Champions League. Luis Enrique: la rivincita perfetta di un allenatore ritrovato
A voler essere precisi, un neo nella strabiliante stagione di Luis Enrique c’è: le scarpe da bowling sotto il completo elegante, e per di più senza calzini, indossate nella finale di Berlino. Per il resto, al primo anno sulla panchina del Barcellona, l’ex calciatore blaugrana ha conquistato tutto quello che c’era da conquistare: Coppa Campioni, campionato e Coppa di Spagna.
Una rivincita totale per un tecnico che in Italia era stato troppo presto etichettato come incapace. Nella sua prima (ed unica) stagione passata in serie A alla guida della Roma, Luis Enrique si era presentato con l’appellativo di uomo verticale e tutto d’un pezzo, finendo però col dimettersi (hobby difficilmente praticato nel mondo del calcio) al termine di un’annata difficile e che di verticale ebbe solo la picchiata giallorossa in classifica.
Il tecnico, proveniente dalla squadra B del Barcellona, lasciò l’Italia senza rancore ma con enorme delusione, conscio del completo fallimento, tanto personale che della compagine romana; dopo un periodo di riflessione, ecco il rilancio: un’ottima stagione a Vigo alla guida del Celta, poi la chiamata del Barcellona, la squadra con cui Luis Enrique aveva giocato la maggior parte della carriera e che aveva voglia di rilanciarsi dopo la stagione poco fortunata con l’argentino Martino in panchina. In molti hanno dei dubbi, perchè il Luis Enrique visto a Roma era apparso emotivo e confuso, finendo col farsi schiacciare dai suoi stessi dogmi e dalle ferree regole imposte allo spogliatoio. L’inizio al Barça non è dei migliori: nonostante una valanga di reti realizzate, i catalani cadono al Bernabeu dal Real Madrid il 25 ottobre: finisce 3-1 per la squadra di Ancelotti e a Barcellona iniziano i processi. Già, perchè il tridente d’attacco messo a disposizione di Luis Enrique (Messi-Neymar-Suarez) non deve servire solo a demolire Granada, Rayo Vallecano e Levante, ma a riportare al Camp Nou Liga e Coppa Campioni. Una settimana dopo, i blaugrana perdono in casa col Celta Vigo, gol dell’ex cagliaritano Larrivey, e in molti vorrebbero le dimissioni dell’ex allenatore romanista invocando il ritorno di Josep Guardiola. E invece arriva la svolta: Luis Enrique riunisce lo spogliatoio, volano parole grosse, tecnico e squadra arrivano ad una mediazione, ad un punto di incontro fra le esigenze dei calciatori e quelle del tecnico, il tutto per il bene comune. Ciò che ne deriva è un trionfo: il Barcellona fa percorso netto in campionato stravincendo la sua Liga numero 23 distanziando il Real Madrid e l’Atletico campione in carica, poi fa sua la Coppa del Re sconfiggendo l’Athletic Bilbao nell’antipasto del vero appuntamento stagionale, la Coppa dei Campioni.
A Berlino, contro la Juventus, il Barcellona porta a casa anche la coppa dalle grandi orecchie, la quinta della sua storia, la quarta negli ultimi nove anni e Luis Enrique diventa il secondo allenatore a fare tripletta coi catalani, proprio insieme a Guardiola. Una coppa dominata dai blaugrana che dopo aver vinto il girone eliminatorio, eliminano nell’ordine Manchester City, Paris Saint Germain, Bayern Monaco e poi la Juve in finale; non male come cammino. Dopo Barcellona-Juventus, Luis Enrique ha salutato i suoi vecchi amici romanisti, compresi i dirigenti della società giallorossa. Un moto di affetto o una stilettata a chi lo aveva bollato come incompetente? Forse entrambe le cose, quello che è certo è che l’allenatore spagnolo, fortificato dalla stessa negativa esperienza italiana e ricaricato dall’ottima stagione a Vigo, ha ritrovato carica, entusiasmo e carisma, guidando la squadra attualmente più forte del mondo a fare ciò per cui era stata costruita: vincere e dominare. Compito perfettamente eseguito, massimo dei voti e aggiunta della lode.
di Marco Milan