C’era una volta il Parma dei trionfi
“Il nostro amore oltre la categoria, portate i libri in tribunale e andate via” così i tifosi del Parma, attraverso uno striscione esposto durante l’ultima partita casalinga contro il Chievo, hanno mostrato tutto il loro sdegno verso una situazione che vede la loro squadra sull’orlo del fallimento. Più di cento anni di storia e tradizione che rischiano di svanire, una società senza più ne capo ne coda, una tifoseria inerme e attonita davanti a tutto quello che sta accadendo. La tifoseria, appunto, l’unica a rimetterci, l’unica a restare vicino alla squadra fino all’ultimo, ha deciso di dire basta, non vuole più essere presa in giro e calpestata. Quello striscione racchiude in fondo, lo spirito dell’esser tifosi, una presa di coscienza matura e responsabile ma anche un’ amore incondizionato che va oltre i risultati sportivi e che mai si spegnerà. E pensare che, gli emiliani, avevano sfiorato il fallimento già nel 2004 dopo il crack Parmalat e che solo la legge Marzano, la quale conteneva misure per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza , aveva permesso di scongiurare la ripartenza dal calcio dilettantistico.
Ma la storia del Parma non è solo questo, la società emiliana per anni ha rappresentato il gota del calcio italiano. Gli anni ruggenti iniziano il 27 maggio 1990, sotto la direzione tecnica di Nevio Scala, grazie alla vittoria nel derby contro la Reggiana i gialloblù conquistano il quarto posto nella serie cadetta che vale la promozione in seria A con una giornata d’anticipo. Cambia la categoria ma anche la società, la Parmalat di Calisto Tanzi acquista la squadra emiliana mentre Giorgio Pedraneschi ne diventa presidente. Nella prima apparizione in massima serie, il Parma conquista il sesto posto e l’accesso in Coppa U.E.F.A ma è solo il 14 maggio del 1992 che conquista il suo primo trofeo nazionale battendo la Juve in finale di Coppa Italia. L’anno dopo, Wembley è teatro del primo trofeo europeo, la Coppa delle Coppe. In Emilia la proprietà Tanzi fa sul serio e acquista Gianfranco Zola e Faustino Asprilia, nel 1994 la Supercoppa Europea mentre l’anno dopo arriva la Coppa U.E.F.A. Nel 1996 l’espansione continua e al Tardini sbarca un pallone d’oro, Hristo Stoickov che però delude. A fine stagione la prima vera rivoluzione, Carlo Ancellotti prende il posto di Nevio Scala mentre Stefano Tanzi, figlio di Calisto, diventa presidente.
Parma diventa una piazza ambita, arrivano Hernan Crespo e Enrico Chiesa mentre l’anno dopo, oltre alla prima qualificazione in Champions League, il mondo del calcio italiano scopre tre grandi campioni come Fabio Cannavaro, Gianluigi Buffon e Lilian Thuram, senza dimenticare i vari Bennarivo e Di Chiara che facevano sognare sulle fasce e Nestor Sensini. Con una difesa così i tifosi gialloblù sognano ad occhi aperti e nel 1999, con Malesani in panchina, arriva la seconda coppa U.E.F.A. Prima della brutta vicenda della Parmalat, il Parma conquista altre due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana. Tanti trofei, quindi, ma anche tanti campioni protagonisti dalle parti del Tardini, che hanno rappresentato e che tutt’ora rappresentano il calcio italiano nel mondo, per una squadra che ad oggi non sa se potrà o meno finire la stagione calcistica. Una fine che nessuno si augurava o si aspettava, sopratutto durante la festa della scorsa estate per la qualificazione in Europa League, ma che è il frutto di gestioni poco oculate, gestioni che rappresentano in pieno il modo di fare calcio nel nostro paese. A farne le spese, però, sono sempre i tifosi, quei stessi tifosi che hanno pensato, ideato ed infine scritto quello striscione che riporta ad un’amore sano quanto sincero per ricominciare insieme senza più illusioni o tradimenti.
di Claudio Serratore