviso risulterà una squadra troppo poco attrezzata per un campionato di livello come la serie A: alla seconda giornata, nell’esordio casalingo all’Euganeo di Padova, il Livorno vince 1-0 con gol al 91′ di Cristiano Lucarelli dopo un pastrocchio fantozziano della difesa veneta. Alla terza giornata il Treviso perde pure a Roma contro la lazio, 3-1, riuscendo a realizzare il primo storico gol in A, merito di Pinga. Il Treviso è ultimo con zero punti anche dopo il quarto turno quando a Padova passa pure la Sampdoria 2-0, e dopo il quinto, sconfitta ancora in casa e ancora per 2-0 contro il Milan, dando l’impressione di una formazione già allo sbando dopo neanche un mese di campionato. La panchina di Rossi scricchiola fortemente e il tecnico non viene esonerato solo perchè il Treviso acciuffa il primo sospirato punto alla sesta giornata dopo uno squallido ma vitale 0-0 in casa del Chievo, a cui si aggiunge il confortante 1-1 di Parma della settimana successiva. La prima vittoria arriva alla nona giornata, ancora in trasferta, ed è per 2-1 in casa della Reggina, subito dopo l’esordio al Tenni contro l’Empoli che vince 2-1 deludendo gli appassionati trevigiani accorsi in massa nella prima vera partita casalinga, cui fa seguito un altro ko contro il Siena e lo 0-0 di Cagliari al termine del quale, un po’ a sorpresa, Setten dà il benservito a Rossi e chiama in panchina Alberto Cavasin.
La squadra arranca e chiude il girone d’andata all’ultimo posto e con poche speranze di centrare la salvezza; la società prova un disperato colpo di coda rivoluzionando nel mercato invernale la squadra e portando in Veneto l’ex romanista Guigou, la giovane promessa del Milan Marco Borriello, l’esperto fantasista belga Walter Baseggio ed il portiere Matteo Sereni. Ma non basta, perchè il Treviso continua a perdere soprattutto gli scontri diretti che potrebbero fargli accorciare la classifica e invece affossano sempre più la squadra di Cavasin che alla 26.ma giornata viene esonerato e la squadra affidata a Diego Bortoluzzi, ex centrocampista del Treviso che fece la scalata dalla serie C2 alla serie B. Il canto del cigno del Treviso in serie A è lo storico 0-0 di sabato 1 aprile al Tenni contro la Juventus di Capello e Ibrahimovic: un pesce d’aprile che il piccolo Treviso gioca alla grande Juve. Poi l’encefalogramma dei biancocelesti si appiattisce del tutto ed arriva l’aritmetica retrocessione nel triste 1-1 di Lecce in cui anche i salentini dicono addio alla serie A. L’ultima giornata e l’inutile vittoria per 2-1 contro l’Udinese viene salutata con un applauso dai tifosi veneti, consci che quei palcoscenici difficilmente sarebbero stati riaperti per Treviso e per il Treviso che, in effetti, da quel 14 maggio del 2006 colleziona due fallimenti (2009 e 2013) e due faticose ripartenze dai dilettanti, l’ultima delle quali nell’estate del 2014 ha portato il ritorno in Eccellenza dopo aver vinto il campionato di Promozione. E’ già qualcosa, ma ancora troppo poco per chi un giorno ha visto quei colori fermare la Juventus.
Pistoiese e Treviso sono ad oggi le uniche due formazioni nella storia del campionato italiano a girone unico ad essere retrocesse nel primo campionato disputato in serie A senza poi riuscire a tornare mai nella massima serie. Per ora sono stati due addii, un giorno saranno in grado di essere tramutati in arrivederci?
(di Marco Milan)