Made in Zhejiang. Internet e robotica al cuore della Cina
Porta il nome dello Zhejiang il motore che traina la crescita cinese. La provincia orientale costiera, in prima linea già dagli anni ’80 nel campo delle riforme, sta sperimentando un tipo di imprenditoria privata, familistica e digitale che contrasta con il modello statalista e manifatturiero di Pechino ma che invece produce dei tassi di sviluppo molto promettenti e che poco o per nulla fanno rimpiangere l’eccezionalità pre-crisi.
Pechino ha bruscamente scoperto un paio di anni fa che il suo celebrato modello di crescita, definito appunto cinese e basato su tassi a due cifre, non era più sostenibile. La politica del figlio unico ha condotto ad un invecchiamento della forza lavoro, peraltro non specializzata, mentre l’assorbimento dell’enorme produzione subiva un brusco rallentamento a causa della contrazione mondiale delle esportazioni. I nuovi dirigenti hanno quindi dovuto riorientare gli obiettivi strategici di medio e lungo periodo sia verso l’ampliamento del mercato interno sia verso un tipo di economia che sia in grado di generare valore oltre ai beni di consumo a basso costo. È il modello Zhejinang sembra essere la soluzione. La provincia, tradizionalmente dimenticata dall’Impero poiché rurale e circondata da catene montuose, è stata fino alla metà degli anni ’70 piuttosto povera e desolata tanto che i suoi abitanti – dispersi in piccoli villaggi senza accesso all’istruzione e alla cure mediche – hanno preferito emigrare cercando fortuna soprattutto in Italia.
Con la liberalizzazione avviata da Deng Xiaoping, la provincia ha ricominciato a vivere. Mentre infatti le quattro grandi banche create ad hoc dal Governo hanno sempre preferito erogare prestiti alle grandi industrie statali, nello Zhejiang si è pensato ai piccoli privati. L’anelito imprenditoriale familistico, rafforzato dall’apertura acquisita con le migrazioni, è stato sostenuto da quello che gli studiosi definiscono chenghiu o più semplicemente hui, ossia un micro credito informale fondato sulla reciprocità dei prestiti, concessi sulla base della moralità, dell’etica e dei vincoli di parentela e quindi molto più spesso soggetti alla restituzione volontaria e senza interessi. In tal modo la piccola e media imprenditoria ha potuto prosperare evitando che i cittadini dovessero far ricorso al classico sistema della banche-ombra collocate ai margini del sistema ufficiale e quindi soggette ad elevatissimi tassi di volatilità del credito e di fallimento.
Lo Zheijiang è al quarto posto del nuovo “China Indicator of Provincial Business Actractiveness” un indice che permette di classificare le 31 province cinesi in base alla loro attrattività per l’economia italiana, elaborato dalla Fondazione Italia Cina (CeSIF) e promosso con l’aiuto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. I fattori che la rendono così desiderabile agli occhi della nostra economia sono certamente l’altissimo tasso di cittadini dello Zhejiang presenti in Italia, soprattutto nelle aree di Prato e Napoli, ma anche la tipologia di imprenditoria familiare molto simile a quella italiana oltre che le enormi potenzialità digitali che sta sperimentando. La città di Wenzhou è il canale di ingresso dei prodotti agroalimentari della penisola, ormai sempre più richiesti da una società che cresce con ritmi di 7.6 punti percentuali di Pil procapite. A maggio ci sarà il lancio della Zhejiang Internet Commercial Bank che fa seguito all’apripista WeBank detenuta dal colosso della messaggistica istantanea WeChat, inaugurata proprio all’inizio di quest’anno dal primo ministro Li Keqiang a Shenzen, la capitale della provincia. Lo Zhejiang è infatti capofila nella diffusione dei siti internet di prestiti tra privati, cosiddetti peer-to-peer, che si avvantaggiano di una legislazione sul tema ancora molto fumosa.
Stesso discorso per la robotica. Lo Zhejiang ha infatti colto al volo la proposta del presidente Xi Jinping – che si è fatto strada come politico proprio nello Zheijiang – di migliorare la capacità tecnica dei processi manifatturieri e si è dotata di un piano quinquennale della robotica che vale circa 80 miliardi di dollari e che potrebbe essere la matrice del Tredicesimo piano quinquennale attivo dal 2016 e fortemente dibattuto in questi giorni. La strategia permette di ridurre il costo del lavoro e di migliorarne contemporaneamente la qualità avendo a disposizione un lavoro altamente qualificato ed allo stesso tempo non soggetto ai rischi ecologici (inquinamento, fumi, sostanza chimiche) né al deterioramento dovuto alla particolare pesantezza di certe mansioni del tutto fisiche. La crescita del mercato cinese dell’automazione offre importanti opportunità di business per le nostre imprese poiché la produzione locale non copre ancora la domanda interna e soprattutto i cinesi non sono ancora di grado di produrre – poiché difettano nella ricerca – i componenti ad elevato contenuto tecnologico.
Senza dimenticare che uno tra i leader mondiali dell’e-commerce, Alibaba, ha il suo quartier generale proprio nello Zhejiang e più precisamente ad Hangzhou, da cui controlla l’80% delle vendite online cinesi tenendo testa ad Amazon che con Alibaba ha dovuto cercare un’alleanza per non soccombere nell’enorme mercato asiatico in cui ormai si registrano punte di sviluppo del commercio sul web pari all’84%. Il futuro del retail è on-line e l’on-line è made in Zhejiang.
(di Emiliana De Santis)