23 anni fa la strage di Capaci, l’Italia ricorda Falcone e Borsellino
Il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Era il 23 maggio del 1992 quando persero la vita a Capaci, a causa di un attentato mafioso. Quasi due mesi dopo è la volta del giudice Paolo Borsellino e dei suoi agenti, uccisi per il proprio lavoro, per la lotta alla criminalità organizzata. A loro e a tutte le vittime della mafia è stata dedicata la giornata di sabato 23 maggio, giorno della “legalità”.
#PalermochiamaItalia e 40.000 ragazzi accorrono, alcuni anche da Stati Uniti, Vietnam, e da altri Paesi europei. Questo lo slogan della giornata “per non dimenticare” che vede riuniti a Palermo, cuore pulsante della manifestazione migliaia di giovani sui cui volti comincia a palesarsi la risposta alla domanda che, dalle immagine delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, risuona negli italiani: “cos’è la legalità?” Termine dai confini labili, usato come sinonimo di rispetto delle regole, spesso in contrapposizione alla mafia.
Ma la Mafia e la corruzione sono da sempre tra le piaghe del nostro Paese, da sanare con l’impegno della magistratura, delle forze dell’ordine e con le leggi. È di qualche giorno fa, infatti, l’approvazione delle norme che inaspriscono le pene dei reati contro la pubblica amministrazione e ripristinano il falso in bilancio.
“Noi siamo qui, anzitutto, per dire che la mafia può essere sconfitta. Siamo qui per rinnovare una promessa: batteremo la mafia, la elimineremo dal corpo sociale perché è incompatibile con la libertà e l’umana convivenza”, così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dall’Aula Bunker dell’Ucciardone a Palermo dove venne celebrato il maxiprocesso originato dalle intuizioni e dal lavoro di Falcone, Borsellino e del pool antimafia. È qui che vennero condannati tutti i boss di Cosa Nostra.
Accanto a Falcone e Borsellino, c’era un altro magistrato, Pietro Grasso, oggi Presidente del Senato, anche lui presente sabato a Palermo: “Oggi è una giornata particolare perché ricordo Giovanni Falcone insieme a tanti giovani, ma io ce l’ho sempre nel cuore e il suo ricordo mi aiuta nei momenti difficili”.
Insieme al Capo dello Stato e al Presidente del Senato, anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Rodolfo Maria Sabelli e la professoressa Maria Falcone, sorella di Giovanni.
Da Palermo a Milano, da Napoli a Firenze: migliaia di ragazzi hanno celebrato la “giornata della legalità” con cortei, dibattiti, manifestazioni. Ed è proprio ai più giovani che rivolge le sue parole il Presidente Mattarella, fratello di Piersanti, anche lui ucciso in Sicilia dalla mafia nel 1980: “Non possiamo rinunciare, non potete rinunciare ad essere costruttori di una società migliore la quale inevitabilmente passa per la partecipazione larga del nostro popolo, per la possibilità che le sue molteplici energie, solidali e democratiche, si possano esprimere con libertà effettiva. Dobbiamo unire sempre più, contro la mafia, tutte le energie positive. E trarre il meglio da noi stessi e da chi ci sta vicino”.
Mentre al teatro Franco Parenti di Milano tra gli altri interventi anche quelli di Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano, e di Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, il sindacalista della Cgil ucciso dalla mafia nel 1982.
23 anni dopo, il ricordo delle stragi di Capaci e via D’amelio è stato consegnato alla memoria collettiva, è entrato nelle coscienze dei cittadini, nelle aule scolastiche e universitarie, e da qui bisogna ripartire affinché il sacrificio di questi uomini non rimanga un vuoto momento di commemorazione.
Vogliamo, infine, ricordare le parole di Antonino Caponnetto, ex coordinatore del pool antimafia di Falcone e Borsellino, scomparso nel 2002, il quale dopo gli attentati dell’estate ‘92, cominciò a incontrare i giovani di ogni parte d’Italia, diventando un infaticabile testimone di etica della politica e della vita civile, della giustizia e della legalità: “La mafia teme la scuola più della giustizia. L’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa”.
(Anna Piscopo)