Irlanda, stravincono i “Sì” al referendum sui matrimoni gay
Nell’atteso weekend del referendum in Irlanda, i “Sì” alle nozze omosessuali trionfano con il 62% di voti favorevoli. Un “messaggio pioneristico” al resto del mondo, ha commentato entusiasta il primo ministro irlandese Enda Kenny. Per la prima volta, infatti, il cambiamento della Costituzione sulla legalizzazione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso avviene tramite referendum. Nella stessa consultazione popolare del 22 maggio, gli irlandesi hanno invece bocciato la proposta di abbassare da 35 a 21 anni l’età dei potenziali candidati alla presidenza della Repubblica. L’introduzione delle nozze gay ha suscitato entusiasmo e orgoglio in patria, con una massiccia campagna di mobilitazione al voto, mentre all’estero l’esito è stato accolto tra complimenti e polemiche.
L’esito referendario – I risultati ufficiali sono arrivati nella tarda serata di sabato, alle 19 italiane, ma già a poche ora dalla chiusura dei seggi era chiara la vittoria del fronte dei “sì”. L’esito della consultazione, diffuso dalla Commissione per il Referendum, ha rispettato le previsioni della vigilia. Con un’affluenza del 60,5% e quasi due milioni di elettori alle urne, il 62,7% dei votanti si è detto favorevole al riconoscimento dei matrimoni omosessuali, introducendo la clausola contenuta nel 34° emendamento alla Costituzione (Marriage Equality), già approvata dal Parlamento a fine marzo, che modifica l’articolo 41 della carta costituzionale, stabilendo che “il matrimonio può essere contratto per legge da due persone senza distinzione di sesso”.
I contrari alla proposta referendaria si sono fermati al 37,93%: l’unico collegio elettorale in controtendenza è stato il Roscommon-South Leitrim con il 73,06% di sfavorevoli. Stando a quanto riporta il quotidiano irlandese The Irish Times, verrà data piena attuazione al voto popolare entro settembre. A partire dai prossimi giorni, la Costituzione sarà emendata dal Presidente della Repubblica irlandese, mentre bisognerà attendere qualche mese per la celebrazione delle prime cerimonie.
Oltre al quesito sull’eguaglianza dei matrimoni, il popolo irlandese si è espresso anche sulla possibilità di abbassare l’età per l’eleggibilità dei candidati a presidente della Repubblica. Un quesito rimasto in secondo piano rispetto al fermento per l’attesa del risultato sulle nozze omosessuali. Il secondo scrutinio ha decretato una netta vittoria dei “no”, in tutti i collegi, con il 73,06% di sfavorevoli a candidati presidenziali più giovani, respingendo l’abbassamento della soglia di età per la candidabilità dagli attuali 35 anni ai potenziali 21. Un esito che non ha destato sorprese, considerando che tra i nove presidenti eletti finora nella Repubblica irlandese, i più giovani sono stati Mary Robinson e Mary McAleese, entrambe 46enni al momento dell’elezione. Il presidente in carica, Michael D. Higgins, è stato eletto nel 2011 all’età di 70 anni.
La mobilitazione popolare – L’influenza dei social media ha avuto un peso considerevole nella chiamata al voto, che ha fatto registrare un’elevata affluenza alle urne, tra le più alte nella storia delle consultazioni popolari in Irlanda. Il tema dei matrimoni gay è stato al centro dei “trending topic” nei giorni immediatamente precedenti al referendum e successivi alla proclamazione del risultato. La campagna di mobilitazione era iniziata già a febbraio, quando il 28enne Joey Kavanagh, intervistato da The Irish Post, aveva invitato i connazionali all’estero a tornare in patria per votare il referendum lanciando la campagna “Get the boat 2 Vote”. La campagna YesEquality2015 e l’hashtag #hometovote lanciato su Twitter hanno avuto il merito di sensibilizzare una larga fetta della popolazione all’importanza di recarsi alle urne. A rivolgere un accorato appello alla mobilitazione anche il laburista Aodhán Ó Ríordáin, ministro con responsabilità su nuove comunità, cultura ed eguaglianza. Fin dall’inizio del suo mandato, convinto sostenitore della necessità di riconoscere i matrimoni a prescindere dal sesso dei contraenti, Ó Ríordáin ha definito il voto di venerdì scorso come “il più importante della mia vita” invitando tutto il popolo irlandese “a fare la storia”. Il suo tweet, lontano dal composto linguaggio istituzionale, è un urlo liberatorio e un incontenibile messaggio di soddisfazione: “Ireland hasn’t just said “Yes”… Ireland has said: “F❤CK YEAAHHHH”, che ha ottenuto oltre 13.000 retweet.
Le reazioni – Soddisfazione in tutta l’Irlanda, dalla società civile ai partiti politici che hanno sostenuto il referendum. “Orgoglioso di essere irlandese”, è il commento che spopola sui social network. Tra i primi a congratularsi per l’esito del referendum il primo ministro della Scozia e leader del Partito Nazionale Scozzese, Nicola Sturgeon, che pochi minuti dopo l’ufficializzazione della vittoria dei “sì” ha twittato: “Scommetto che ci saranno alcune proposte di matrimonio nei pub di Dublino stanotte. Che pensiero adorabile. Godetevi i festeggiamenti, Irlanda”.
Se la politica italiana è divisa tra commenti entusiasti, come quello del leader di Sel, Nichi Vendola, la necessità di agire sul fronte dei diritti, espressa dal presidente della Camera, Laura Boldrini, e la contrarietà di equiparare i matrimoni eterosessuali a quelli omosessuali, come ha dichiarato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, una parte del Partito Democratico e dell’area Ap, è preoccupata per i riflessi che il voto irlandese potrebbe avere per l’approvazione di una legge italiana in materia. L’Italia resta l’unico paese occidentale senza una legislazione, ma la proposta di legge, che già conta 4000 emendamenti, dovrebbe approdare in Parlamento prima della pausa estiva. Diverse le posizioni della Chiesa. L’arcivescovo di Dublino, pur dichiarando di aver votato “no”, ha affermato che “non si può negare l’evidenza”, riconoscendo che il risultato del referendum è “una rivoluzione sociale”. Il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Nunzio Galantino, invitando al confronto sul tema “libero da forzature ideologiche”, ha invece assunto una posizione critica: “Prevale un delirio dell’emotività e un sonno della ragione”.
(di Elena Angiargiu)
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