Srebrenica, il ventennale del genocidio tra memoria e polemiche

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 “Vent’anni anni dopo il genocidio le ferite sono ancora fresche, le cicatrici aperte e non guariranno finché non sarà stato ritrovato l’ultimo osso e non sarà stata fatta giustizia per tutti i morti. Queste vittime ci chiedono di non dimenticare, ci ricordano che i colpevoli devono essere consegnati alla giustizia. Solo allora sarà possibile perdonare”. L’intervento della Ministra Consigliere incaricata d’Affari dell’Ambasciata di Bosnia ed Erzegovina, Vesela Planinic, può essere considerata la sintesi del convegno “Srebrenica, vent’anni dopo il genocidio. Per non dimenticare”, tenutosi il 9 luglio presso la Camera dei Deputati per commemorare il ventesimo anniversario della più grande tragedia avvenuta in Europa dopo l’Olocausto. A due decenni di distanza, tra negazionismo, da un lato e costante esigenza di giustizia, dall’altro, ci si interroga sulla responsabilità politica della comunità internazionale, incapace di evitare il massacro davanti agli occhi di un’Europa che la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha definito “intorpidita” e “distaccata”.

Secondo le cifre ufficiali, 8.372 musulmani bosniaci, principalmente uomini e bambini, vennero uccisi dalle truppe guidate dal generale serbo Ratko Mladic, nella zona protetta di Srebrenica, una cittadina della Bosnia orientale sotto la tutela delle Nazioni Unite ai tempi della guerra in Bosnia-Erzegovina (1992-1995). Il conflitto si inserisce nel più ampio contesto delle guerre dell’ex Jugoslavia, divampate tra il 1991 e il 1995, anno della firma degli accordi di Dayton. In nome di una divisione etnica e religiosa, tra serbi, croati e bosniaci-musulmani, la guerra nata dalla dissoluzione della Federazione jugoslava, sotto le ondate di nazionalismo che portarono all’indipendenza di Serbia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Slovenia, Montenegro e Macedonia, ridisegna nuovi confini nei Balcani, area di convivenza, un tempo pacifica, tra etnie diverse.

Il pensiero del giornalista Giovanni Anversa, che ha moderato il convegno, è andato alle donne, “l’unica speranza per far ripartire il dialogo” e ai tanti profughi, di ieri e di oggi, basti pensare i quattro milioni di siriani in fuga, a testimonianza della sofferenza delle popolazioni civili. Alle tante vittime inermi è dedicato un passaggio dell’intervento di Laura Boldrini: “In quel luglio del 1995, la comunità internazionale non agì per fermare il massacro di oltre ottomila uomini, ragazzi e bambini; non agì per impedire la caccia all’uomo tra i boschi che separavano Srebrenica da Tuzla; non agì per evitare le violenze e gli stupri di centinaia di donne; non agì per far sì che non avvenisse la pulizia etnica – termine che fu coniato proprio in quegli anni dagli aguzzini – di Srebrenica e delle zone circostanti”. Ricordando le missioni effettuate nei Balcani quando lavorava come funzionaria delle Nazioni Unite, la presidente della Camera ha ammesso una “corresponsabilità” per quanto accaduto. Dello stesso parere anche Fatima Neimarlija, presidente della Comunità di Bosnia ed Erzegovina, con al petto la spilla del Fiore di Srebrenica “bianco come l’innocenza e verde come la speranza”, ha esortato l’Italia a dare seguito alla risoluzione P6_TA(2009)0028 del Parlamento europeo, che invita tutti i Paesi dell’Ue a commemorare degnamente l’anniversario del genocidio di Srebrenica-Potočari. A Montecitorio l’uditorio ha assistito al ricordo commosso di Nada Jovicevic, rifugiata bosniaca-erzegovese, arrivata a Roma nel 1992 con un permesso di soggiorno di tipo umanitario, poi stabilitasi nel nostro Paese, che ha elogiato tra le lacrime, l’accoglienza ricevuta e il “grandissimo fattore umano” dell’Italia.

“Negli ultimi vent’anni è stato fatto incredibilmente poco per Srebrenica, non solo in termini di ricostruzione economica e infrastrutturale, ma anche per l’inneggiamento alla grandezza dei criminali e del cambiamento che ha falsato la storia”, è il pensiero dell’ex sindaco di Sarajevo, Semiha Borovac, oggi Ministra per i diritti umani ed i rifugiati della Bosnia ed Erzegovina. La Borovac ha denunciato il negazionismo, prima prendendo in prestito le parole di Voltaire “chi perdona un crimine ne diventa complice”, poi contestando con amarezza e stupore le “istanze nazionali” che non riconoscerebbero Srebrenica come “genocidio”.

Come più volte sottolineato da tutti i partecipanti, dopo le sentenze del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia del 2004 e della Corte internazionale di giustizia dell’Aja del 2007, il veto della Russia che ha impedito di adottare la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, presentata dalla Gran Bretagna, per definire i fatti di Srebrenica come “genocidio”, è un episodio da condannare al di là del disaccordo linguistico. Definire i fatti di Srebrenica “massacro” anziché “genocidio” oltre a essere una “strumentalizzazione politica”, di cui anche i media italiani sono responsabili, ha dichiarato il presidente dell’Associazione Onlus “Bosnia Erzegovina Oltre i confini” di Piacenza, Medaga Hodzic, è “un insulto al diritto internazionale ma soprattutto alla memoria delle vittime e dei sopravvissuti”.

La commemorazione – L’invito a istituzionalizzare la data dell’11 luglio come “giorno della commemorazione del genocidio di Srebrenica” è stato accolto dalla presidente Boldrini, che ha auspicato che il tema possa essere portato in breve tempo all’attenzione dell’Aula, anticipando la sua presenza al cimitero di  Potočari per la commemorazione del ventennale e prima la visita a nord ovest di Sarajevo, dove il 3 settembre 1992 fu abbattuto l’aereo “Lyra 43” con a bordo di quattro militari italiani, impegnati a portare aiuti umanitari alle popolazioni devastate dalla guerra.

Anticipata da una Marcia per la Pace, in cui 9.000 persone hanno ripercorso i luoghi attraversati dagli uomini di Srebrenica in fuga verso la zona protetta di Tuzla, la cerimonia commemorativa ha visto la partecipazione di 50.000 persone, inclusi leader politici europei e da tutto il mondo, tra i quali l’ex presidente degli USA, Bill Clinton. Il primo Ministro serbo, Aleksandar Vučic, è stato duramente contestato e costretto ad abbandonare la cerimonia dopo che la folla gli ha lanciato sassi e bottiglie e indirizzato ripetuti fischi. A inasprire il clima di tensione è stato indubbiamente il voto della Russia, da cui il leader serbo aveva ricevuto rassicurazioni sul veto contro il genocidio, che Vučic si è limitato a definire un “crimine orrendo”. Non abbastanza per il popolo bosniaco e per coloro che vogliono ricordare, senza reticenze, quell’11 luglio 1995.

Dopo un ventennio, la rabbia ha prevalso ancora. “Prima o poi si deve arrivare alla pace tra il popolo serbo e bosniaco, nessun popolo può essere apostrofato come incline al genocidio”, aveva dichiarato la ministra Semiha Borovac nel corso del convegno. Onorare le vittime e perdonare è l’auspicio per il futuro. Spetta all’Europa e alla comunità internazionale consegnare alle nuove generazioni una memoria collettiva ispirata alla giustizia per riscattare le colpe del passato e creare le condizioni per una vera integrazione.

(di Elena Angiargiu)

Fonte immagine: https://www.flickr.com/search/?text=srebrenica

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