Milano 2015, intervista ad Andrea Cegna di Attitudine – No Expo

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noexpoIl primo maggio è alle porte, e gli occhi sono tutti su Milano. Nonostante ritardi, scandali e inchieste l’Esposizione universale 2015 sarà inaugurata domani tra frenesia promozionale e allarmismi mediatici, che danno per scontato il degenerare delle iniziative di protesta convocate dal fronte NoExpo. Da domani a domenica 3 maggio, Milano sarà molte cose: vetrina internazionale e passerella di personaggi noti, ma anche epicentro di una mobilitazione che ha scelto queste giornate per esprimere il dissenso contro il sistema dei grandi eventi (e delle grandi opere). In questo caso, oltre i legittimi sospetti destati da un evento sulla nutrizione che ha tra i principali sponsor Mc Donald’s, Coca Cola e Nestlè, c’è la critica radicale a un modello di sviluppo che concentra le risorse primarie del pianeta – terra, acqua, energie – nella disponibilità esclusiva di governi e corporation. E c’è la contestazione delle false promesse, dai progetti mai realizzati all’occupazione precaria e sottopagata offerta come occasione per i giovani.
Abbiamo chiesto ad Andrea Cegna – della rete Attitudine NoExpo – da dove nasca e cosa chieda il movimento che contesta questo evento.

Cos’è e come nasce la “attitudine NoExpo”?
Il NoExpo nasce nel 2007 in forma di comitato: nei primi anni ha svolto principalmente un lavoro di mappatura e studi critici del masterplan con cui Milano ha battuto Smirne nella gara per l’assegnazione dell’Esposizione, progetto di cui, peraltro, nulla o quasi è rimasto in fase di attuazione (a parte le famose Vie d’acqua, i cui cantieri però sono fermi perché sono in corso diverse inchieste). Negli anni ha scelto di trasformarsi in rete: riunisce soggettività variegate e differenti, nella natura quanto nelle pratiche di opposizione ad Expo. L’elemento comune è il rifiuto del modello di sviluppo e trasformazione dei territori che Expo rappresenta.

Cosa succederà nei prossimi giorni a Milano?
Le mobilitazioni sono iniziate ieri: come rete abbiamo partecipato al corteo cittadino antifascista per impedire la parata in ricordo di Ramelli, perché pensiamo che una città diversa non possa che fondarsi sui valori dell’inclusività e dell’antirazziosmo. Oggi si prosegue con un corteo studentesco internazionale. Expo è anche un laboratorio di sperimentazione di nuove forme di precarietà, tanto da basarsi sul lavoro gratuito e volontario di 18 500 persone a fronte di pochissime assunzioni, tutte a termine o in forma di stage, e questa è la principale critica che gli studenti portano oggi in piazza.
Domani sarà la volta della #NoExpoMayday. Tutte le anime e le ragioni della protesta troveranno spazio nel corteo che attraverserà in parata il centro di Milano, proponendo un’idea radicalmente diversa di sviluppo e di città.
Nei giorni successivi ci saranno ancora iniziative e assemblee, per lanciare sei mesi di “AlterExpo”: perché queste giornate sono un passaggio importante, ma Expo durerà almeno sei mesi e il modello che propone lascerà un’eredità tangibile nel tessuto urbano, ma non solo.

Nella sua ultima visita ai cantieri, Matteo Renzi ha detto: «Expo è la mia idea dell’Italia». E molto italiano, nelle sue infinite variabili e contraddizioni, sembra prospettarsi lo scenario delle prossime giornate a Milano.

(di Irene Salvi)

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