Amarcord. La storia del Piacenza senza stranieri che stupiva l’Italia
Dalla riapertura delle frontiere nel 1980, tanti articoli, discussioni e dibattiti si sono sprecati in Italia per celebrare gli arrivi di Maradona, Zico, Falcao e Van Basten, ma anche per chiedersi cosa avesse indotto le squadre italiane ad ingaggiare elementi di dubbia validità come il leggendario Luis Silvio Danuello, o il cileno Hugo Rubio, o i tedeschi Gumprecht e Beiersdorfer, i famigerati bidoni, insomma. Poi ti arriva una squadra che si affaccia per la prima volta alla serie A e per un decennio conquista salvezze a ripetizione senza l’ausilio di un solo calciatore straniero. E’ la storia del Piacenza in serie A, di un lavoro e di un successo tutto italiano.
E’ l’ultima giornata del campionato di serie B 1992-93, il Piacenza si sta giocando la promozione in A e deve vincere a Cosenza sperando che l’Ascoli non faccia altrettanto a Padova in uno scontro diretto che potrebbe portare alla promozione tanto i marchigiani quanto i veneti padroni di casa. Il Piacenza vince in Calabria col gol di Simonini, poi si appiccica alle radioline e inizia a sperare; l’Ascoli sta vincendo 2-1 a Padova, nel vecchio stadio Appiani che due anni dopo sarà mandato in pensione per lasciar posto al più moderno Euganeo. Negli ultimi cinque minuti accade di tutto: l’Ascoli perde la testa, il Padova prima pareggia e poi segna addirittura il gol del 3-2, una vittoria inutile per il Padova che resta comunque in serie B ma che diventa storica per il Piacenza che scavalca i bianconeri al quarto posto e raggiunge Reggiana, Cremonese e Lecce in serie A conquistando il primo approdo della sua storia nella massima serie. Artefice di questa impresa è l’allenatore Luigi Cagni, ex mediano e bandiera della Sambenedettese, ora tecnico apprezzato, capace di portare una squadra come il Piacenza (da sempre impegnata fra serie C e una medio bassa serie B) a lottare per la promozione in A con un organico non di primissimo livello in un campionato che ai nastri di partenza vedeva squadre come Bologna, Bari, Verona, Ascoli, Padova e Lucchese, tutte più attrezzate degli emiliani per raggiungere il salto di categoria. Un campionato, quello 92-93 appunto, che non inizia benissimo per il Piacenza, risultati altalenanti ed un gioco non brillantissimo; poi Cagni inverte la rotta, il meccanismo piacentino viene oliato ed arrivano vittorie in serie che portano i biancorossi a stazionare nelle prime posizioni, infine arriva la serie A. Nell’estate del 1993 a Piacenza si suda ma si aspetta con ansia l’esordio della compagine cittadina in A ed il 29 agosto lo stadio Galleana è strapieno, il Piacenza gioca la sua prima partita di serie A contro il Torino che ha la coccarda della Coppa Italia appena cucita sulle maglie. Il presidente Garilli ha rinforzato la squadra della serie B senza fare follie, ha mantenuto in attacco l’esperto De Vitis ed i più giovani Piovani e Rastelli; in regia c’è Daniele Moretti, fantasista romano un po’ discontinuo ma che Cagni ha sempre definito il calciatore più bravo che abbia mai allenato. In difesa c’è il capitano Settimio Lucci accanto allo stopper Maccoppi, ala destra è Francesco Turrini, all’occorrenza pure bomber di scorta. Caratteristica della rosa piacentina è poi quella di non avere stranieri, tutto ciò che verrà sarà frutto del lavoro di soli italiani. L’eordio col Torino è pessimo: un Piacenza troppo emozionato perde 3-0 assaggiando il caro prezzo della serie A. Alla seconda giornata arriva un’altra sconfitta, 2-1 in casa della Sampdoria, alla terza il calendario è ancora beffardo per gli emiliani che ospitano il Milan di Capello che arriva da due scudetti consecutivi (e si appresta a vincere il terzo) e da due vittorie nelle prime due giornate di campionato. E’ mercoledì sera, primo turno infrasettimanale di una stagione che condurrà ai mondiali americani. L’esito di Piacenza-Milan appare scontato e invece Cagni imbriglia Capello con una tattica ordinata ed efficace: finisce 0-0 e il Piacenza acciuffa il primo storico punto in serie A e al cospetto degli invincibili del Milan. Dopo il pareggio nel derby in casa della Reggiana, alla quinta giornata arriva anche la prima vittoria stagionale: è il 19 settembre del 1993, il Lecce va in vantaggio alla Galleana con l’attaccante Baldieri, poi il Piacenza ribalta la situazione con l’autorete di Ceramicola e il gol vittoria di Turrini a due minuti dal novantesimo. La stagione del Piacenza va avanti con l’unico obiettivo di centrare la salvezza lottando fino all’ultimo, ma ciò nonostante giunge pure l’incredibile soddisfazione di buttare fuori il Milan dalla Coppa Italia: a San Siro finisce 1-1, segna il terzino milanista Lorenzini, poi pareggia Maccoppi nel finale. Nella gara di ritorno il Milan attacca, tira, assalta il Piacenza e alla fine viene beffato da un gol di Piovani proprio sul gong. Per i rossoneri il Piacenza diventerà una sorta di bestia nera, non solo in quella stagione.
