Rai nel ciclone: Riforma, nuovi TG e Rai Way
Tra Legge di Stabilità, Riforma della scuola e Italicum, nei progetti del governo Renzi figura anche l’imminente riforma del servizio pubblico radiotelevisivo. All’ordine del giorno, la struttura della Rai e i criteri di nomina, questioni poste da tempo all’attenzione del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli.
Se il vero obiettivo è rendere il servizio pubblico televisivo autonomo e distante dai meccanismi del mondo politico che hanno sempre influenzato la conformazione della Rai, due sembrano essere le strade che il premier Renzi potrebbe scegliere di percorrere, come spiega anche il Corriere della sera: la prima riguarda la nascita di una fondazione che erediti la proprietà della Rai, un Consiglio di amministrazione più snello , composto da cinque membri e un direttore generale che detenga poteri editoriali ed economici; la seconda strada, esposta dall’ex consigliere Rai Carlo Rognoni, consiste nella possibilità di modificare la legge Gasparri per quanto riguarda i criteri di nomina dei vertici, creando un sistema «duale», con un Consiglio di sorveglianza allargato alla società civile che nomina un Consiglio di gestione con un presidente-amministratore delegato con tutti i poteri per riformare la Rai. Quest’ultima ipotesi prevede la possibilità di dividere l’organo di gestione e l’organo di controllo e potrebbe rappresentare l’arma vincente per integrare nella complessa struttura Rai voci e ruoli diversi,con poteri indipendenti necessari per il funzionamento libero e incondizionato dell’emittente pubblica radiotelevisiva.
I propositi sono buoni e il governo Renzi non vorrebbe far trascorrere altro tempo prima di porre mano al dossier Rai. La questione delle tempistiche è tanto più urgente se si considera che l’attuale Cda della televisione statale scade ad aprile e, dunque, occorre giungere a soluzioni immediate per poter intervenire in tempi utili. Proprio su questo punto si sono sparse voci in riferimento alla presunta volontà del premier di utilizzare l’arma del decreto legge, per avere la possibilità di muoversi velocemente, “sorpassando” gli eventuali ostruzionismi politici. Tuttavia, Palazzo Chigi ha smentito prontamente la notizia, sottolineando che il ricorso al decreto legge è possibile soltanto se si verifichi una situazione che non consenta agli organi di gestione aziendale di svolgere le loro regolari funzioni , o qualora ci sia un buco di bilancio tale da intaccare il patrimonio dell’azienda.
Se la riforma strutturale della Rai è ancora in fase di composizione, relegata nel magma di polemiche politiche relative ai mezzi che il premier vorrà utilizzare per attuarla, il piano news firmato Luigi Gubitosi è invece una realtà. Lo scorso 26 febbraio, infatti, il nuovo apparato notizie è stato approvato dall’attuale Cda della Rai e tra le tante novità vi è la creazione di due newsrooms: Rai Informazione 1, con al suo interno i marchi e i loghi di Tg1, Tg2, Rai Parlamento, e Rai Informazione 2 con Tg3, Rai News 24 e TGR. Tale riforma avrebbe il merito di permettere una razionalizzazione delle risorse produttive e di garantire identificabilità e pluralismo. A ciò si aggiunge, inoltre, la volontà di superare la frammentazione dell’informazione giornaliera e dotare il Tgr di un ruolo centrale. Novità anche sul piano della trasparenza delle nomine dei direttori delle testate giornalistiche, nelle quali saranno coinvolti sia i dipendenti Rai che i professionisti esterni, grazie alla pubblicazione sul sito dell’Azienda di un avviso pubblico.
In questi giorni, dunque, l’attenzione di Governo, forze politiche e vertici Rai è focalizzata sul futuro dell’emittente televisiva statale. Tale preoccupazione è aumentata dopo la proposta proveniente da Ei Towers,società degli impianti tecnici di Mediaset, di acquistare parte dell’omologa azienda della Rai (Rai Way). Nonostante le rassicurazioni provenienti dal governo circa il mantenimento del 51% di partecipazione statale, tanti sono i dubbi sulla garanzia del pluralismo informativo, qualora l’operazione dovesse andare in porto. In futuro si profila dunque la possibilità di creare una società unica delle torri di emittenza, aprendo la strada alla privatizzazione con il chiaro intento di arricchire le povere tasche dello Stato. Due sono le scuole di pensiero relative all’offerta di Ei Towers: alcuni parlano di semplice manovra economico-finanziaria, altri di un ritorno del patto del Nazareno sotto diverse vesti.
Senza dubbio, in totale assenza di una regolamentazione del conflitto di interessi, la minaccia maggiore è rivolta al pluralismo delle voci e alla sana concorrenza, elementi indispensabili per creare un’opinione pubblica cosciente in un paese democratico. Ci si augura che l’Antitrust possa vigilare al meglio su questa questione, soprattutto in un momento in cui il predominio di un solo attore nel mercato sembra essere una realtà sempre più minacciosa. Basti pensare alle notizie riguardanti l’interesse di Mondadori per l’acquisizione del Gruppo Rcs Libri.
(di Giulia Cara)