Venezuela, aveva 14 anni l’ultima vittima degli scontri
Kluiverth Roa, 14 anni. È quasi ora di pranzo, esce dal suo liceo, il Codazzi di San Cristóbal, nello stato di Táchira nell’ovest del Venezuela. Arriva nei pressi della vecchia sede dell’Università Cattolica. Si ritrova nel bel mezzo di una protesta anti-governativa. Viene colpito alla testa da un colpo d’arma da fuoco, cade a terra in un lago di sangue. Morirà poco dopo sull’asfalto, circondato dalle bandiere e dalle grida di una folla inferocita e incredula.
Ramon Carelas, capo della polizia locale, sostiene che l’uccisione di Roa sia avvenuta subito dopo l’inizio degli scontri tra i manifestanti e gli agenti antisommossa, ma dalle testimonianze spontanee si è appreso come Roa non stesse affatto partecipando alla manifestazione. Secondo la versione ufficiale il colpo sarebbe stato esploso da un uomo con un fucile da caccia, un poliziotto per l’esattezza, fermato e arrestato. Non è chiaro se si tratti di una cattura architettata per placare la violenta indignazione generale. L’inchiesta predisposta dal governo è in corso e le condoglianze ai familiari non sono tardate ad arrivare.
Colpevole trovato e tante scuse dal Presidente Maduro. Peccato che Kluiverth Roa sia solo una delle vittime causate da un provvedimento varato proprio dal governo venezuelano lo scorso 30 gennaio, che consente all’esercito di utilizzare le armi da fuoco in occasioni di proteste di piazza e di raduni pubblici. Decreto che si oppone nettamente ai principi costituzionali bolivariani che difendono il diritto di manifestazione e avversano l’uso di qualsiasi arma da fuoco o di sostanza tossica al fine di fronteggiare eventuali folle in corteo.
Ad un anno dal febbraio scorso sono morte 43 persone durante le proteste venezuelane, più di 100 sono i feriti. Gli assassini hanno tutti il loro nome registrato tra le fila della polizia.
È dal 2 febbraio 2014 che in Venezuela la gente è iniziata a scendere in piazza e in particolare gli studenti. Alto tasso di criminalità, carenza di prodotti di base come il latte e la carta igienica, i frequenti blackout e l’inflazione oltre il 50 per cento sono stati tra i motivi principali delle prime rimostranze.
La politica di Maduro si sta rivelando sempre più violenta e repressiva: la condotta del presidente bolivariano si avvicina sempre più a quella di leader di un regime. La chiusura del suo esecutivo si esprime in strada con azioni violente e annulla i suoi avversatori con azioni dittatoriali. Emblematico il caso del sindaco di Caracas, Antonio Ledezma. Ammanettato e incappucciato è stato prelevato dal suo ufficio dagli uomini dell’intelligence il 19 febbraio scorso, dopo essere stato malmenato. L’accusa è stata di attentato alla Costituzione e di star elaborando il piano per un golpe assieme ad altri esponenti dell’opposizione. Dal momento dell’arresto Ledezma non ha potuto incontrare nessuno, nemmeno i suoi avvocati.
La morte di Roa ha suscitato orrore e sdegno da parte della comunità internazionale e gli Stati Uniti attraverso John Carry minacciano sanzioni il prima possibile.
Nel frattempo il movimento studentesco venezuelano è sempre più attivo e non si arrende di fronte le sanguinarie repressioni di Maduro. Negli ultimi mesi non è stato caratterizzato dalla compattezza ma nel corso di questo ultimo periodo stanno emergendo figure che potrebbero portare omogeneità nelle varie correnti. Tra queste c’è Hamlet Iglesias, rappresentante della Universidad Central de Venezuela, la principale istituzione educativa superiore del paese, che annuncia nuove manifestazioni a partire da questo martedì.
(di Azzurra Petrungaro)