Ma proprio il Milan diventerà beffardamente il boia del campionato piacentino in un finale controverso: all’ultima giornata accade qualcosa di strano, qualcosa che a Piacenza nessuno ha digerito a distanza di oltre vent’anni: Udinese, Atalanta e Lecce sono già retrocesse, Piacenza e Reggiana sono appaiate al quart’ultimo posto a 29 punti, l’Inter è già salva a 31. Le stranezze iniziano col calendario perchè Parma-Piacenza si gioca il venerdì sera dato che il Parma ha da preparare la finale di Coppa delle Coppe che giocherà (e perderà) a Copenaghen contro l’Arsenal, mentre Milan-Reggiana viene programmata regolarmente per la domenica pomeriggio. A Piacenza si lamentano invocando la contemporaneità, ma la Lega è irremovibile. Parma-Piacenza finisce 0-0, se la Reggiana perde a Milano retrocede, se vince si salva, se finisce in parità è necessario uno spareggio fra le due compagini emiliane.
Il Milan fa giocare molte riserve, gioca una partita scialba e poco attenta, la Reggiana inizia a crederci e al minuto 70 trova con il tornante Massimiliano Esposito un gol bello e storico che fa esplodere i numerosissimi sostenitori reggiani accorsi a Milano. Finisce 1-0 per i granata, il Piacenza scende in serie B e le dichiarazioni del dopo Milan-Reggiana sono tutt’altro che all’acqua di rose: i più buoni parlano di Milan arrendevole, chi ci va giù duro accusa i rossoneri di aver falsato il campionato. Il Piacenza torna in serie B ma programma un’immediata risalita e così è: il campionato cadetto 94-95 è una marcia trionfale per i biancorossi che vincono il torneo e riconquistano la serie A 365 giorni dopo averla persa. La stagione 95-96 è una delle più brillanti per il Piacenza in serie A, gli acquisti di Eusebio Di Francesco a centrocampo e di Nicola Caccia in attacco si rivelano preziosi per una salvezza che gli uomini di Cagni raggiungono alla penultima giornata grazie allo 0-0 ottenuto sul campo dell’Udinese. Nel corso del campionato, inoltre, gli emiliani si tolgono varie soddisfazioni: 4 punti su 6 conquistati contro l’Inter (0-0 a San Siro, 1-0 a Piacenza con gol al 95′ di Angelo Carbone), successi casalinghi nei derby contro Parma e gli acerrimi rivali del Po della Cremonese, vittorie in casa contro Roma e Sampdoria. Il Piacenza tutto italiano inizia ad essere una concreta realtà nel panorama calcistico nazionale e per la prima volta nella sua storia i biancorossi giocheranno per il secondo anno consecutivo in serie A. L’estate del 1996 è rivoluzionaria in Emilia: dopo 6 anni se ne va l’allenatore Cagni, conscio di aver dato tutto nella città piacentina; al suo posto arriva Bortolo Mutti, esordiente in massima serie. Il nuovo campionato comincia bene per il Piacenza che gioca un calcio frizzante e trova nel centravanti napoletano Pasquale Luiso un bomber inatteso: l’ex attaccante del Sora in serie C, infatti, segna a raffica esultando dopo ogni gol ballando la Macarena, danza sudamericana in voga in quegli anni. Ancora una volta c’è il Milan nel destino del Piacenza e viceversa: l’1 dicembre 1996, infatti, i piacentini battono i rossoneri per 3-2 grazie ad una favolosa rete in rovesciata di Luiso e determinano l’esonero del tecnico milanista Tabarez, ma nell’ultimo turno di campionato, per un altro gioco intricato del fato, proprio il Milan si fa battere in casa dal Cagliari per 1-0 (come con la Reggiana tre anni prima) mentre il Piacenza batte 2-1 il Perugia arrivando a pari punti coi sardi al quart’ultimo posto: è spareggio ed il 15 giugno del 1997 a Napoli, Piacenza e Cagliari si giocano la permenenza in serie A: allo stadio San Paolo arrivano ventimila tifosi cagliaritani, mentre i piacentini sono quasi la metà. In più il Cagliari ha messo il turbo nel girone di ritorno con l’arrivo del tecnico Carlo Mazzone, mentre il Piacenza ha giocato la seconda parte di stagione col freno a mano tirato; in molti danno per spacciati gli uomini di Mutti che invece partono a mille e vanno sul 2-0 coi gol di Luiso e Scienza, e sbagliano pure un rigore con Valtolina. Nella ripresa il Cagliari reagisce e segna col cobra Tovalieri, ma è la giornata del Piacenza che quasi al 90′ chiude la contesa ancora con Luiso: celebre è l’immagine del numero 9 piacentino che corre sotto i tifosi emiliani rincorso da Piovani che urla “miracolo miracolo”.
