Sparatoria a Charleston, dove la bandiera Confederata sventola ancora
L’Emanuel African Metodhist Episcopal Church è una delle chiese a frequentazione afroamericana più antiche di Charleston, South Carolina. Qui il 17 giugno scorso, un uomo armato è entrato durante la preghiera e ha sparato a nove persone uccidendole. È stato arrestato un sospettato, il ventunenne Dylann Storm Roof, già con due precedenti arresti per possesso di droga.
Anche prima dell’arresto, il crimine era stato riportato come un crimine d’odio. La testimonianza di quello che sarebbe successo all’interno della chiesa poco prima della sparatoria sembra confermare l’ipotesi: il ragazzo viene ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre entra nella chiesa, intorno alle otto di sera. Qui avrebbe chiesto del Reverendo Clementa Pinkney, una delle vittime. Sarebbe rimasto seduto al suo fianco per un’ora, prima di cominciare a contraddire il gruppo di studio sul significato di alcuni versetti della Bibbia. Secondo quanto riportato da Kirsten Washington, parente di unno dei sopravvissuti alla sparatoria, a un certo punto il sospettato avrebbe estratto la pistola. Una delle vittime, Tywanza Sanders, gli avrebbe detto: “Non sei obbligato a farlo”. Il sospettato avrebbe risposto: “Devo. Voi violentate le nostre donne e prendendo il possesso del nostro Paese”.
L’episodio non è stato raccontato di prima mano da un testimone, quindi ci sono possibilità che sia stato mistificato e reso leggendario. A prescindere dal fatto che questa frase sia stata pronunciata o meno, centra perfettamente i problemi e le contraddizioni che il South Carolina vive quotidianamente, facendo i conti con la propria storia. Si tratta di una frase che troverebbe i, suo posto naturale nel film Birth of a Nation, con la sua mitizzazione della supremazia bianca e del Ku Klux Klan. Tutto questo in uno Stato dove la bandiera confederata sventola ancora sugli edifici del potere.
In molti sostengono che la bandiera sia un’eredità culturale che identifica la resistenza a un potere centralizzato troppo forte e che rappresenta il passato del South Carolina. Un’opinione non condivisa da tutti, che in quella bandiera vedono il simbolo della schiavitù, dell’oppressione e della segregazione. Proprio in questi giorni molti attivisti si stanno battendo perché venga rimossa, o almeno abbassata a mezz’asta, in segno di rispetto verso le vittime e le loro famiglie. Come ha dichiarato il Reverendo Nelson River III: “Butteremo giù quella bandiera. Non dovremmo onorare le guerre del nostro Stato. Dicono che si tratta di eredità, non di odio. Sapete cosa dico? La vostra eredità è odio”.
Nonostante questo tensioni, però, la comunità di Charleston risulta unita. Come ha detto il sindaco della città, Joe Riley: “Se voleva separare la città secondo linee razziali ha fallito miseramente”. Alla vigilia in memoria delle vittime, venerdì 19 giugno sera, ha rappresentato un momento di unione per la comunità: anche alla fine della cerimonia, una folla si è raccolta in strada per pregare e cantare inni.
(di Francesca Parlati)