Roma, Matisse arabesque alle Scuderie
Roma. È stata inaugurata il 5 marzo la mostra Matisse arabesque alle scuderie del Quirinale, a cura di Ester Coen. La mostra, co-prodotta dall’Azienda Speciale Palaexpo e da MondoMostre, sarà aperta al pubblico fino al 21 giugno 2015.
Un viaggio alla scoperta dell’opera di uno dei maggiori artisti nel panorama internazionale della prima metà del secolo scorso. Ma non solo. Un viaggio che si dispiega e accompagna il visitatore in un climax di crescita umana e artistica, mostrando come il progredire della singolare tecnica usata nelle opere da Henri Matisse corrisponde ad una progressione di esperienze, viaggi, soprattutto quelli in Africa e in Oriente, che influenzeranno non poco la produzione del pittore francese. La fascinazione per l’Oriente dell’artista francese, ha affermato il segretario della Commissione scientifica Matteo Lafranconi “va al di là del dato geografico. E’ la scoperta di nuovi modelli figurativi”, grazie ai quali approda a una nuova sintesi. L’Arabesque è quindi inteso quale filo conduttore della produzione dell’artista, che da questo motivo antichissimo fa scaturire linea, segno, colore.
Una bellezza viva, che travalica il tempo e che giunge a noi nel 2015, come solo le cose semplici riescono a fare. Una semplicità “complessa”, potremmo dire con un ossimoro, raggiunta con tanto studio e dedizione espressa nella sintesi di una frase dello stesso Matisse, “sono fatto di tutto ciò che ho visto”.
Il percorso espositivo presenta 90 opere tra dipinti, disegni, costumi teatrali riferiti all’intero arco della produzione artistica di Henri Matisse (1869-1954) provenienti dai più prestigiosi musei americani ed europei, tra cui il Museo Puskin di Mosca e dell’Ermitage di San Pietroburgo. Tra le opere più celebri: Giovane con copricapo persiano (1915-16), Zorah sulla terrazza (1912), Rifano in piedi (1912), I pesci rossi (1911), che testimoniano l’esotismo delle culture islamiche. E ancora, Ritratto di Yvonne Landsberg (1914) e Edera in fiore (1941) che risentono delle culture più lontane e misteriose. Mentre la fascinazione dell’artista per il mondo della decorazione tessile è raccontata attraverso la collaborazione con i Balletti Russi: Matisse, infatti, disegnò i costumi per il balletto Le chant du rossignol messo in scena nel 1920 dalla compagnia di Sergej Diaghilev con musiche di Stravinsky e coreografie di Massine.
Con i suoi rimandi a manufatti di culture figurative esotiche, i colori intensi, la stilizzazione, il forte linearismo delle arti dell’estremo Oriente, Matisse irrompe nell’immaginario tipico degli artisti della Parigi della prima Esposizione Universale, distaccandosi dalla formazione accademica.
Una voce rivoluzionaria, quella di Matisse, che con la pienezza dell’incanto si distingue dalle principali avanguardie storiche, fino a decostruire la forma e a trarne nuovi segni. Le figure femminili, come pure le nature morte ritratte da Matisse, diventano sinuose e magneticamente reali; si allontanano dal rigore prospettico classicista e affermano una nuova idea di spazio, “uno spazio più vasto, vero spazio plastico”, come affermava l’artista stesso, oltre la pittura intimistica di tradizione ottocentesca.
Dunque, l’arte non solo intesa come intuizione, nel senso crociano del termine, ma anche un’arte d’invenzione che parte dallo slancio vitale dell’uomo e affonda le radici nel desiderio di ri-nascita e ri-scoperta di sé e del mondo. In questa contemplazione della natura consiste il segreto dell’arte di Matisse.
Un modo di raccontare il sogno ispirato alla realtà e che rende l’opera di Matisse ancora attuale.
(di Anna Piscopo)