Eh si, il miracolo del Piacenza indigeno continua, è la seconda salvezza di fila, il campionato 97-98 vedrà ancora protagonisti i piacentini, ancora senza stranieri ed ancora con un cambio di allenatore: Mutti, infatti, accetta la corte del Napoli e a Piacenza arriva Vincenzo Guerini, tecnico che porterà a Piacenza la terza salvezza di fila mostrando un gioco redditizio in una squadra in grado di mescolare la freschezza di alcuni giovani all’esperienza di un paio di vecchietti terribili come Pietro Vierchowood o Renato Buso, bravi a prendere per mano il gruppo nei momenti di difficoltà. Nell’estate del 1998 sulla panchina del Piacenza si siede Giuseppe Materazzi nella quarta stagione consecutiva in serie A degli emiliani, la quinta in totale. E’ la stagione che fa esplodere Simone Inzaghi, autore di 15 gol in campionato, e vede Giovanni Stroppa in regia venir eletto miglior giocatore del girone d’andata nel quale regala pezzi di altissima e rarissima tecnica calcistica che raggiunge il suo apice nella prima gara del 1999 a Roma contro i giallorossi quando il numero 10 del Piacenza prima sfiora il gol con un tiro da centrocampo alla Maradona, poi si libera di due avversari con un colpo di tacco da sigla televisiva. Il Piacenza si salva e si toglie anche lo sfizio di vincere a Parma contro lo squadrone di Buffon, Thuram e Crespo, grazie ad un calcio di rigore di Inzaghi.
E’ l’ultimo sorriso di un Piacenza che nell’estate del 1999 conosce i primi mugugni della città e della tifoseria da quando i biancorossi stazionano in serie A; il tecnico Materazzi viene sostituito da Gigi Simoni che non è ben visto dai tifosi a causa dei suoi (felici) trascorsi sulla panchina della Cremonese con cui ha conquistato promozioni, salvezze e stabilito il record di punti dei grigiorossi in serie A. La squadra inizia male il campionato, Simoni è bersagliato ogni domenica dalla curva e l’epiteto più carino che gli viene riservato è quello di tornarsene a Cremona. Inzaghi è stato ceduto alla Lazio e non adeguatamente sostituito: Ruggiero Rizzitelli è troppo in là con gli anni per garantire un sufficiente bottino di gol, Di Napoli e Rastelli sono bravi ma non esattamente dei bomber, Alberto Gilardino è ancora minorenne. Alla fine Simoni paga per tutti e a gennaio viene rimpiazzato dalla coppia Braghin-Bernazzani che non può far altro che accompagnare il Piacenza in serie B dopo cinque anni e lasciare il testimone a Walter Novellino che ha appena ottenuto la promozione in A col Napoli dopo aver fatto altrettanto due anni prima alla guida del Venezia.
Il tecnico fa il suo dovere e riporta immediatamente il Piacenza in serie A grazie soprattutto ai 23 gol di un cavallo di ritorno come Nicola Caccia. Qui termina la storia del Piacenza tutto italiano perché nell’estate del 2001 sbarcano in Emilia i primi due stranieri, i brasiliani Amauri e Matuzalem che rompono l’egemonia tricolore da sempre perpetrata a Piacenza. I piacentini otterranno la salvezza nel 2001-2002 (con Dario Hubner capocannoniere del campionato assieme a Trezeguet) per poi retrocedere nella stagione successiva quando neanche il ritorno in panchina di Cagni al posto dell’esonerato Agostinelli servirà ad evitare la caduta in serie B. Piacenza-Milan 4-2 del 24 maggio 2003 è a tutt’oggi l’ultima partita del Piacenza nel massimo campionato perchè negli ultimi dieci anni la situazione è precipitata, per due volte la serie A è stata ad un passo, poi il ridimensionamento economico della società ha preso il sopravvento, il Piacenza è caduto in serie C nel 2011 dopo aver perso il playout contro l’AlbinoLeffe, quindi è andato incontro ad un fallimento nell’estate del 2012.
Oggi il Piacenza è in serie D dopo aver dominato il campionato di Eccellenza, ma la strada per tornare nel professionismo è ancora lunga e non basta chiamarsi Piacenza ed aver disputato 8 stagioni in serie A per vincere partite e tornei. Il Piacenza attuale arranca in un girone dominato dai cugini romagnoli del Rimini e quei campionati di serie A appaiono molto più lontani del tempo realmente trascorso. Quella favola della squadra interamente italiana che conquistava salvezze a ripetizione, però, è indelebile nonostante oggi a Piacenza parlare di calcio sia quasi triste.